Como Bari. <span>Foto SSC Bari</span>
Como Bari. Foto SSC Bari
Calcio

Il Bari sbaglia, il Como no. Sul ponte sventola bandiera bianca

I biancorossi inchiodati all'errore di Puscas. Ora il baratro è una realtà

"Sul ponte sventola bandiera bianca", cantava il maestro Franco Battiato in una delle sue più celebri canzoni. Brano che suona come l'inquietante colonna sonora della stagione del Bari, lentamente ma inesorabilmente diretto verso il baratro della retrocessione in serie C.

Lo spauracchio della zona playout, alla fine, è diventato reale: con la sconfitta senza appello di Como, i biancorossi si piazzano al quintultimo posto in classifica, che a oggi varrebbe l'accesso agli spareggi salvezza. Uno scenario atroce, diventato concreto nel processo di dispiegamento di una realtà torbida e piena di contraddizioni.

Il Bari sembra ormai rassegnato alla resa senza condizioni, e il 2-1 incassato al Sinigaglia ne è solo ulteriore conferma. Anche i pochi ottimisti, pian piano, stanno tirando i remi in barca, dal momento che i galletti offrono praticamente zero appigli per sperare in un miracolo.

Al Bari, ancora una volta, mancano spirito combattivo e determinazione, le stesse qualità che - invece - la concorrenza sta mettendo con continuità in campo. Vero, l'impegno dei biancorossi era proibitivo, ma altrettanto probante era la trasferta a Cremona per una Ternana ridotta ai minimi termini, eppure capace di sbancare il campo avversario al 96'. Stesso dicasi del Cosenza, che ferma sul pareggio il più quotato Palermo dell'ex biancorosso Mignani.

E i biancorossi? Elettrocardiogramma piatto. La squadra di Iachini riflette lo stato confusionale in cui versa il tecnico, e che ha contraddistinto l'intera gestione tecnica e societaria in questo sciagurato campionato. Una constatazione basta per tracciare i contorni del fallimento: a Como gli unici a strappare la sufficienza sono il portiere Pissarro e il fantasista Bellomo, due calciatori che (con dinamiche diverse) sono stati impiegati solo a sei partite dal termine della stagione regolare, prestando l'orecchio al "vox populi" delle ultime settimane.

E se Iachini continua a parlare di sfortuna ed episodi sfavorevoli, il campo dalla sua sì ostina a raccontare un'altra verità. A conti fatti, il Bari fallisce al 37' un'occasione colossale con Puscas (un 5,5 in pagella solo per il goal al 90', che rende meno amara la sconfitta) e un minuto dopo concede il goal del vantaggio al Como, che con Gabrielloni non fallisce.

In quella azione è concentrato tutto l'ampio corollario di orrori biancorossi: a cominciare dal piazzamento discutibile in fase difensiva, passando per la lentezza disarmante di Pucino (in costante affanno contro Da Cunha, così come Dorval con Strefezza), per finire all'impiegabile metodo di marcatura applicato da Zuzek sull'attaccante lombardo.

Il tecnico dei galletti, dalla sua, ne sbaglia anche più del tollerabile. Insistere sulla difesa a tre, anche in assenza di capitan Di Cesare, è come consegnarsi mani e piedi a un avversario che - a differenza del Bari - è squadra, e non si squaglia nei momenti chiave della partita. Le voragini concesse anche nella ripresa, e in occasione del raddoppio di Da Cunha, a Cutrone e compagni sono l'ennesima prova di un disastro tecnico senza attenuanti.

La verità è che il Bari è una squadra mediocre, divorata dalle sue stesse fragilità, tanto tecniche quanto (soprattutto) caratteriali. È vero, anche senza Sibilli e Di Cesare, i galletti in riva al lago non sfigurano per una mezz'ora abbondante, ma quando hai la poco invidiabile capacità di fallire ogni occasione propizia, allora è davvero notte fonda. Soprattutto, poi, se dall'altra parte non puoi contare sulla generosa collaborazione dell'avversario, e se gli ingressi dalla panchina praticamente non aggiungono nulla al piattume generale.

E il fatto che il Bari per la seconda volta consecutiva faccia goal in pieno recupero non fa altro che alimentare i rimpianti per quello che avrebbe potuto essere, e che invece non è stato. Se togli Aramu, Bellomo e Maita per mandare in campo Nasti, Morachioli ed Edjouma, e poi anche Achik, ma il risultato rimane sempre lo stesso, allora piovono solo conferme sulla pessima costruzione della squadra, in estate e un inverno. Guiebre ancora una volta in panchina, Diaw convocato ma inutilizzabile, Dorval dirottato a sinistra al posto di Ricci, utilizzato solo per qualche minuto nel finale; tutti interrogativi a cui nessuno sa dare una risposta.
Un fatto su cui dovrebbe riflettere innanzitutto la proprietà della FilmAuro, nella persona del presidente De Laurentiis, ma anche il direttore sportivo Polito, più preoccupato invece di mettere in scena una gazzarra di quest'ordine con un tifoso comasco nel dopo gara.

Sì sta consumando l'epilogo increscioso di quella che appare sempre più come una mal riuscita "piece" di teatro dell'assurdo, in cui nessuno dei protagonisti sta facendo nulla per venirne fuori.

Squadra allo sbando, tecnico nel pallone, società assente e colpevolmente equivoca sul piano della comunicazione, nonché sul terreno della programmazione: è il canovaccio di un disastro mai così concreto, e da cui non si riesce a capire come uscire. Eppure il dovere almeno di provarci rimane lì, a richiamare tutti alle loro opprimenti responsabilità. Il campionato non è finito, e fino a quando non c'è la condanna in appello, l'obbligo di tentare a salvare la categoria non può e non deve essere eluso. Non lo merita Bari e non lo meritano i tifosi biancorossi, accorsi anche a Como in 439; tanto dovrebbe bastare per raschiare il barile e fare di tutto per portare a casa la pelle. Così da poter celebrare, a fine stagione, i tanto attesi processi con la lucidità che una situazione così grave richiede.
  • ssc bari
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