Calcio
Aggrappati al capitano. SSC Bari, c’è ancora vita
La perla di Valerio Di Cesare tiene i biancorossi a galla. La salvezza si può inseguire
Bari - giovedì 2 maggio 2024
Il polso batte ancora, grazie al "cardiologo" che non si arrende neanche davanti all'elettrocardiogramma piatto. Il Bari è ancora in vita, e lo deve solo ed esclusivamente a capitan Valerio Di Cesare, che contro il Parma si inventa (letteralmente) dal nulla una "arcobalenica" parabola per battere Chichizola e regalare ai suoi il pareggio 1-1 finale che scalda il San Nicola e rianima le speranze biancorosse di salvezza.
Il Bari raggiunge a quota 37 Ascoli e Ternana, piazzandosi al quintultimo posto per via del vantaggio nella classifica avulsa; cinque giorni fa, dopo l'imbarcata di Cosenza, sembrava solo il miraggio di qualche folle. E, invece, la lotta salvezza sta aspettando un Bari che di correre non ne vuole sapere; l'unico a non voler staccare la spina è proprio capitan Di Cesare, il cui record (marcatore più anziano della serie B all time) è passato sotto silenzio rispetto alla sua strenua opposizione davanti all'eutanasia biancorossa, che sembrava irreversibile come il coma calcistico rilevato in Calabria.
No, il Bari è vivo; per miracolo, ma è vivo, aggrappato con tutte le forze residue alla tempra del capitano, un "ragazzino" prossimo a spegnere 41 candeline. Certo, la partita contro il Parma dice poco o nulla: i ducali, recepita la buona notizia della vittoria in extremis del Catanzaro contro il Venezia, scendono in campo per prendersi il punticino utile alla certezza matematica della serie A. I gialloblù crociati non schiacciano sull'acceleratore, andando incontro a quei progressi tattici che - comunque - i biancorossi del trio Giampaolo-Di Bari-Polito (dalla tribuna è difficile capire da chi arrivino le indicazioni, visto lo sbracciarsi di tutti e tre) mettono in campo. Già, perché se a Cosenza si era vista una patologica inclinazione al suicidio sportivo, con un atteggiamento tattico sconsideratamente arrembante, contro il fortissimo Parma di Pecchia la squadra di casa pensa (saggiamente) prima a non prenderle.
E, nel complesso, il Bari ci riuscirebbe pure; il Parma non affonda e non stocca sì perché non ne ha bisogno, ma anche perché la "Maginot" dei galletti tiene, e costringe Mihaila, Bernabe, Partipilo e compagni solo al tiro da fuori. Nel primo tempo i gialloblù vanno alla conclusione da dentro l'area solo una volta, con Partipilo (bravo Pissardo) lanciato in contropiede dalla sciagurata palla persa da Lulic. Lo stesso Lulic che al 51', in collaborazione con l'irritante Kallon (peggiore in campo insieme al croato e al fantasma di Aramu), combina la frittata, riuscendo nell'improba missione di costringere il Parma a segnare a tutti i costi: l'esterno si cimenta con un passaggio orizzontale sulla trequarti difensiva da censura, il mediano non ci arriva, Partipilo la dà a Bonny che fa goal.
Insomma, anche stavolta si stacca la spina del respiratore; fortuna che c'è l'angelo custode, sempre capitan Di Cesare, che la riattacca al momento buono, per ridare qualche speranza di vita a una squadra che fa davvero poco per aiutarsi a venire fuori dalla palude. Il tutto in mezzo a una contestazione furibonda del tifo organizzato, nel cui "frullatore" non finisce più solo la famiglia De Laurentiis (e non sarebbe una notizia), ma anche il diesse Ciro Polito, che sta con tutte le forze provando a rimediare ai suoi errori sul mercato e nella gestione fallimentare della stagione, per salvare la faccia sua e della sua squadra.
Insomma, il pareggio va benissimo, ma c'è poco di cui stare allegri. Di Cesare, nella conferenza post gara che rompe il singhiozzante silenzio stampa di una società confusissima anche sul piano della comunicazione, ha detto: «Spero che questo goal sia la scintilla». Lo spera lui, e lo sperano i tifosi. Anche perché, fatti alla mano, quando le certezze non abbondano è solo nelle speranze, nelle preghiere (laiche per chi non crede) che si può confidare.
La missione, a guardare il calendario, non sembra impossibile. Con lo Spezia che batte il Palermo di Mignani e vola a 40 punti (più uno virtuale di vantaggio sul Bari per via degli scontri diretti favorevoli ai liguri), il margine per cullare il sogno della salvezza diretta diventa sempre più sottile. Tuttavia, le due sfide che chiuderanno la stagione regolare dei galletti, contro Cittadella (al Tombolato) e Brescia (al San Nicola), non appaiono eccessivamente proibitive, pure per una squadra che ha fallito più di una partita da vincere a tutti i costi. L'obiettivo dei sei punti, anche se da queste parti l'ultima vittoria è datata 17 febbraio (1-0 alla FeralpiSalò), non è una totale bestemmia. La speranza (visto che è rimasta solo quella) è di fare in due partite quello che non si è riusciti a fare nelle precedenti undici, per garantirsi il playout da favoriti e continuare a inseguire il sogno salvezza. Nel bene o nel male, quindi, il momento della verità si avvicina: sarebbe il caso che squadra, dirigenza e proprietà si facciano trovare pronti.
Il Bari raggiunge a quota 37 Ascoli e Ternana, piazzandosi al quintultimo posto per via del vantaggio nella classifica avulsa; cinque giorni fa, dopo l'imbarcata di Cosenza, sembrava solo il miraggio di qualche folle. E, invece, la lotta salvezza sta aspettando un Bari che di correre non ne vuole sapere; l'unico a non voler staccare la spina è proprio capitan Di Cesare, il cui record (marcatore più anziano della serie B all time) è passato sotto silenzio rispetto alla sua strenua opposizione davanti all'eutanasia biancorossa, che sembrava irreversibile come il coma calcistico rilevato in Calabria.
No, il Bari è vivo; per miracolo, ma è vivo, aggrappato con tutte le forze residue alla tempra del capitano, un "ragazzino" prossimo a spegnere 41 candeline. Certo, la partita contro il Parma dice poco o nulla: i ducali, recepita la buona notizia della vittoria in extremis del Catanzaro contro il Venezia, scendono in campo per prendersi il punticino utile alla certezza matematica della serie A. I gialloblù crociati non schiacciano sull'acceleratore, andando incontro a quei progressi tattici che - comunque - i biancorossi del trio Giampaolo-Di Bari-Polito (dalla tribuna è difficile capire da chi arrivino le indicazioni, visto lo sbracciarsi di tutti e tre) mettono in campo. Già, perché se a Cosenza si era vista una patologica inclinazione al suicidio sportivo, con un atteggiamento tattico sconsideratamente arrembante, contro il fortissimo Parma di Pecchia la squadra di casa pensa (saggiamente) prima a non prenderle.
E, nel complesso, il Bari ci riuscirebbe pure; il Parma non affonda e non stocca sì perché non ne ha bisogno, ma anche perché la "Maginot" dei galletti tiene, e costringe Mihaila, Bernabe, Partipilo e compagni solo al tiro da fuori. Nel primo tempo i gialloblù vanno alla conclusione da dentro l'area solo una volta, con Partipilo (bravo Pissardo) lanciato in contropiede dalla sciagurata palla persa da Lulic. Lo stesso Lulic che al 51', in collaborazione con l'irritante Kallon (peggiore in campo insieme al croato e al fantasma di Aramu), combina la frittata, riuscendo nell'improba missione di costringere il Parma a segnare a tutti i costi: l'esterno si cimenta con un passaggio orizzontale sulla trequarti difensiva da censura, il mediano non ci arriva, Partipilo la dà a Bonny che fa goal.
Insomma, anche stavolta si stacca la spina del respiratore; fortuna che c'è l'angelo custode, sempre capitan Di Cesare, che la riattacca al momento buono, per ridare qualche speranza di vita a una squadra che fa davvero poco per aiutarsi a venire fuori dalla palude. Il tutto in mezzo a una contestazione furibonda del tifo organizzato, nel cui "frullatore" non finisce più solo la famiglia De Laurentiis (e non sarebbe una notizia), ma anche il diesse Ciro Polito, che sta con tutte le forze provando a rimediare ai suoi errori sul mercato e nella gestione fallimentare della stagione, per salvare la faccia sua e della sua squadra.
Insomma, il pareggio va benissimo, ma c'è poco di cui stare allegri. Di Cesare, nella conferenza post gara che rompe il singhiozzante silenzio stampa di una società confusissima anche sul piano della comunicazione, ha detto: «Spero che questo goal sia la scintilla». Lo spera lui, e lo sperano i tifosi. Anche perché, fatti alla mano, quando le certezze non abbondano è solo nelle speranze, nelle preghiere (laiche per chi non crede) che si può confidare.
La missione, a guardare il calendario, non sembra impossibile. Con lo Spezia che batte il Palermo di Mignani e vola a 40 punti (più uno virtuale di vantaggio sul Bari per via degli scontri diretti favorevoli ai liguri), il margine per cullare il sogno della salvezza diretta diventa sempre più sottile. Tuttavia, le due sfide che chiuderanno la stagione regolare dei galletti, contro Cittadella (al Tombolato) e Brescia (al San Nicola), non appaiono eccessivamente proibitive, pure per una squadra che ha fallito più di una partita da vincere a tutti i costi. L'obiettivo dei sei punti, anche se da queste parti l'ultima vittoria è datata 17 febbraio (1-0 alla FeralpiSalò), non è una totale bestemmia. La speranza (visto che è rimasta solo quella) è di fare in due partite quello che non si è riusciti a fare nelle precedenti undici, per garantirsi il playout da favoriti e continuare a inseguire il sogno salvezza. Nel bene o nel male, quindi, il momento della verità si avvicina: sarebbe il caso che squadra, dirigenza e proprietà si facciano trovare pronti.