A Bari aziende, associazioni e istituzioni unite per contrastare la violenza di genere
Fun for Safe finanzia interventi educativi in ambito scolastico e formativo. Bottalico: «Tutte realtà nate nella nostra città hanno la capacità di gemmare e di sostenere altre reti»
lunedì 16 dicembre 2019
18.00
Enti, istituzioni, aziende, fondazioni, giornalisti e professionisti del terzo settore si sono incontrati per discutere di educazione alla non violenza di genere, di stereotipi e di pari opportunità. Un confronto per capire quali possono essere le azioni e gli interventi educativi e formativi che necessitano di finanziamenti per formare scuole, università ed organi di informazione sul corretto approccio alle tematiche tra cui quella di rendere obbligatoria l'educazione sessuale nelle scuole. Fund for Safe è un progetto nazionale nato proprio per creare un'alleanza tra associazioni, aziende ed imprese. Ad oggi ha coinvolto, grazie all'iniziativa del Centro Studi Pensiero Femminile di Torino, una rete di 21 associazioni impegnate sulle tematiche di genere. Diverse le attività, svolte durate tutta la giornata di venerdì 13 dicembre a palazzo Fizzarotti. Giornata che si è conclusa con un incontro dove sono state proposte alcune soluzioni ed idee necessarie a garantire percorsi stabili di educazione nelle scuole, nei centri giovanili sportivi, artistici, culturali e nei luoghi di informazione. A Bari esiste una rete ormai da anni, generare culture non violente, che ha messo insieme più di 80 realtà sociali e culturali che lavorano tutto l'anno per promuovere appunto culture non violente attraverso laboratori educativi nelle scuole, laboratori di educazione di genere, spazi di confronto e informazione, lavorando anche molto sui linguaggi di genere. Accanto a questo poi esistono delle esperienze che si stanno sviluppando nella città che, pur non essendo strettamente connesse al tema della promozione delle pari opportunità o al contrasto della violenza, di fatto stanno creando dei processi culturali molto importanti a partire ad esempio dalla rete Bari Social book, una rete tra biblioteche, editori, scrittori e autori che sta sviluppando in maniera diffusa su tutta la città l'idea della promozione alla lettura. Ma nonostante ogni città possa avviare delle politiche incentivati, resta un dubbio. Come si può misurare l'impatto sociale dopo diversi interventi a favore delle tante iniziative messe in campo?
«Se la immaginiamo - spiega la direttrice del Centro Studi Pensiero Femminile di Torino Stefania Doglioli - a carico della piccola o media impresa o a carico della piccola associazione possiamo già dichiarare fallimento perché non ci sono le risorse per poter condurre questo tipo di misurazione ma anche solo di ideazione dello strumento di misurazione e questo è un altro degli obiettivi di alta professionalità che si dà Safe. Su tutti quelli che sono le singole componenti di un progetto di questo genere, misurazione dell'impatto sociale significa poter dire che è grazie al nostro approccio continuativo e programmato che noi potremmo creare un cambiamento e non attraverso degli esperimenti frammentati che sicuramente avranno un qualche tipo di effetto, ma quale onestamente non lo sappiamo. Non sappiamo che effetto hanno perché nessuno ha potuto fino ad ora raccogliere delle evidenze rispetto al cambiamento e non sappiamo neppure paradossalmente Quanti interventi vengono fatti in Italia non lo sappiamo perché non c'è stato la possibilità di mettere in rete tutti gli interventi che vengono fatti. Un'organizzazione che mette in rete le esperienze più interessanti e si preoccupa di misurare gli effetti è secondo noi una innovazione importantissima che potrà fare realmente la differenza».
Tra i partecipanti c'erano diversi rappresentanti di enti, istituzioni, organizzazioni sindacali e cooperative che hanno proposto alcune azioni da per contribuire ad un cambiamento su tutto il territorio e tra questi erano presenti la Cgil, confcooperative Puglia , la Fondazione Megamark, la Fondazione Fizzarotti H.E.A.R.T. e la cooperativa Articolo 12, per citarne alcune, oltre che rappresentanze degli ordini dei giornalisti e dei commercialisti. Un dibattito ed un confronto dove ognuno ha elencato diverse modalità e possibilità da mettere in atto con l'aiuto del progetto Safe alla ricerca delle risorse che mancano.
«L'ordine dei giornalisti - spiega la presidete Corecom Puglia Lorena Saracino - ha organizzato numerosi corsi sulla violenza di genere, su un'altra narrazione possibile della violenza di genere sulle donne ed anche sulla sugli argomenti di comunicazione, il risultato è che non solo questi corsi sono un poco frequentati ma sono frequentati solo da donne e quindi una fetta di raccontatori del presente, di narratori della quotidianità è assolutamente non raggiunta da questi corsi che vengono organizzati dall'ordine dei giornalisti con la collaborazione federazione nazionale della stampa. Per fare in modo che tutti i giornalisti possano conoscere dove sbagliano la notizia, come si può indicare loro della narrazione, cosa sbagliano nel racconto, quali sono le immagini sbagliati che usano e quali sono i i titoli sbagliati che usano, bisognerebbe che fossero le aziende a fare formazione. E come posso fare io azienda a fare formazione? Beh ormai sapete tutti che il mercato dell'editoria, il mercato generale dell'informazione è fortemente in crisi anche sollecitato dai social. È un mercato che risente una criticità importante e quindi per sopravvivere attinge a dei contributi complici e per poter attingere a questi contributi ci sono una serie di parametri che televisione o giornali devono rispettare. Se fosse possibile inserire in questi parametri anche i corsi di formazione che riguardano soprattutto la narrazione della violenza di genere e quindi che questo tipo di formazione costituisse un punteggio ulteriore per poter attingere a questi contributi forse abbiamo vinto la partita perché questi contributi sono essenziali per le televisioni private ma anche per tutti gli altri mezzi di comunicazione che sopravvivono grazie a questi contributi. E dunque le associazioni editoriali consiglierebbero alle proprie aziende di fare dei corsi che oltretutto potrebbero essere scaricati dal punto di vista fiscale e quindi costerebbero zero o poco più di zero alle aziende che però darebbe in cambio un punteggio».
«Possiamo pensare - spiega l'assessora al welfare Francesca Bottalico - a dei percorsi per promuovere le pari opportunità, a breve nasceranno delle biblioteche popolari gestite da donne, e non solo da donne, ma comunque da soggetti più vulnerabili, donne vittime di violenza, anziane, bambine e bambini, con la realizzazione di spazi tematici sulla cultura di genere e con l'idea di realizzare con tutte le forme possibili una inclusione di cultura di genere a tutti i livelli. Tutte realtà nate nella nostra città hanno la capacità di gemmare e di sostenere altre reti. Bari è al servizio di eventuali percorsi per far sì che anche le realtà territoriali possano connettersi con un sistema territoriale della città».
«Se la immaginiamo - spiega la direttrice del Centro Studi Pensiero Femminile di Torino Stefania Doglioli - a carico della piccola o media impresa o a carico della piccola associazione possiamo già dichiarare fallimento perché non ci sono le risorse per poter condurre questo tipo di misurazione ma anche solo di ideazione dello strumento di misurazione e questo è un altro degli obiettivi di alta professionalità che si dà Safe. Su tutti quelli che sono le singole componenti di un progetto di questo genere, misurazione dell'impatto sociale significa poter dire che è grazie al nostro approccio continuativo e programmato che noi potremmo creare un cambiamento e non attraverso degli esperimenti frammentati che sicuramente avranno un qualche tipo di effetto, ma quale onestamente non lo sappiamo. Non sappiamo che effetto hanno perché nessuno ha potuto fino ad ora raccogliere delle evidenze rispetto al cambiamento e non sappiamo neppure paradossalmente Quanti interventi vengono fatti in Italia non lo sappiamo perché non c'è stato la possibilità di mettere in rete tutti gli interventi che vengono fatti. Un'organizzazione che mette in rete le esperienze più interessanti e si preoccupa di misurare gli effetti è secondo noi una innovazione importantissima che potrà fare realmente la differenza».
Tra i partecipanti c'erano diversi rappresentanti di enti, istituzioni, organizzazioni sindacali e cooperative che hanno proposto alcune azioni da per contribuire ad un cambiamento su tutto il territorio e tra questi erano presenti la Cgil, confcooperative Puglia , la Fondazione Megamark, la Fondazione Fizzarotti H.E.A.R.T. e la cooperativa Articolo 12, per citarne alcune, oltre che rappresentanze degli ordini dei giornalisti e dei commercialisti. Un dibattito ed un confronto dove ognuno ha elencato diverse modalità e possibilità da mettere in atto con l'aiuto del progetto Safe alla ricerca delle risorse che mancano.
«L'ordine dei giornalisti - spiega la presidete Corecom Puglia Lorena Saracino - ha organizzato numerosi corsi sulla violenza di genere, su un'altra narrazione possibile della violenza di genere sulle donne ed anche sulla sugli argomenti di comunicazione, il risultato è che non solo questi corsi sono un poco frequentati ma sono frequentati solo da donne e quindi una fetta di raccontatori del presente, di narratori della quotidianità è assolutamente non raggiunta da questi corsi che vengono organizzati dall'ordine dei giornalisti con la collaborazione federazione nazionale della stampa. Per fare in modo che tutti i giornalisti possano conoscere dove sbagliano la notizia, come si può indicare loro della narrazione, cosa sbagliano nel racconto, quali sono le immagini sbagliati che usano e quali sono i i titoli sbagliati che usano, bisognerebbe che fossero le aziende a fare formazione. E come posso fare io azienda a fare formazione? Beh ormai sapete tutti che il mercato dell'editoria, il mercato generale dell'informazione è fortemente in crisi anche sollecitato dai social. È un mercato che risente una criticità importante e quindi per sopravvivere attinge a dei contributi complici e per poter attingere a questi contributi ci sono una serie di parametri che televisione o giornali devono rispettare. Se fosse possibile inserire in questi parametri anche i corsi di formazione che riguardano soprattutto la narrazione della violenza di genere e quindi che questo tipo di formazione costituisse un punteggio ulteriore per poter attingere a questi contributi forse abbiamo vinto la partita perché questi contributi sono essenziali per le televisioni private ma anche per tutti gli altri mezzi di comunicazione che sopravvivono grazie a questi contributi. E dunque le associazioni editoriali consiglierebbero alle proprie aziende di fare dei corsi che oltretutto potrebbero essere scaricati dal punto di vista fiscale e quindi costerebbero zero o poco più di zero alle aziende che però darebbe in cambio un punteggio».
«Possiamo pensare - spiega l'assessora al welfare Francesca Bottalico - a dei percorsi per promuovere le pari opportunità, a breve nasceranno delle biblioteche popolari gestite da donne, e non solo da donne, ma comunque da soggetti più vulnerabili, donne vittime di violenza, anziane, bambine e bambini, con la realizzazione di spazi tematici sulla cultura di genere e con l'idea di realizzare con tutte le forme possibili una inclusione di cultura di genere a tutti i livelli. Tutte realtà nate nella nostra città hanno la capacità di gemmare e di sostenere altre reti. Bari è al servizio di eventuali percorsi per far sì che anche le realtà territoriali possano connettersi con un sistema territoriale della città».