Bari ricorda le vittime innocenti di mafia. Rita dalla Chiesa: «Bisogna parlare con i giovani»
Una tavola rotonda organizzata dai Carabinieri della legione Puglia con gli studenti. Il procuratore Volpe: «Inserire questi temi nei programmi scolastici»
giovedì 21 marzo 2019
13.49
Il 21 marzo ricorre il Giorno della memoria e dell'impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie: a Bari il Comando Legione Carabinieri "Puglia" ha organizzato una tavola rotonda con circa 250 studenti delle scuole medie e superiori dell'istituto comprensivo "Falcone e Borsellino", dell'ostituto alberghiero Perotti, dell'istituto Vivante-Tridente-Gorgjux di Bari, nonché di autorità civili e militari della città.
Nell'aula magna del Quartier Ggenerale del Comando scuole aeronautica militare III Regione aerea la discussione è ruotata attorno ad alcune figure-cardine della lotta alla criminalità organizzata, come il generale dei Carabinieri Carlo Alberto dalla Chiesa, ucciso a Palermo il 3 settembre 1982 da un commando mafioso poco dopo aver assunto l'incarico di Prefetto del capoluogo siciliano. Ospite della discussione la figlia, Rita dalla Chiesa, nota giornalista e conduttrice televisiva, che è stata "presa d'assalto" dai tanti giovani che forse per la prima volta hanno sentito parlare del generale dalla Chiesa, proprio dalle sue parole. «Sono abituata a parlare ai giovami, ma sicuramente c'è ancora tanto da fare, nelle scuole e in famiglia - spiega Rita dalla Chiesa. È stato bello parlare con loro: sono stanca dell'autoreferenzialità di chi si mette dietro una scrivania. Con il nostro esempio dobbiamo far capire ai giovani che c'è un altro modo di vivere, andando avanti senza guardarsi alle spalle. Alcuni di loro era distratto, ma alla fine quando si è cominciato a parlare con loro si sono resi conto che ci si stava rivolgendo a loro; si sono sentiti importanti».
Durante il suo intervento, Rita dalla Chiesa ha ricostruito alcuni retroscena della vicenda del padre. Il generale dalla Chiesa, secondo la figlia, fu mandato a Palermo a compiere una "missione suicida", dal momento che non gli venne fornito nella lotta alla mafia il medesimo sostegno che ricevette per debellare il terrorismo della Brigate Rosse. «Non volevano che mio padre vincesse il potere, quello stesso potere che di mio padre aveva paura», dice Rita dalla Chiesa.
Importante la testimonianza di chi vive la lotta alla mafia sul campo. Il procuratore di Bari Giuseppe Volpe ha ricordato come in Puglia siano state ben 63 le vittime innocenti di mafia, molti dei quali completamente estranei anche alle istituzioni civili e militari, come Michele Fazio e Giuseppe Mizzi. «La lotta non si ferma - dice Volpe. Magistratura e forze dell'ordine si impegnano ogni giorno e la società civile deve sostenerci. Oggi un ragazzo non sapeva chi fosse il generale dalla Chiesa; se gli avessimo chiesto se avesse sentito parlare di Garibaldi probabilmente avrebbe detto sì. Questo vuol dire che i programmi scolastici ministeriali non tengono conto della storia recente del nostro Paese che invece andrebbe discussa e affrontata per formare le coscienze civili».
Fra i relatori anche don Franco Lanzolla, parroco della cattedrale, che ben conosce le difficoltà di un quartiere come Bari vecchia. «Il ruolo delle istituzioni educative è far capire ai giovani che il futuro non è ipotecato da poteri mafiosi, che tolgono la speranza. Bisogna recuperare attraverso la cittadinanza attiva la volontà di costruirsi una personalità per vivere liberi e responsabili. Personalità costruite con la cultura, professionalità costruite per una società migliore».
Chiosa finale affidata al maggiore Andrea Minella del comando provinciale Carabinieri Bari, che ha organizzato la giornata di confronto con gli studenti: «Una giornata proficua, siamo felici di aver visto tanti giovani interessati a questa tematica - dice Minella. Per noi è importante investire nei giovani perché sono il futuro, ed è altrettanto importante celebrare queste occasioni per dare un abbraccio ideale ha chi ha sofferto per la scomparsa dei propri cari. È bene che ci si senta responsabilizzati fin da subito per allontanarsi dall'indifferenza nei confronti dei fenomeni mafiosi che talvolta si trovano a vivere. La scelta giusta è restare vicini alle istituzioni», conclude.
Nell'aula magna del Quartier Ggenerale del Comando scuole aeronautica militare III Regione aerea la discussione è ruotata attorno ad alcune figure-cardine della lotta alla criminalità organizzata, come il generale dei Carabinieri Carlo Alberto dalla Chiesa, ucciso a Palermo il 3 settembre 1982 da un commando mafioso poco dopo aver assunto l'incarico di Prefetto del capoluogo siciliano. Ospite della discussione la figlia, Rita dalla Chiesa, nota giornalista e conduttrice televisiva, che è stata "presa d'assalto" dai tanti giovani che forse per la prima volta hanno sentito parlare del generale dalla Chiesa, proprio dalle sue parole. «Sono abituata a parlare ai giovami, ma sicuramente c'è ancora tanto da fare, nelle scuole e in famiglia - spiega Rita dalla Chiesa. È stato bello parlare con loro: sono stanca dell'autoreferenzialità di chi si mette dietro una scrivania. Con il nostro esempio dobbiamo far capire ai giovani che c'è un altro modo di vivere, andando avanti senza guardarsi alle spalle. Alcuni di loro era distratto, ma alla fine quando si è cominciato a parlare con loro si sono resi conto che ci si stava rivolgendo a loro; si sono sentiti importanti».
Durante il suo intervento, Rita dalla Chiesa ha ricostruito alcuni retroscena della vicenda del padre. Il generale dalla Chiesa, secondo la figlia, fu mandato a Palermo a compiere una "missione suicida", dal momento che non gli venne fornito nella lotta alla mafia il medesimo sostegno che ricevette per debellare il terrorismo della Brigate Rosse. «Non volevano che mio padre vincesse il potere, quello stesso potere che di mio padre aveva paura», dice Rita dalla Chiesa.
Importante la testimonianza di chi vive la lotta alla mafia sul campo. Il procuratore di Bari Giuseppe Volpe ha ricordato come in Puglia siano state ben 63 le vittime innocenti di mafia, molti dei quali completamente estranei anche alle istituzioni civili e militari, come Michele Fazio e Giuseppe Mizzi. «La lotta non si ferma - dice Volpe. Magistratura e forze dell'ordine si impegnano ogni giorno e la società civile deve sostenerci. Oggi un ragazzo non sapeva chi fosse il generale dalla Chiesa; se gli avessimo chiesto se avesse sentito parlare di Garibaldi probabilmente avrebbe detto sì. Questo vuol dire che i programmi scolastici ministeriali non tengono conto della storia recente del nostro Paese che invece andrebbe discussa e affrontata per formare le coscienze civili».
Fra i relatori anche don Franco Lanzolla, parroco della cattedrale, che ben conosce le difficoltà di un quartiere come Bari vecchia. «Il ruolo delle istituzioni educative è far capire ai giovani che il futuro non è ipotecato da poteri mafiosi, che tolgono la speranza. Bisogna recuperare attraverso la cittadinanza attiva la volontà di costruirsi una personalità per vivere liberi e responsabili. Personalità costruite con la cultura, professionalità costruite per una società migliore».
Chiosa finale affidata al maggiore Andrea Minella del comando provinciale Carabinieri Bari, che ha organizzato la giornata di confronto con gli studenti: «Una giornata proficua, siamo felici di aver visto tanti giovani interessati a questa tematica - dice Minella. Per noi è importante investire nei giovani perché sono il futuro, ed è altrettanto importante celebrare queste occasioni per dare un abbraccio ideale ha chi ha sofferto per la scomparsa dei propri cari. È bene che ci si senta responsabilizzati fin da subito per allontanarsi dall'indifferenza nei confronti dei fenomeni mafiosi che talvolta si trovano a vivere. La scelta giusta è restare vicini alle istituzioni», conclude.