Boccuzzi Cisl:«Diamo un senso e valore alla Festa dei Lavoratori»
100.000 disoccupati hanno smesso di coltivare la speranza di un futuro migliore
lunedì 1 maggio 2017
Anche quest'anno la Festa dei lavoratori del Primo Maggio sarà un momento di commemorazione, di analisi e di riflessione sul tema lavoro, che nei nostri territori del Mezzogiorno e tra essi l'Area metropolitana barese, vive ormai da un decennio una paralisi evolutiva pericolosissima, con tutte le ovvie implicazioni sulla tenuta sociale delle nostre comunità, mortificate, forse artatamente, in quel grande stimolo di partecipazione e di cittadinanza attiva che solo il lavoro, con i suoi valori, e la sua rappresentanza collettiva possono determinarne il necessario progresso per la promozione di un ampio e diffuso benessere comune.
La Città Metropolitana di Bari, con i suoi 41 comuni si presenta a questo appuntamento del 1° Maggio alias la Festa dei Lavoratori con il suo triste e nutrito esercito di 100.000 disoccupati, in gran parte giovani, con un tasso di disoccupazione(20,3%) quasi doppio rispetto alla media nazionale, con un tasso di occupazione giovanile maschile (15-29 anni) di appena il 22% e ancor più basso al 17,4% per quello giovanile femminile, con differenze di 15/20 punti percentuali in meno rispetto ai più fortunati giovani uomini e giovani donne del Nord Italia. Sono numeri da dopoguerra, che devono dare un sussulto più che mai necessario ad un dibattito politico, che forse il 1° Maggio lo metterà ipocritamente al centro delle sue riflessioni, ma che dal giorno dopo lo spingerà nel consueto oblio dei restanti 364 giorni all'anno.
In questo territorio, a Bari come in ognuno dei 40 comuni della Città Metropolitana, le giovani generazioni, almeno quelle coraggiosamente rimaste in loco, hanno smesso di coltivare la speranza di un futuro migliore da quando non si è più pensato di piantare nel "campo" della nostra economia locale il "seme" della pianta del lavoro. Sono ormai più di 10 anni che nessuno sforzo collettivo di programmazione, nessuna politica di sviluppo locale, nessuna ricetta economica abbia sfornato, non un solo posto di lavoro, perché i frutti non nascono senza che nasca la pianta, ma una sola idea per far nascere o per far arrivare nei nostri contesti territoriali un numero apprezzabile di investimenti produttivi generatori di lavoro nuovo. I programmi elettorali locali e le azioni amministrative hanno completamente eliso la parola lavoro, intesa come driver di sviluppo di una comunità.
Tutto è spending review, tutto è spesa corrente, tutto è spesa ordinaria, tutta la politica di bilancio è gestita nel clima delle peggiori assemblee condominiali piuttosto che consiliari, con risultati scarsi in termini propulsivi per lo sviluppo economico e nel frattempo anche il lavoro che c'è o meglio che è rimasto dopo la stagione buia della grande crisi, comincia a deteriorarsi nella sua qualità e quantità. Caporalato, lavoro nero o grigio, falsi part-time impiegati full time, dumping contrattuale e contratti collettivi pirata, applicazione a macchia di leopardo delle norme contrattuali, infortuni, malattie professionali e morti sul lavoro in crescita: un cocktail micidiale che sta minando alla base il lavoro e la sua necessaria evoluzione, con il rischio che questo territorio sta compromettendo seriamente uno dei valori fondanti della nostra Repubblica e cioè il lavoro.
Or bene, se si vuole dare senso al Primo maggio, alla Festa dei lavoratori e soprattutto per dare più valore a chi ha lottato e si è sacrificato, a volte anche con la vita, per migliorare il concetto e il valore del lavoro, si trasformi questo giorno evocativo come megafono per rilanciare in ogni piccola o grande iniziativa nei vari comuni baresi, nei dibattiti, nelle riflessioni, nei cortei e nelle commemorazioni, l'idea di una grande mobilitazione progettuale del movimento sindacale confederale barese, unitariamente, che possa portare al centro del dibattito politico dei prossimi 365 giorni un'idea concreta di come programmare lo sviluppo e le condizioni più favorevoli per la creazione di nuovo lavoro e nuovi lavori, perché solo così il prossimo anno potremo dire ai 100.000 disoccupati della provincia di Bari che il Primo Maggio è festa anche per loro.
La Città Metropolitana di Bari, con i suoi 41 comuni si presenta a questo appuntamento del 1° Maggio alias la Festa dei Lavoratori con il suo triste e nutrito esercito di 100.000 disoccupati, in gran parte giovani, con un tasso di disoccupazione(20,3%) quasi doppio rispetto alla media nazionale, con un tasso di occupazione giovanile maschile (15-29 anni) di appena il 22% e ancor più basso al 17,4% per quello giovanile femminile, con differenze di 15/20 punti percentuali in meno rispetto ai più fortunati giovani uomini e giovani donne del Nord Italia. Sono numeri da dopoguerra, che devono dare un sussulto più che mai necessario ad un dibattito politico, che forse il 1° Maggio lo metterà ipocritamente al centro delle sue riflessioni, ma che dal giorno dopo lo spingerà nel consueto oblio dei restanti 364 giorni all'anno.
In questo territorio, a Bari come in ognuno dei 40 comuni della Città Metropolitana, le giovani generazioni, almeno quelle coraggiosamente rimaste in loco, hanno smesso di coltivare la speranza di un futuro migliore da quando non si è più pensato di piantare nel "campo" della nostra economia locale il "seme" della pianta del lavoro. Sono ormai più di 10 anni che nessuno sforzo collettivo di programmazione, nessuna politica di sviluppo locale, nessuna ricetta economica abbia sfornato, non un solo posto di lavoro, perché i frutti non nascono senza che nasca la pianta, ma una sola idea per far nascere o per far arrivare nei nostri contesti territoriali un numero apprezzabile di investimenti produttivi generatori di lavoro nuovo. I programmi elettorali locali e le azioni amministrative hanno completamente eliso la parola lavoro, intesa come driver di sviluppo di una comunità.
Tutto è spending review, tutto è spesa corrente, tutto è spesa ordinaria, tutta la politica di bilancio è gestita nel clima delle peggiori assemblee condominiali piuttosto che consiliari, con risultati scarsi in termini propulsivi per lo sviluppo economico e nel frattempo anche il lavoro che c'è o meglio che è rimasto dopo la stagione buia della grande crisi, comincia a deteriorarsi nella sua qualità e quantità. Caporalato, lavoro nero o grigio, falsi part-time impiegati full time, dumping contrattuale e contratti collettivi pirata, applicazione a macchia di leopardo delle norme contrattuali, infortuni, malattie professionali e morti sul lavoro in crescita: un cocktail micidiale che sta minando alla base il lavoro e la sua necessaria evoluzione, con il rischio che questo territorio sta compromettendo seriamente uno dei valori fondanti della nostra Repubblica e cioè il lavoro.
Or bene, se si vuole dare senso al Primo maggio, alla Festa dei lavoratori e soprattutto per dare più valore a chi ha lottato e si è sacrificato, a volte anche con la vita, per migliorare il concetto e il valore del lavoro, si trasformi questo giorno evocativo come megafono per rilanciare in ogni piccola o grande iniziativa nei vari comuni baresi, nei dibattiti, nelle riflessioni, nei cortei e nelle commemorazioni, l'idea di una grande mobilitazione progettuale del movimento sindacale confederale barese, unitariamente, che possa portare al centro del dibattito politico dei prossimi 365 giorni un'idea concreta di come programmare lo sviluppo e le condizioni più favorevoli per la creazione di nuovo lavoro e nuovi lavori, perché solo così il prossimo anno potremo dire ai 100.000 disoccupati della provincia di Bari che il Primo Maggio è festa anche per loro.