Cara di Bari Palese, la conferma della chiusura da Salvini su Facebook
I sindacati non hanno avuto alcuna comunicazione ufficiale, preoccupazione tra i lavoratori e per i migranti ospitati
martedì 5 febbraio 2019
Il Cara di Bari Palese potrebbe essere il prossimo centro a chiudere i battenti dopo quello di Castelnuovo. Le indiscrezioni delle ultime ore sembrano trovare conferma in un post scritto dal ministro dell'Interni, Matteo Salvini, che nel pomeriggio di domenica ha condiviso un articolo in merito corredato dal commento: «Avevo promesso che avremmo chiuso i grossi centri e tagliato sprechi inutili, lo stiamo facendo. Ho toccato qualche interesse? Non me ne pento, mi attacchino pure. Avanti, con coraggio e buon senso».
Nessun riferimento diretto al Cara di Palese, ma l'articolo correlato al post del sito occhidellaguerra.it parla dei centri prossimi alla chiusura secondo fonti del Viminale. E i centri citati sono, oltre a Castelnuovo di Porto, Bologna, Borgo Mezzanone, Bari, Crotone e il Cara di Mineo. Il sito in questione non è comunque dei più affidabili, se si considera che molto spesso è finito nel mirino di noti debunker della rete per notizie palesemente false o contraffatte. La redazione che lo compone è una costola, inoltre, della redazione online di Il Giornale.
La notizia se fosse confermata creerebbe sicuramente problematiche non indifferenti sia a livello lavorativo per le 96 persone attualmente impiegate nel centro, tra medici, infermieri, assistenti sociali, educatori, ecc... sia per i migranti ora ospitati (al momento circa 350) che si ritroverebbero da un giorno all'altro senza un posto in cui stare. I sindacati non hanno comunque avuto al momento alcuna ufficialità della cosa.
«Sappiamo di essere nell'occhio del mirino come territorio - dichiara Domenico Ficco segretario generale di FP Cgil Bari - ma questo post ci lascia nel panico generale perché c'è un problema di natura occupazionale che già aveva risentito di problemi dopo l'era Minniti, una vicenda lacrime e sangue, con un forte ridimensionamento degli arrivi. L'occupazione in pratica è stata tarata su numeri notevolmente ridotti. A giugno dello scorso anno c'erano circa 1900 persone nel centro che ha una capienza massima di 744, ma negli ultimi 2-3 anni il centro ha accolto una media di 1400-1500 persone tarando lo standard organizzativo su quelle persone provando a trasformare nel tempo i contratti a termine in contratti a tempo indeterminato. A dicembre ci siamo quindi trovati con un esubero di personale che si è poi trasformato in una riduzione dei contratti di circa il 50%».
«La notizia di una chiusura - prosegue - non può che destare sconcerto e preoccupazione non solo per i lavoratori ma anche per i migranti ospitati. Il problema dell'accoglienza e dell'integrazione è fondamentale per noi. Il Cara non è la migliore delle soluzioni possibili in quanto sono comunque luoghi a forte concentrazione umana e isolati dalla realtà urbana, noi siamo per una integrazione vera quale può essere quella degli Sprar ma comunque sono primi presidi in cui la gente riceve assistenza a 360°. Chiudere questi centri da oggi a domani e mettere queste persone in mezzo ad una strada vuol dire creare noi un problema di mancata integrazione che dovrebbe poi giustificare quello che vuol fare il ministro. Si sta facendo l'esatto contrario per giustificare l'idea che è nella sua testa».
«La vicenda di Castelnuovo - conclude - ci insegna che, in considerazione del fatto che il decreto sicurezza ha di fatto eliminato la possibilità di chiedere la protezione umanitari, queste persone si troveranno in mezzo ad una strada e la necessità di sopravvivenza le porterà a fare accattonaggio o peggio, appunto ribadisco per giustificare ciò che ha già in mente il ministro».
Nessun riferimento diretto al Cara di Palese, ma l'articolo correlato al post del sito occhidellaguerra.it parla dei centri prossimi alla chiusura secondo fonti del Viminale. E i centri citati sono, oltre a Castelnuovo di Porto, Bologna, Borgo Mezzanone, Bari, Crotone e il Cara di Mineo. Il sito in questione non è comunque dei più affidabili, se si considera che molto spesso è finito nel mirino di noti debunker della rete per notizie palesemente false o contraffatte. La redazione che lo compone è una costola, inoltre, della redazione online di Il Giornale.
La notizia se fosse confermata creerebbe sicuramente problematiche non indifferenti sia a livello lavorativo per le 96 persone attualmente impiegate nel centro, tra medici, infermieri, assistenti sociali, educatori, ecc... sia per i migranti ora ospitati (al momento circa 350) che si ritroverebbero da un giorno all'altro senza un posto in cui stare. I sindacati non hanno comunque avuto al momento alcuna ufficialità della cosa.
«Sappiamo di essere nell'occhio del mirino come territorio - dichiara Domenico Ficco segretario generale di FP Cgil Bari - ma questo post ci lascia nel panico generale perché c'è un problema di natura occupazionale che già aveva risentito di problemi dopo l'era Minniti, una vicenda lacrime e sangue, con un forte ridimensionamento degli arrivi. L'occupazione in pratica è stata tarata su numeri notevolmente ridotti. A giugno dello scorso anno c'erano circa 1900 persone nel centro che ha una capienza massima di 744, ma negli ultimi 2-3 anni il centro ha accolto una media di 1400-1500 persone tarando lo standard organizzativo su quelle persone provando a trasformare nel tempo i contratti a termine in contratti a tempo indeterminato. A dicembre ci siamo quindi trovati con un esubero di personale che si è poi trasformato in una riduzione dei contratti di circa il 50%».
«La notizia di una chiusura - prosegue - non può che destare sconcerto e preoccupazione non solo per i lavoratori ma anche per i migranti ospitati. Il problema dell'accoglienza e dell'integrazione è fondamentale per noi. Il Cara non è la migliore delle soluzioni possibili in quanto sono comunque luoghi a forte concentrazione umana e isolati dalla realtà urbana, noi siamo per una integrazione vera quale può essere quella degli Sprar ma comunque sono primi presidi in cui la gente riceve assistenza a 360°. Chiudere questi centri da oggi a domani e mettere queste persone in mezzo ad una strada vuol dire creare noi un problema di mancata integrazione che dovrebbe poi giustificare quello che vuol fare il ministro. Si sta facendo l'esatto contrario per giustificare l'idea che è nella sua testa».
«La vicenda di Castelnuovo - conclude - ci insegna che, in considerazione del fatto che il decreto sicurezza ha di fatto eliminato la possibilità di chiedere la protezione umanitari, queste persone si troveranno in mezzo ad una strada e la necessità di sopravvivenza le porterà a fare accattonaggio o peggio, appunto ribadisco per giustificare ciò che ha già in mente il ministro».