Disastro Ferroviario, la Procura di Trani chiude le indagini, 19 indagati
Attesi a breve i nomi di coloro che saranno rinviati a giudizio
lunedì 11 dicembre 2017
13.07
La Procura di Trani mette un punto sugli sviluppi investigativi in merito alla strage ferroviaria del 12 luglio 2016 sulla linea Andria-Corato battuta dalla società di trasporto passeggeri Ferrotramviaria che causò la morte di 23 persone e il ferimento di altre 50.
Stamani, infatti, è stata notificata dagli uffici tranesi la chiusura delle indagini: restano 19 i nomi degli indagati, ma da alcune indiscrezioni non è escluso che ci possano essere anche altre persone coinvolte. Per il momento, lo stop all'attività investigativa non coincide con il rinvio a giudizio per nessuno degli indagati, i cui nomi dovrebbero essere comunicati a breve. Un passo che comunque non significa necessariamente che tutti i 19 saranno effettivamente chiamati a presenziare in tribunale davanti ai giudici.
Le accuse più gravi - firmate dal procuratore Antonino Di Maio e dai sostituti procuratori Marcello Catalano, Alessandro Donato Pesce e Michele Ruggiero - gravano ancora sui capistazione Vito Piccarreta e Alessio Porcelli, e sul capotreno Nicola Lorizzo, la cui negligenza fu all'origine della strage. Nel registro compare anche il nome di Francesco Pistolato, indagato per aver aggiunto un treno in più il giorno dell'incidente; nella fattispecie, si tratta del convoglio ET1016bis, che indusse Piccarreta in errore, concedendo il via libera al treno 1021, dal cui scontro con il 1016 si originò la strage.
Allargando il campo, tra gli indagati compaiono anche i nomi del diggì del ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, Virginio Di Giambattista, reo, insieme alla dirigente Elena Molinaro, secondo la tesi tranese di non aver adottato misure urgenti al fine di eliminare l'obsoleto sistema del blocco telefonico in favore di una procedura più sicura ed efficiente. In questo senso, sulla società romana Ferrotramviaria grava l'accusa di non aver utilizzato 664.000 Euro destinati ai lavori di adeguamento della ferrovia che, stando alle ricostruzioni degli inquirenti, avrebbero potuto evitare il disastro. In quello stesso anno, la società di trasporti registrò un utile di 4,7 milioni, di cui più del 50% fu distribuito tra gli azionisti.
Le accuse mosse dalla Procura di Trani, quindi, concernono a vario titolo i reati di disastro ferroviario, omicidio colposo e lesioni gravi colpose. Tra gli indagati rimangono anche gli all'epoca dei fatti dirigenti di Ferrotramviaria, il conte Enrico Maria Pasquini e la sorella Gloria Pasquini, il direttore generale Massimo Nitti e il direttore di esercizio Michele Ronchi. Anche loro, secondo gli inquirenti, si sarebbero resi colpevoli di una mancata vigilanza nelle circostanze in cui si verificò l'incidente, senza tenere in debito conto le normative in materia di sicurezza sul lavoro, unitamente alle circolari ministeriali che disciplinavano l'innovazione tecnologica sulle reti ferroviarie locali.
Da quello che emerge, tra le negligenze degli ex dirigenti di Ferrotramviaria ci sarebbe il mancato efficientamento della rete di telefonia mobile lungo il tratto in cui si verificò la tragedia. Una circostanza che, di fatto, rese ancor più complessa la comunicazione telefonica tra i capistazione di Andria e Corato, creando le premesse per la tragedia ferroviaria.
Stamani, infatti, è stata notificata dagli uffici tranesi la chiusura delle indagini: restano 19 i nomi degli indagati, ma da alcune indiscrezioni non è escluso che ci possano essere anche altre persone coinvolte. Per il momento, lo stop all'attività investigativa non coincide con il rinvio a giudizio per nessuno degli indagati, i cui nomi dovrebbero essere comunicati a breve. Un passo che comunque non significa necessariamente che tutti i 19 saranno effettivamente chiamati a presenziare in tribunale davanti ai giudici.
Le accuse più gravi - firmate dal procuratore Antonino Di Maio e dai sostituti procuratori Marcello Catalano, Alessandro Donato Pesce e Michele Ruggiero - gravano ancora sui capistazione Vito Piccarreta e Alessio Porcelli, e sul capotreno Nicola Lorizzo, la cui negligenza fu all'origine della strage. Nel registro compare anche il nome di Francesco Pistolato, indagato per aver aggiunto un treno in più il giorno dell'incidente; nella fattispecie, si tratta del convoglio ET1016bis, che indusse Piccarreta in errore, concedendo il via libera al treno 1021, dal cui scontro con il 1016 si originò la strage.
Allargando il campo, tra gli indagati compaiono anche i nomi del diggì del ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, Virginio Di Giambattista, reo, insieme alla dirigente Elena Molinaro, secondo la tesi tranese di non aver adottato misure urgenti al fine di eliminare l'obsoleto sistema del blocco telefonico in favore di una procedura più sicura ed efficiente. In questo senso, sulla società romana Ferrotramviaria grava l'accusa di non aver utilizzato 664.000 Euro destinati ai lavori di adeguamento della ferrovia che, stando alle ricostruzioni degli inquirenti, avrebbero potuto evitare il disastro. In quello stesso anno, la società di trasporti registrò un utile di 4,7 milioni, di cui più del 50% fu distribuito tra gli azionisti.
Le accuse mosse dalla Procura di Trani, quindi, concernono a vario titolo i reati di disastro ferroviario, omicidio colposo e lesioni gravi colpose. Tra gli indagati rimangono anche gli all'epoca dei fatti dirigenti di Ferrotramviaria, il conte Enrico Maria Pasquini e la sorella Gloria Pasquini, il direttore generale Massimo Nitti e il direttore di esercizio Michele Ronchi. Anche loro, secondo gli inquirenti, si sarebbero resi colpevoli di una mancata vigilanza nelle circostanze in cui si verificò l'incidente, senza tenere in debito conto le normative in materia di sicurezza sul lavoro, unitamente alle circolari ministeriali che disciplinavano l'innovazione tecnologica sulle reti ferroviarie locali.
Da quello che emerge, tra le negligenze degli ex dirigenti di Ferrotramviaria ci sarebbe il mancato efficientamento della rete di telefonia mobile lungo il tratto in cui si verificò la tragedia. Una circostanza che, di fatto, rese ancor più complessa la comunicazione telefonica tra i capistazione di Andria e Corato, creando le premesse per la tragedia ferroviaria.