Droga ed estorsioni: condanne nel clan Di Cosola. Colpiti gli autori dell'omicidio Mizzi
I fatti risalgono al 2011, carcere per 40 persone. Antonio Battista fu il mandante, Emanuele Fiorentino ed Edoardo Bove gli esecutiro
martedì 1 ottobre 2019
15.05
Pioggia di condanne definitive nel clan Di Cosola di Bari, in relazione all'indagine "Pilastro", avviata nel marzo del 2011 a seguito dell'omicidio di Mizzi Giuseppe, vittima innocente di un agguato mafioso nel rione Carbonara. La magistratura ha dimostrato la colpevolezza di Battista Antonio (condannato a 20 anni di reclusione) in qualità di mandante del delitto, e di Fiorentino Emanuele e Bove Edoardo (condannati in altro processo rispettivamente a 20 e 13 anni di reclusione) in qualità di esecutori materiali. A seguito del processo di primo e secondo grado, sopraggiunta l'irrevocabilità delle sentenze, il 1 ottobre 2019, i Carabinieri del Comando Provinciale di Bari, a circa quattro anni dagli arresti, hanno dato esecuzione a 40 provvedimenti di carcerazione emessi dall'Ufficio Esecuzioni della Procura Generale della Repubblica di Bari nei confronti di altrettanti condannati che hanno scelto il rito abbreviato. L'operazione ha colpito 9 soggetti in libertà (di cui 3 con ordine di sospensione), 14 sottoposti agli arresti domiciliari e 17 già reclusi, ha avuto luogo su tutta la provincia di Bari e in diversi istituti penitenziari di Melfi (PZ), Foggia, Taranto, Lecce, Catanzaro, Teramo, Saluzzo (CN), Sassari, Milano e Tolmezzo (UD), prevedendo l'impiego di 100 Carabinieri coadiuvati da unità cinofile e dal nucleo elicotteri di Bari.
Le investigazioni condotte dal nucleo investigativo del reparto operativo del comando provinciale di Bari hanno fatto emergere che Battista Antonio, all'epoca reggente operativo del clan Di Cosola, dopo aver subìto un attentato a mano armata nel corso del quale rimase ferito, ordinò una plateale vendetta che ha visto, per errore di persona, l'omicidio di Mizzi Giuseppe, risultato estraneo ad ambienti criminali. L'imponente maglia di intercettazioni ha consentito nel corso dell'intera indagine dei carabinieri di svelare la riorganizzazione e l'espansione del clan Di Cosola nel periodo compreso tra il 2011 ed il 2015 con la leadership di Cosimo Di Cosola (fratello di Antonio).
La stessa indagine ha altresì consentito di far emergere tutte le attività criminali condotte stabilmente dal clan sotto la sua guida, dalle estorsioni al traffico di stupefacenti, che aveva come destinazione numerose e floride piazze di spaccio in vari quartieri del Comune di Bari, e nei Comuni di Valenzano, Capurso, Casamassima, Adelfia e Bitritto. Anche il settore dell'edilizia non è sfuggito alle mire criminali del clan Di Cosola. Nel corso delle indagini è infatti emersa una fitta rete di estorsioni ai danni di numerosi imprenditori locali, i quali venivano costretti a versare nelle casse del clan ingentissime somme di danaro in cambio di protezione. In taluni casi gli imprenditori, per non subire ritorsioni, dovevano acquistare il cemento prodotto dall'impresa di Vito Nicola Procida (soggetto contiguo al clan condannato in primo grado a 10 anni di reclusione).
Nel corso delle investigazioni sono state eseguite diverse operazioni di riscontro che hanno contenuto la pericolosità del clan fino all'esecuzione delle 64 ordinanze di custodia cautelare in carcere emesse dalla Dda di Bari, avvenuta all'alba del 21 aprile del 2015, che ha consentito il totale smembramento del clan ed il sequestro di numerosi immobili e della cava di produzione del calcestruzzo.
Le investigazioni condotte dal nucleo investigativo del reparto operativo del comando provinciale di Bari hanno fatto emergere che Battista Antonio, all'epoca reggente operativo del clan Di Cosola, dopo aver subìto un attentato a mano armata nel corso del quale rimase ferito, ordinò una plateale vendetta che ha visto, per errore di persona, l'omicidio di Mizzi Giuseppe, risultato estraneo ad ambienti criminali. L'imponente maglia di intercettazioni ha consentito nel corso dell'intera indagine dei carabinieri di svelare la riorganizzazione e l'espansione del clan Di Cosola nel periodo compreso tra il 2011 ed il 2015 con la leadership di Cosimo Di Cosola (fratello di Antonio).
La stessa indagine ha altresì consentito di far emergere tutte le attività criminali condotte stabilmente dal clan sotto la sua guida, dalle estorsioni al traffico di stupefacenti, che aveva come destinazione numerose e floride piazze di spaccio in vari quartieri del Comune di Bari, e nei Comuni di Valenzano, Capurso, Casamassima, Adelfia e Bitritto. Anche il settore dell'edilizia non è sfuggito alle mire criminali del clan Di Cosola. Nel corso delle indagini è infatti emersa una fitta rete di estorsioni ai danni di numerosi imprenditori locali, i quali venivano costretti a versare nelle casse del clan ingentissime somme di danaro in cambio di protezione. In taluni casi gli imprenditori, per non subire ritorsioni, dovevano acquistare il cemento prodotto dall'impresa di Vito Nicola Procida (soggetto contiguo al clan condannato in primo grado a 10 anni di reclusione).
Nel corso delle investigazioni sono state eseguite diverse operazioni di riscontro che hanno contenuto la pericolosità del clan fino all'esecuzione delle 64 ordinanze di custodia cautelare in carcere emesse dalla Dda di Bari, avvenuta all'alba del 21 aprile del 2015, che ha consentito il totale smembramento del clan ed il sequestro di numerosi immobili e della cava di produzione del calcestruzzo.