Importavano e vendevano capi d'abbigliamento rubati o contraffatti. Due arresti

Le indagini di GdF e DDA hanno condotto ai domiciliari un cinese e un senegalese. Sequestrate diverse migliaia di merci a Bari, Casamassima e Prato

giovedì 10 maggio 2018 11.27
Avrebbero importato capi d'abbigliamento contraffatti o rubati per immetterli sul mercato pugliese e nazionale. Le indagini del Nucleo di Polizia Economico Finanziaria di Bari e della DDA, partite nel 2014, hanno portato all'individuazione di quattordici soggetti di cui due sono finiti agli arresti domiciliari questa mattina, grazie all'intervento dei finanzieri del Comando Provinciale di Bari, con la collaborazione dei colleghi di Prato. Si tratta di un imprenditore cinese e un collega senegalese, entrambi indagati per i reati di contraffazione, alterazione o uso di marchi mendaci, di introduzione nello stato e commercio di prodotti con segni falsi, ricettazione.

Il provvedimento cautelare, emesso dal G.I.P. del Tribunale di Bari, è scaturito in base alle indagini svolte dall'articolazione specializzata sulla tutela dei diritti di proprietà industriale ed intellettuale in seno al Nucleo PEF di Bari, che hanno permesso di documentare come i due cittadini extracomunitari conducessero, prevalentemente sul territorio della ex provincia barese, l'attività illegale di importazione e successiva commercializzazione di grosse partite di calzature e articoli di abbigliamento recanti noti marchi di fabbrica contraffatti, con l'aggravante di aver commesso il fatto in modo sistematico e attraverso l'allestimento di mezzi ed attività organizzate.

A riscontro delle ipotesi di reato, nei mesi scorsi sono stati eseguiti numerosi sequestri di beni contraffatti, tra cui oltre circa 180.000 fra capi e accessori di abbigliamento, 4074 mq di tessuti della nota marca Louis Vuitton (pari ad un intero campo da calcio) e 67.553 articoli d'abbigliamento, risultati provento di furto.

Oltre all'esecuzione dei suddetti provvedimenti cautelari, sono in corso diverse perquisizioni locali a Bari, Casamassima (BA) e Prato presso gli esercizi commerciali gestiti dagli indagati, utilizzati sia per lo stoccaggio della merce, in arrivo prevalentemente dalla Cina che per la successiva rivendita diretta ovvero mediante la cessione a venditori ambulanti.