"In Nome del Decoro", Bariviva ne discute con l'autrice Carmen Pisanello

La giovane scrittrice, vincitrice lo scorso anno del bando "Building Apulia", ci ha parlato del suo libro e dei suoi progetti

martedì 21 novembre 2017 10.52
A cura di Elga Montani
Carmen Pisanello è una giovane leccese trapiantata a Bari, che dopo la laurea specialistica nell'università cittadina ha visto pubblicato il suo lavoro grazie alla vittoria del concorso "Building Apulia" della Teca del Mediterraneo, destinato agli scrittori emergenti Under 30. Da sempre anche attivista, fa parte di NONUNADIMENO e collabora con l'Osservatorio sulla Repressione. Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con lei in occasione dell'inizio della presentazione del suo libro "In Nome del Decoro", che a Bari farà tappa il prossimo 2 dicembre alla libreria Laterza.

Come nasce l'idea di questo libro? Da dove viene la voglia di esplorare un argomento di questo tipo?

L'idea del libro nasce dal fatto che stavo già seguendo un dibattito pubblico relativamente recente, dato che sono comunque argomenti nuovi, in merito a questo argomento. D'altronde si è cominciato a parlare effettivamente di degrado a partire dal 2008, in seguito alle prime ordinanze sulla sicurezza urbana, e di decoro si inizia a parlare pochi anni dopo. Comunque, mentre stavo studiando per la mia tesi specialistica, ho iniziato a seguire questo dibattito pubblico, grazie a due testi fondamentali: "Contro il decoro" di Tamar Pitch, una professoressa dell'Università di Perugia, e il lavoro di inchiesta portato avanti dalla Dinamo Press, sito di informazione romano. Roma, infatti, è stata la prima città in cui il problema del decoro/degrado è stato sentito molto, uno dei primi posti in cui si è riuscito ad individuare il fatto che questo dibattito pubblico non era fine a sé stesso, ma collegato a particolari zone della città che stavano andando avanti nel processo di gentrificazione. Da questo ho capito che l'argomento sarebbe stato oggetto di dibattito futuro, in quanto il processo di gentrificazione è in forte aumento, gli spazi pubblici per il nuovo tipo di economia finanziaria attuale acquisiscono un valore sempre maggiore, il valore immobiliare diventa sempre più importante perché si capitalizza molto non più solo sui prodotti, ma sugli spazi. Ho vissuto un anno a Berlino, e lì ho notato cosa significhi il cambiare l'anima di una città e sapevo che la stessa cosa sarebbe presto accaduta in Italia, e si sarebbe parlato molto di questo argomento. Per molto tempo si è parlato di questo fenomeno solo sotto l'aspetto sociopolitico, ma l'aspetto che mi interessava di più studiando comunicazione era il come si comunica questo concetto di decoro. In pratica dico che c'è il decoro e il suo alter ego cattivo che è il degrado, ma in realtà sono due facce della stessa medaglia che camminano a braccetto, sono come Dottor Jeckill e Mister Hyde, senza l'uno non esiste l'altro e viceversa. Ho voluto approfondire il come si comunica questo concetto, fino ad arrivare a costruire un vero e proprio immaginario.

Per la pubblicazione del tuo libro hai vinto un concorso, attraverso il quale hai avuto la possibilità che le tue ricerche diventassero un volume disponibile in libreria. Com'è andata? Perché hai deciso di partecipare a questo bando?

Questa cosa nasce per puro caso. Io avevo terminato la mia tesi, mi ero laureata, ero contenta, ma non credo così tanto in me stessa da credere che se avessi inviato il mio lavoro agli editori avrei avuto risposte positive per una eventuale pubblicazione. Per questo motivo, cercando, ho trovato questo concorso della Teca del Mediterraneo, a cui potevano partecipare gli under 30 sia con romanzi che con saggi. Dato che io comunque avevo già pensato alla mia tesi in forma libro, non era una tesi tecnica, i titoli erano molto narrativi, allora ho pensato che con qualche ritocco potevo mandarla. Non mi aspettavo nulla, e invece ho vinto il primo premio, che consisteva nel finanziamento per una pubblicazione.

Ritornando al discorso del decoro e del degrado, ti chiedo una tua opinione. Nel 2008 hai detto che nasce il dibattito su questo tema, a Bari nel 2014 si insedia l'amministrazione comunale di Decaro, che ha basato la sua campagna elettorale sullo slogan Bari per Bene, concetto che sta ancora portando avanti. Pensi quanto accaduto a Bari vada a inserirsi nel dibattito? E in che modo?

Quando ho visto che la campagna di Decaro si chiamava Bari per Bene mi sono fatta un sacco di risate. Il motivo sta nel fatto che tali concetti si possono ritrovare nel libro di Tamar Pitch, che a sua volta riprende le idee di Loïc Wacquant (sociologo franco-americano). Quest'ultimo, infatti, ha scritto molto di questa "guerra" ai poveri, delle nuove leggi di pianificazione urbana che spesso finiscono per colpire proprio le persone più povere. C'è un capitolo nel libro di Wacquant in cui spiega che queste leggi dividono le persone in buone e cattiva, per l'esattezza lui scrive in "persone per bene" e "persone per male". In questo modo si dice in pratica che ci sono delle porzioni di cittadinanza che non rischiano mai di diventare "per male", perché hanno una casa, la possibilità di passare il proprio tempo libero in spazi privati pagando, non hanno bisogno di stare con la bottiglia in strada, hanno uno stile di vita diverso che non li renderà mai qualcosa di brutto da vedere. I "per male" invece sono tutti quelli che non sono così, che stanno in strada e gridano, per i quali chiamiamo i vigili urbani per farli cacciare, perché noi dobbiamo dormire dato che il giorno dopo andiamo a lavorare, sono i writers, i senza fissa dimora, chi vive per strada non per sua scelta. Questo essere per bene significa spesso ignorare cosa significa stare dall'altra parte, che non significa per forza essere delle persone per male. La campagna di Decaro, così com'era, è morta un po' lì, quel che ha fatto è stato mettere i cestini, cercare di ripulire la città, ma sicuramente si tratta di una narrazione un po' ipocrita. È come fare un intervento di facciata, come avere una casa che dentro cade a pezzi, ma fuori la ridipingo per farla apparire bella.

Nel tuo discorso hai citato i writers. Mentre una volta i writers, di qualunque tipo, era mal visti e osteggiati, oggi c'è una sorta di rivalutazione, molti sono diventati artisti quotati. In questo modo si rende ciò che è "per male" adeguato al resto del contesto rendendolo "per bene". Ciò che prima non si accettava rientra ora in un discorso che lo porta ad essere "giusto", ma solo quando lo decidi tu. In quanto spesso tali artisti sono oggi incanalati nella "normalità" dando loro dei muri da dipingere autorizzati, nel momento in cui lo fanno non autorizzati non vanno bene. Non ti sembra un modo per rendere decoro ciò che prima era considerato degrado?

La rivalutazione della street art è prima di tutto un discorso economico, in quanto nel momento in cui alcuni artisti di strada sono diventati famosi e le loro opere battute all'asta per cifre considerevoli, è cambiato il modo di valutarli. Questo però non ha cambiato molto la situazione dei writers, in quanto un writer viene rispettato quando è famoso, oppure viene rispettato quando su commissione abbellisce degli spazi. Questa cosa non è negativa, ma dal punto di vista di chi ha questa passione (non si può chiamare mestiere in quanto non permette di guadagnare) è sicuramente un'ipocrisia. Per la cultura del writer è molto importante non essere autorizzati, in quanto vuole imporre un messaggio, che impone alla città obbligandola a leggerlo. La potenza del messaggio sta nel condividerla con chiunque, anche con chi non avrebbe mai voluto vederla. Molti writers non condividono il lavorare su commissione, ma resta il fatto che anche se sei un grande artista se dipingi su un muro non autorizzato rischi una denuncia, e con la nuova legge, con i daspo, puoi arrivare al penale ed andare in carcere.

Tornando al libro, stai per iniziare le presentazioni in giro per l'italia e non solo. Come ti senti ad iniziare questa avventura?

In realtà ho sempre girato l'Italia, essendo prima di tutto un'attivista. Non è la prima volta che discuto in pubblico di argomenti di vario tipo, collaboro con l'Osservatorio della Repressione da un po' di anni. Prima però intervenivo dal pubblico, ora sarò tra i relatori. Credo comunque che saranno delle presentazioni molto interessanti, tutti amano di come stanno cambiando le città. Per cui sono tranquilla, perché comunque mi piace l'idea di andare ad ascoltare ciò che le persone hanno da dire sull'argomento.

L'attivismo ha sempre fatto parte della tua vita, e sei membro di NONUNADIOMENO. Come si concilia ora questo tuo essere attivista con questa attività di scrittrice/ricercatrice?

In questo momento sono attiva nella rete di NONUNADIMENO, ma anche con NonSoloMarange, un collettivo di mutuo soccorso. Ti posso dire molto onestamente che se non fossi così non avrei mai scritto questo libro, nel senso che poi ci ho messo dentro tante delle mie esperienze personali, dovute all'essere dentro a queste realtà, anche al discorso di questo nuovo femminismo. Noi lo chiamiamo transfemminismo, sta nascendo in tutto il mondo, e ha molto a che fare con la questione del decoro. Questo nuovo discorso femminista è un pensiero che lotta contro qualsiasi oppressione patriarcale, che non riguarda solo l'oppressione degli uomini sulle donne, ma riguarda anche l'oppressione di un certo tipo di potere su delle soggettività svantaggiate: omosessuali, transessuali, prostitute, donne vittime di tratta, ecc… Le leggi sul decoro colpiscono molto tali soggettività, ti faccio un esempio, alcuni mesi fa una trans era stata allontanata perché in quanto trans avevano deciso che lei era una prostituta e l'avevano cacciata. Il decoro in fondo è cacciare tutti coloro che non vanno bene, anche solo a livello estetico in una sorta di conflitto permanente tra chi decide come deve essere la città e chi non rientra in tale schema.

Progetti per il futuro? Hai in mente qualcosa oppure non ne hai la più pallida idea?

Domanda molto difficile, data la precarietà. Mi piacerebbe riuscire a continuare a scrivere e continuare con l'attivismo femminista perché in realtà ritengo sia qualcosa che libera molto le persone, in particolare le donne.