"Lotto marzo", anche Bari si unisce allo sciopero generale delle donne
Sul molo San Nicola la manifestazione organizzata dalla rete Non una di meno: «Protestiamo contro Decreto sicurezza e DL Pillon»
venerdì 8 marzo 2019
20.32
8 marzo, festa delle donne. C'è chi, però, a mimose e cioccolatini preferisce la manifestazione, in ossequio alla natura intimamente ideologica della ricorrenza. È questo il caso della rete Non una di meno, che anche a Bari propone la manifestazione "Lotto marzo", lo sciopero generale delle donne in contemporanea con altre piazze del mondo. Diverse centinaia di persone si sono date appuntamento questo pomeriggio sul molo San Nicola, nel centro di Bari, per rivendicare il diritto delle donne di qualsiasi etnia e nazionalità all'autodeterminazione libera e autonoma. Anche tanti uomini al fianco delle manifestanti, baresi e migranti, per una protesta dal profondo connotato socio-politico.
«Questa ricorrenza - dice Carolina Velati di Non una di meno Bari - viene considerata come una festa, ma per il movimento Non una di meno è l'occasione per ribadire che le discriminazioni di genere hanno un filone comune con altri tipi di discriminazioni, come quella razziale o contro il popolo Lgbt. La rete Non una di meno nasce in Argentina come movimento per la promozione dell'aborto legale e adesso coinvolge 90 paesi: esistono questioni che vanno oltre il semplice retaggio culturale, ma sono discriminazioni che si basano su disuguaglianze socio-economiche, il fondamento del neo-liberismo».
Se calata nello scenario italiano attuale, la manifestazione assume contorni di protesta politica molto marcati: «Questa piazza - prosegue Velati - è schierata contro il DL Pillon e il Decreto sicurezza. Quest'ultimo impedisce l'ingresso sicuro in Italia a migranti che scappano dalle guerre e in particolare alle donne che spesso subiscono violenze nel loro percorso di fuga e non riescono a trovare anche nel nostro Paese un asilo dignitoso. Il Disegno di legge Pillon, invece, rende quasi impossibile la fuoriuscita dalla violenza di genere e la violenza sui figli perché prevede la figura del mediatore familiare a pagamento per entrambe le parti, quando spesso le donne nelle relazioni sono il soggetto debole economicamente».
L'obiettivo ultimo delle iniziative proposte dalla rete Non una di meno è «Mettere in discussione la strutturazione della famiglia secondo l'idea cattolica e retrograda della donna, a cui spetta solo il compito della cura domestica mentre all'uomo compete il lavoro. Le nostre rivendicazioni sono più ampie e si riferiscono all'accesso alla legge 194 sull'aborto: evitare che il numero di obiettori di coscienza salga e che quindi le donne debbano abortire in maniera insicura e clandestina», conclude Velati.
«Questa ricorrenza - dice Carolina Velati di Non una di meno Bari - viene considerata come una festa, ma per il movimento Non una di meno è l'occasione per ribadire che le discriminazioni di genere hanno un filone comune con altri tipi di discriminazioni, come quella razziale o contro il popolo Lgbt. La rete Non una di meno nasce in Argentina come movimento per la promozione dell'aborto legale e adesso coinvolge 90 paesi: esistono questioni che vanno oltre il semplice retaggio culturale, ma sono discriminazioni che si basano su disuguaglianze socio-economiche, il fondamento del neo-liberismo».
Se calata nello scenario italiano attuale, la manifestazione assume contorni di protesta politica molto marcati: «Questa piazza - prosegue Velati - è schierata contro il DL Pillon e il Decreto sicurezza. Quest'ultimo impedisce l'ingresso sicuro in Italia a migranti che scappano dalle guerre e in particolare alle donne che spesso subiscono violenze nel loro percorso di fuga e non riescono a trovare anche nel nostro Paese un asilo dignitoso. Il Disegno di legge Pillon, invece, rende quasi impossibile la fuoriuscita dalla violenza di genere e la violenza sui figli perché prevede la figura del mediatore familiare a pagamento per entrambe le parti, quando spesso le donne nelle relazioni sono il soggetto debole economicamente».
L'obiettivo ultimo delle iniziative proposte dalla rete Non una di meno è «Mettere in discussione la strutturazione della famiglia secondo l'idea cattolica e retrograda della donna, a cui spetta solo il compito della cura domestica mentre all'uomo compete il lavoro. Le nostre rivendicazioni sono più ampie e si riferiscono all'accesso alla legge 194 sull'aborto: evitare che il numero di obiettori di coscienza salga e che quindi le donne debbano abortire in maniera insicura e clandestina», conclude Velati.