Mafia a Bari: gli affari del clan Parisi nel caffè: «10 euro per ogni chilo»
Riconducibili al clan, secondo gli inquirenti, sarebbero state le imprese Torregina Caffè, Raro e Caffè Sartoriale
mercoledì 28 febbraio 2024
11.06
Le indagini che hanno portato all'esecuzione di 130 misure cautelari a Bari (tra carcere e domiciliari) hanno anche rivelato gli affari del clan Parisi nel settore del commercio del caffè, portato avanti costringendo i bar e le attività a vendere esclusivamente il prodotto della malavita, spesso dopo averlo acquistato a nero.
«Quello del caffè - si legge negli atti - si è dimostrato un settore idoneo ad attrarre gli investimenti del clan. Il prodotto finito, in particolare, permette, fornendolo ad un prezzo maggiorato, interessanti ricavi con bassi investimenti. Investendo il denaro sporco il clan sarebbe riuscito a ricavare 10 euro per ogni chilo di caffè venduto». Ed ancora: «Le realtà commerciali ottengono, in cambio, la protezione mafiosa delle attività e guadagni ampliati e poi sottratti all'imposizione fiscale».
Riconducibili al clan Parisi, secondo gli inquirenti, sarebbero state le imprese Torregina Caffè, Raro e Caffè Sartoriale. La prima riconducibile a Tommaso Parisi, cantante neomelodico e figlio di Savino, e Christopher Luigi Petrone, mentre della seconda era socio occulto il fratello del boss, Massimo Parisi. «Tu, come vieni sopra la zona… a me non interessa dove sei andato. Dove stanno le bandiere mie, dove vedi Caffè Sartoriale girati e vattene!», diceva. Tutti e tre sono in carcere.
Quella del clan, per i pubblici ministeri antimafia Fabio Buquicchio, Marco D'Agostino e Federico Perrone Capano, è «una tecnica imprenditoriale caratterizzata dai metodi estorsivi e impositivi, che si pone come vicina alle attività commerciali, favorendone i profitti, e in grado di essere preferita alla legalità dello Stato».
«Quello del caffè - si legge negli atti - si è dimostrato un settore idoneo ad attrarre gli investimenti del clan. Il prodotto finito, in particolare, permette, fornendolo ad un prezzo maggiorato, interessanti ricavi con bassi investimenti. Investendo il denaro sporco il clan sarebbe riuscito a ricavare 10 euro per ogni chilo di caffè venduto». Ed ancora: «Le realtà commerciali ottengono, in cambio, la protezione mafiosa delle attività e guadagni ampliati e poi sottratti all'imposizione fiscale».
Riconducibili al clan Parisi, secondo gli inquirenti, sarebbero state le imprese Torregina Caffè, Raro e Caffè Sartoriale. La prima riconducibile a Tommaso Parisi, cantante neomelodico e figlio di Savino, e Christopher Luigi Petrone, mentre della seconda era socio occulto il fratello del boss, Massimo Parisi. «Tu, come vieni sopra la zona… a me non interessa dove sei andato. Dove stanno le bandiere mie, dove vedi Caffè Sartoriale girati e vattene!», diceva. Tutti e tre sono in carcere.
Quella del clan, per i pubblici ministeri antimafia Fabio Buquicchio, Marco D'Agostino e Federico Perrone Capano, è «una tecnica imprenditoriale caratterizzata dai metodi estorsivi e impositivi, che si pone come vicina alle attività commerciali, favorendone i profitti, e in grado di essere preferita alla legalità dello Stato».