Monopoli, estorcevano il riscatto ai proprietari delle auto rubate. Indagati in 11
Conclusa l'operazione Lamalunga della Polizia. Una costola dell'organizzazione era introdotta nel mercato della droga
giovedì 7 marzo 2019
12.03
Un'indagine lunga 6 anni su un giro di furti, estorsioni di autovetture e spaccio di sostanze stupefacenti che si conclude con la notifica dell'avviso di garanzia per 11 indagati. La Polizia di Monopoli conclude l'operazione Lamalunga, su un'organizzazione che gestiva il sistema dei riscatti in cambio delle auto rubate, oltre a un commercio di droga.
L'indagine prende spunto da quanto accaduto in una contrada del territorio di Monopoli dove uno degli indagati, il 32enne F.L. aveva costituito la propria base operativa. Le indagini presero il via da un furto avvenuto a Bari nel mese di maggio 2013 con l'intervento e un inseguimento di una Fiat Panda da parte della volante di polizia. L'incremento dei furti in quel periodo, non solo nella zona del sud est barese, ma anche nelle città di Bari e Taranto, aveva raggiunto livelli elevati e pertanto, intensificando sempre più le attività di indagine, il personale del settore anticrimine della Polizia di Monopoli era riuscito a stabilire che era ormai diventato largamente diffuso il fenomeno estorsivo del cosidetto "cavallo di ritorno".
Nel dettaglio, alcuni degli indagati, approfittando della necessità delle vittime dei furti di rientrare in possesso delle autovetture rubate, per le quali anche il rimborso assicurativo sarebbe risultato insoddisfacente, avevano creato una rete che costringeva le stesse vittime ad avvicinarli con la speranza di riottenere quanto sottratto con il furto. Questa pratica era talmente consolidata quasi da essere considerata una procedura "normale". In sostanza, in questo modo, con cifre non eccessive, i derubati tornavano in possesso delle rispettive auto, fatte abilmente ritrovare dagli indagati a distanza di pochi giorni dal pagamento del riscatto.
La polizia mise subito in atto una serrata attività di indagine. Con l'approfondimento del modus operandi degli indagati nei mesi successivi vennero riscontrati altri "ritrovamenti sospetti" e scoperte estorsioni, iniziando così a intravedere un vero e proprio sodalizio criminale, un embrione di organizzazione che intendeva occuparsi non soltanto di furti ed estorsioni ma anche di droga.
La complessità dei contatti ha permesso di rilevare la molteplicità delle attività illecite documentate con le attività investigative, una vera e propria immersione nell'ambiente criminale del sud est barese. Si risalì così all'identità di un ragazzo insospettabile di Locorotondo, solito frequentare i locali della movida del sud est barese, il quale consegnava a domicilio alcune dosi di cocaina. Le comunicazioni gergali con i sodali, le frasi dissimulate che invece erano riferite a piccole cessioni di droga, chiamata "pizza" o altri riferimenti, rappresentavano il tentativo, fallito, di criptare le comunicazioni tra i sodali. La mole impressionanti di dati investigativi, oltre ad essere tecnicamente confluiti nei 13 capi di accusa del provvedimento, è poi servita al personale della Polizia di Stato per operare una serie di interventi al fine di arginare i fenomeni delle estorsioni e dello spaccio di sostanze stupefacenti. La chiusura delle indagini, durate anni, permette di attribuire alla Polizia di Stato un significativo successo nel contrasto ad una organizzazione criminale stroncata sul nascere e resa inoffensiva.
L'indagine prende spunto da quanto accaduto in una contrada del territorio di Monopoli dove uno degli indagati, il 32enne F.L. aveva costituito la propria base operativa. Le indagini presero il via da un furto avvenuto a Bari nel mese di maggio 2013 con l'intervento e un inseguimento di una Fiat Panda da parte della volante di polizia. L'incremento dei furti in quel periodo, non solo nella zona del sud est barese, ma anche nelle città di Bari e Taranto, aveva raggiunto livelli elevati e pertanto, intensificando sempre più le attività di indagine, il personale del settore anticrimine della Polizia di Monopoli era riuscito a stabilire che era ormai diventato largamente diffuso il fenomeno estorsivo del cosidetto "cavallo di ritorno".
Nel dettaglio, alcuni degli indagati, approfittando della necessità delle vittime dei furti di rientrare in possesso delle autovetture rubate, per le quali anche il rimborso assicurativo sarebbe risultato insoddisfacente, avevano creato una rete che costringeva le stesse vittime ad avvicinarli con la speranza di riottenere quanto sottratto con il furto. Questa pratica era talmente consolidata quasi da essere considerata una procedura "normale". In sostanza, in questo modo, con cifre non eccessive, i derubati tornavano in possesso delle rispettive auto, fatte abilmente ritrovare dagli indagati a distanza di pochi giorni dal pagamento del riscatto.
La polizia mise subito in atto una serrata attività di indagine. Con l'approfondimento del modus operandi degli indagati nei mesi successivi vennero riscontrati altri "ritrovamenti sospetti" e scoperte estorsioni, iniziando così a intravedere un vero e proprio sodalizio criminale, un embrione di organizzazione che intendeva occuparsi non soltanto di furti ed estorsioni ma anche di droga.
La complessità dei contatti ha permesso di rilevare la molteplicità delle attività illecite documentate con le attività investigative, una vera e propria immersione nell'ambiente criminale del sud est barese. Si risalì così all'identità di un ragazzo insospettabile di Locorotondo, solito frequentare i locali della movida del sud est barese, il quale consegnava a domicilio alcune dosi di cocaina. Le comunicazioni gergali con i sodali, le frasi dissimulate che invece erano riferite a piccole cessioni di droga, chiamata "pizza" o altri riferimenti, rappresentavano il tentativo, fallito, di criptare le comunicazioni tra i sodali. La mole impressionanti di dati investigativi, oltre ad essere tecnicamente confluiti nei 13 capi di accusa del provvedimento, è poi servita al personale della Polizia di Stato per operare una serie di interventi al fine di arginare i fenomeni delle estorsioni e dello spaccio di sostanze stupefacenti. La chiusura delle indagini, durate anni, permette di attribuire alla Polizia di Stato un significativo successo nel contrasto ad una organizzazione criminale stroncata sul nascere e resa inoffensiva.