Morì dopo il parto nel 1998, Asl Bari condannata a pagare 2 milioni di risarcimento
Il fatto accadde all'ospedale di Barletta, dove alla 34enne Santa Ricatti non venne applicata una trasfusione di sangue in quanto testimone di Geova
venerdì 13 dicembre 2019
11.12
Il Tribunale civile di Trani (giudice monocratico Luigi Mancini) ha condannato l'Asl Bari al versare oltre 1 milione e 800mila a titolo di risarcimento in favore del marito e delle due figlie della 34enne Santa Ricatti, morta nell'ospedale Umberto I di Barletta il 29 dicembre 1998 poco dopo aver partorito un feto privo di vita.
La vicenda fece molto discutere, in seguito al palleggiamento di responsabilità su una trasfusione di sangue che contravveniva ai precetti della confessione religiosa di Santa Ricatti, testimone di Geova. Il processo penale condannò il ginecologo Antonio Luzzi, che sentì prescritta l'ulteriore accusa mossagli per la morte del feto: un maschio che si sarebbe dovuto chiamare Giuseppe. Si è, invece, appena concluso il processo civile, avviato nel 2012, per il risarcimento dei danni chiesti dai familiari all'Asl.
Il tribunale non ha ritenuto responsabile l'Asl Bat bensì l'Asl Bari, da cui all'epoca dipendeva l'ospedale barlettano. La somma liquidata a vario titolo risarcitorio è al netto dell'importo transatto con l'assicurazione del ginecologo.
Le sentenze penali a carico di Luzzi per la morte della 34enne «Hanno ampiamente accertato la responsabilità nell'aver provocato il decesso della donna» si legge nella sentenza di primo grado emessa dal tribunale di Trani, secondo cui Luzzi dev'esser riconosciuto responsabile anche per il decesso del feto perché «Alla luce del materiale probatorio deve del tutto escludersi che l'evento in questione possa qualificarsi – come invece sostenuto da Luzzi – quale evento imprevedibile ed eccezionale. I consulenti nominati nel corso del procedimento penale ed ascoltati nel corso della istruttoria hanno ampiamente chiarito come Luzzi avrebbe potuto e dovuto individuare i segni della sofferenza fetale ed attivarsi tempestivamente. L'Asl Bari risponde delle conseguenze dell'operato di Luzzi, attribuibili all'azienda sanitaria come frutto di attività alla stessa imputabile».
Tra le voci di risarcimento anche 80mila euro per responsabilità aggravata per condotta processuale: tra l'altro l'Asl/Ba non accolse la proposta conciliativa di 1 milione e 300mila euro formulata dallo stesso giudice «Che, alla luce dell'esito del giudizio, risultava decisamente vantaggiosa e meno onerosa».
La vicenda fece molto discutere, in seguito al palleggiamento di responsabilità su una trasfusione di sangue che contravveniva ai precetti della confessione religiosa di Santa Ricatti, testimone di Geova. Il processo penale condannò il ginecologo Antonio Luzzi, che sentì prescritta l'ulteriore accusa mossagli per la morte del feto: un maschio che si sarebbe dovuto chiamare Giuseppe. Si è, invece, appena concluso il processo civile, avviato nel 2012, per il risarcimento dei danni chiesti dai familiari all'Asl.
Il tribunale non ha ritenuto responsabile l'Asl Bat bensì l'Asl Bari, da cui all'epoca dipendeva l'ospedale barlettano. La somma liquidata a vario titolo risarcitorio è al netto dell'importo transatto con l'assicurazione del ginecologo.
Le sentenze penali a carico di Luzzi per la morte della 34enne «Hanno ampiamente accertato la responsabilità nell'aver provocato il decesso della donna» si legge nella sentenza di primo grado emessa dal tribunale di Trani, secondo cui Luzzi dev'esser riconosciuto responsabile anche per il decesso del feto perché «Alla luce del materiale probatorio deve del tutto escludersi che l'evento in questione possa qualificarsi – come invece sostenuto da Luzzi – quale evento imprevedibile ed eccezionale. I consulenti nominati nel corso del procedimento penale ed ascoltati nel corso della istruttoria hanno ampiamente chiarito come Luzzi avrebbe potuto e dovuto individuare i segni della sofferenza fetale ed attivarsi tempestivamente. L'Asl Bari risponde delle conseguenze dell'operato di Luzzi, attribuibili all'azienda sanitaria come frutto di attività alla stessa imputabile».
Tra le voci di risarcimento anche 80mila euro per responsabilità aggravata per condotta processuale: tra l'altro l'Asl/Ba non accolse la proposta conciliativa di 1 milione e 300mila euro formulata dallo stesso giudice «Che, alla luce dell'esito del giudizio, risultava decisamente vantaggiosa e meno onerosa».