“Non sto zitta!”, una lezione in rosso all’Università di Bari
Un incontro per imparare a riconoscere la violenza di genere nel dipartimento di Giurisprudenza
sabato 25 novembre 2023
9.50
L'Università degli studi di Bari, in occasione della giornata internazionale contro la violenza sulle donne, ha ospitato un incontro organizzato dalla docente Ilenia Amati nell'aula Aldo Moro del dipartimento di Giurisprudenza.
Davanti al pubblico composto prevalentemente da studentesse, la docente ha avviato l'incontro facendo alzare dalla platea alcune spettatrici, vestite con un simbolico indumento rosso, e chiedendo loro di dire il proprio nome seguito dalla frase «non sto zitta». Sulla riga delle echeggianti parole della scrittrice Michela Murgia, nel suo libro «Stai zitta!», molteplici sono gli stimoli cui gli uditori vengono sottoposti circa la violenza di genere.
Durante il dialogo sono emerse alcune riflessioni: il modo di concepirsi donne è impregnato dai pregiudizi della società patriarcale, per cui ci si sente donne se si cattura l'attenzione, se ci si sa distinguere dalle altre donne. L'essere donna in modo generalista viene meno nel momento in cui chiamiamo per nome le vittime di femminicidio e indichiamo con appellativi i loro carnefici. "Smettiamo di essere donne quando giudichiamo e condanniamo i comportamenti delle nostre sorelle – è stato ribadito - Facciamo violenza di genere quando educhiamo i maschi in maniera differente rispetto alle femmine, perché i primi hanno bisogno di maggiore controllo. Dunque come non perdere la speranza se il mondo in cui viviamo ci riserva una vittima di femminicidio ogni due giorni? Come facciamo ad essere donne se veniamo private della nostra essenza?".
Secondo la docente, non è sufficiente dedicare una giornata a questo tema, non è sufficiente dedicare un'ora a scuola per educare alle emozioni: abbiamo bisogno di un cambiamento radicale che coinvolga tutte le associazioni educative, non soltanto la vita scolastica.
Presente all'incontro anche Marika Manicone, agente della Polizia di Stato della Questura di Monza e Brianza, che ha raccontato il suo lavoro nella sezione dei reati contro la persona in danno di minori e dei reati sessuali, spiegando la procedura effettuata dal corpo poliziesco in presenza di vittime di violenza.
Anche l'educatrice socio-pedagogica Vincenza Colonna, invitata a relazionare, è intervenuta per ricordare l'importanza delle case rifugio che ospitano donne in situazioni delicate e che offrono un reale supporto alle vittime di violenza.
Per concludere, viene sancito come un mantra un concetto essenziale: chiedere e offrire aiuto è fondamentale per salvare vite.
Davanti al pubblico composto prevalentemente da studentesse, la docente ha avviato l'incontro facendo alzare dalla platea alcune spettatrici, vestite con un simbolico indumento rosso, e chiedendo loro di dire il proprio nome seguito dalla frase «non sto zitta». Sulla riga delle echeggianti parole della scrittrice Michela Murgia, nel suo libro «Stai zitta!», molteplici sono gli stimoli cui gli uditori vengono sottoposti circa la violenza di genere.
Durante il dialogo sono emerse alcune riflessioni: il modo di concepirsi donne è impregnato dai pregiudizi della società patriarcale, per cui ci si sente donne se si cattura l'attenzione, se ci si sa distinguere dalle altre donne. L'essere donna in modo generalista viene meno nel momento in cui chiamiamo per nome le vittime di femminicidio e indichiamo con appellativi i loro carnefici. "Smettiamo di essere donne quando giudichiamo e condanniamo i comportamenti delle nostre sorelle – è stato ribadito - Facciamo violenza di genere quando educhiamo i maschi in maniera differente rispetto alle femmine, perché i primi hanno bisogno di maggiore controllo. Dunque come non perdere la speranza se il mondo in cui viviamo ci riserva una vittima di femminicidio ogni due giorni? Come facciamo ad essere donne se veniamo private della nostra essenza?".
Secondo la docente, non è sufficiente dedicare una giornata a questo tema, non è sufficiente dedicare un'ora a scuola per educare alle emozioni: abbiamo bisogno di un cambiamento radicale che coinvolga tutte le associazioni educative, non soltanto la vita scolastica.
Presente all'incontro anche Marika Manicone, agente della Polizia di Stato della Questura di Monza e Brianza, che ha raccontato il suo lavoro nella sezione dei reati contro la persona in danno di minori e dei reati sessuali, spiegando la procedura effettuata dal corpo poliziesco in presenza di vittime di violenza.
Anche l'educatrice socio-pedagogica Vincenza Colonna, invitata a relazionare, è intervenuta per ricordare l'importanza delle case rifugio che ospitano donne in situazioni delicate e che offrono un reale supporto alle vittime di violenza.
Per concludere, viene sancito come un mantra un concetto essenziale: chiedere e offrire aiuto è fondamentale per salvare vite.