"Non Una di Meno Bari" in piazza contro la violenza sulla donne e per la legge 194
Questa sera un corteo da piazza Aldo Moro verso il policlinico per affermare il diritto delle donne all'autodeterminazione
giovedì 28 settembre 2017
21.49
Questa sera, nella giornata internazionale per il diritto all'aborto libero e sicuro, Non una di meno - Bari si mobilita per affermare il diritto delle donne all'autodeterminazione. E a partire dalle 19.30 si svolgerà un corteo, da Piazza Aldo Moro fino al Policlinico per protestare contro la non applicazione reale della legge 194 sull'aborto e porre al centro la questione della libertà di scelta di ogni donna.
«In Italia, seppur formalmente garantito dalla legge 194 – dicono da Non una di meno – Bari – il diritto all'aborto è nei fatti progressivamente negato. L'obiezione di coscienza ha raggiunto livelli non più accettabili con una percentuale del 70% di medici obiettori nella media nazionale, con punte che superano l'80% al Sud. Condividiamo l'appello lanciato per la giornata del 28 settembre dal Movimento Non Una di Meno. A questa chiamata internazionale rispondiamo da una terra particolarmente ferita dai femminicidi, dalla violenza e dagli stupri».
«Scendiamo in piazza – proseguono – anche per dire no ai bus dell'odio nella nostra città a seminare ignoranza, intolleranza e discriminazioni. All'origine di tanta violenza, da quella fisica a quella ostetrica a quella omo-bi-transfobica, c'è proprio la cultura bigotta e clericale che le "sentinelle dell'odio" rappresentano. E si comincia dalle scuole ad avvelenare il concetto di genere ingabbiandolo in stereotipi che facilmente portano al bullismo e all'emarginazione».
«Sentiamo urgente il bisogno di contrastare questa deriva subdola e pericolosa. Noi ci saremo – sottolineano – anche per fronteggiare scelte politiche di chi ci amministra il cui concetto di accoglienza assume significati e forme differenti a seconda di chi si parli. Noi ci saremo e attraverseremo le strade della nostra città per ricordare a tutte e tutti il cammino che noi donne dobbiamo fare per auto-determinarci e per essere libere».
Alle loro parole si aggiungo quelle del comitato nazionale Non una di meno che ribadisce: «Torniamo in piazza perché: rifiutiamo la violenza maschile e la sua strumentalizzazione e rifiutiamo di essere considerate inferiori, deboli, subalterne per natura. È questo che vogliono farci credere nelle corsie degli ospedali, quando schiere di obiettori ci impediscono di scegliere quando, come e se diventare madri. È questo che ci ripetono nelle aule dei tribunali, quando nei processi per stupro diventiamo noi le imputate. È questo che scontiamo senza indipendenza economica, con i salari più bassi dei nostri colleghi, con le molestie sul lavoro, con la cura della famiglia sempre più sulle nostre spalle. È questo che fa della famiglia, della coppia e del luogo di lavoro i luoghi più pericolosi per le donne. Uno stupro è uno stupro, e a stuprare sono gli uomini, al di là della loro nazionalità, provenienza o estrazione sociale. Non accettiamo il ricatto della paura, le strade sicure le fanno le donne che le attraversano».
«In Italia, seppur formalmente garantito dalla legge 194 – dicono da Non una di meno – Bari – il diritto all'aborto è nei fatti progressivamente negato. L'obiezione di coscienza ha raggiunto livelli non più accettabili con una percentuale del 70% di medici obiettori nella media nazionale, con punte che superano l'80% al Sud. Condividiamo l'appello lanciato per la giornata del 28 settembre dal Movimento Non Una di Meno. A questa chiamata internazionale rispondiamo da una terra particolarmente ferita dai femminicidi, dalla violenza e dagli stupri».
«Scendiamo in piazza – proseguono – anche per dire no ai bus dell'odio nella nostra città a seminare ignoranza, intolleranza e discriminazioni. All'origine di tanta violenza, da quella fisica a quella ostetrica a quella omo-bi-transfobica, c'è proprio la cultura bigotta e clericale che le "sentinelle dell'odio" rappresentano. E si comincia dalle scuole ad avvelenare il concetto di genere ingabbiandolo in stereotipi che facilmente portano al bullismo e all'emarginazione».
«Sentiamo urgente il bisogno di contrastare questa deriva subdola e pericolosa. Noi ci saremo – sottolineano – anche per fronteggiare scelte politiche di chi ci amministra il cui concetto di accoglienza assume significati e forme differenti a seconda di chi si parli. Noi ci saremo e attraverseremo le strade della nostra città per ricordare a tutte e tutti il cammino che noi donne dobbiamo fare per auto-determinarci e per essere libere».
Alle loro parole si aggiungo quelle del comitato nazionale Non una di meno che ribadisce: «Torniamo in piazza perché: rifiutiamo la violenza maschile e la sua strumentalizzazione e rifiutiamo di essere considerate inferiori, deboli, subalterne per natura. È questo che vogliono farci credere nelle corsie degli ospedali, quando schiere di obiettori ci impediscono di scegliere quando, come e se diventare madri. È questo che ci ripetono nelle aule dei tribunali, quando nei processi per stupro diventiamo noi le imputate. È questo che scontiamo senza indipendenza economica, con i salari più bassi dei nostri colleghi, con le molestie sul lavoro, con la cura della famiglia sempre più sulle nostre spalle. È questo che fa della famiglia, della coppia e del luogo di lavoro i luoghi più pericolosi per le donne. Uno stupro è uno stupro, e a stuprare sono gli uomini, al di là della loro nazionalità, provenienza o estrazione sociale. Non accettiamo il ricatto della paura, le strade sicure le fanno le donne che le attraversano».