Notte di pasqua nei reparti Covid del Policlinico di Bari. Gli auguri sui camici degli infermieri
L'iniziativa a Medicina Interna padiglione d'Agostino
domenica 4 aprile 2021
16.47
La notte di Pasqua in corsia. Come tutte quelle precedenti. Come tutti i giorni precedenti. Con turni massacranti, con riposo pari a zero ma con la stessa quotidiana voglia di essere di aiuto e sollievo.
È così che gli infermieri di turno nel reparto di Medicina Interna Covid del padoglione d'Agostino del Policlinico di Bari hanno deciso di fare gli auguri ai pazienti. Bardati, come sempre, con solo gli occhi in grado di far riconoscere ciascuno. Sui camici bianchi, protezione dal virus, uova, conigli e un "buona Pasqua" ben visibili e leggibili dai ricoverati a cui si avvicinavano.
Perché, per chi è in reparto, da paziente o da operatore, è pur sempre un giorno di festa. Vero, sembra quasi blasfemo dirlo in un contesto di tale sofferenza, ma è comunque un giorno in più per avere speranza e fiducia.
Speranza e fiducia che arrivano proprio da questi infermieri, come tutti gli operatori sanitari italiani candidati al premio Nobel per la Pace. Ormai allo stremo ma mai stanchi di rendere speciale, nei limiti del possibile, il tempo dedicato a chi è in un letto d'ospedale. Anche, soprattutto in giornate come questa quando di consuetudine ci si incontra a casa, in famiglia, si sta insieme agli affetti più cari.
Basta vedere gli occhi di questi infermieri: stanchi sì ma mai domi. Domi di vita da salvare anche cosi, strappando un sorriso, facendo sentire a casa chi a casa non è, dando conforto a chi non può riceverlo da un parente, facendo sentire meno solo chi sta combattendo la battaglia più dura della propria esistenza.
Perché loro ci sono. Sempre. Mettendo, da oltre un anno, da parte anche le proprie vite per quelle degli altri.
È così che gli infermieri di turno nel reparto di Medicina Interna Covid del padoglione d'Agostino del Policlinico di Bari hanno deciso di fare gli auguri ai pazienti. Bardati, come sempre, con solo gli occhi in grado di far riconoscere ciascuno. Sui camici bianchi, protezione dal virus, uova, conigli e un "buona Pasqua" ben visibili e leggibili dai ricoverati a cui si avvicinavano.
Perché, per chi è in reparto, da paziente o da operatore, è pur sempre un giorno di festa. Vero, sembra quasi blasfemo dirlo in un contesto di tale sofferenza, ma è comunque un giorno in più per avere speranza e fiducia.
Speranza e fiducia che arrivano proprio da questi infermieri, come tutti gli operatori sanitari italiani candidati al premio Nobel per la Pace. Ormai allo stremo ma mai stanchi di rendere speciale, nei limiti del possibile, il tempo dedicato a chi è in un letto d'ospedale. Anche, soprattutto in giornate come questa quando di consuetudine ci si incontra a casa, in famiglia, si sta insieme agli affetti più cari.
Basta vedere gli occhi di questi infermieri: stanchi sì ma mai domi. Domi di vita da salvare anche cosi, strappando un sorriso, facendo sentire a casa chi a casa non è, dando conforto a chi non può riceverlo da un parente, facendo sentire meno solo chi sta combattendo la battaglia più dura della propria esistenza.
Perché loro ci sono. Sempre. Mettendo, da oltre un anno, da parte anche le proprie vite per quelle degli altri.