Omicidi a Japigia nel 2017, la ricostruzione dei fatti
Otto arresti eseguiti dalla Polizia di Stato a Bari, Benevento, Cagliari, Siracusa e Teramo
mercoledì 29 novembre 2023
11.23
Alle prime luci dell'alba, in Bari, Benevento, Cagliari, Siracusa e Teramo, la Polizia di Stato di Bari ha tratto in arresto, in esecuzione di un'ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal G.I.P. presso il Tribunale di Bari, su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia barese , otto pregiudicati, ritenuti responsabili, in base agli elementi acquisiti nel corso delle indagini, di due omicidi, di un tentato omicidio, di porto e detenzione di armi da guerra e di armi comuni da sparo, di favoreggiamento e ricettazione, consumati nel 2017, nel quartiere Japigia di Bari, tutti delitti aggravati dal fine di agevolare l'attività dell'associazione di tipo mafioso clan Palermiti di cui erano sodali. Con la doverosa premessa che si tratta di accertamenti compiuti nella fase delle indagini preliminari, che necessitano della successiva verifica processuale nel contraddittorio con la difesa, i due omicidi sui quali, oggi, si è fatta luce, sono quelli di Barbieri Francesco, commesso la sera del 17 gennaio, e di De Santis Nicola, consumato il pomeriggio del 12 aprile.
Barbieri Francesco, in quella serata del gennaio 2017, alla guida della propria autovettura, fu avvicinato da due sicari a bordo di uno scooter e freddato con cinque colpi di pistola, nei pressi del Liceo Scientifico Salvemini, in via Prezzolini. Dalle indagini svolte, è emerso che la vittima era a capo di una prosperosa e ramificata rete di spaccio di cocaina. Per anni, aveva acquistato la droga dal clan Palermiti, operativo nel rione Japigia, senza essere formalmente affiliato a quella organizzazione criminale. Circa un mese prima di cadere vittima dell'agguato, aveva iniziato a rifornirsi di cocaina da un altro gruppo criminale, riferibile a Busco Antonio, anch'esso operativo nel quartiere Japigia. Questa decisione gli è costata la vita.
Il gruppo criminale di Busco, al quale Barbieri si era avvicinato, non tollerò l'affronto subìto e la sera del successivo 6 marzo, in una traversa di via Peucetia, portò a termine la propria vendetta, assassinando, a colpi di arma da fuoco, Gelao Giuseppe e ferendo gravemente Palermiti Antonino. A quel punto, l'intero mondo criminale del quartiere Japigia, composto dai Parisi e dai Palermiti, avrebbe deciso di fare terra bruciata intorno al gruppo ristretto di Busco Antonio, organizzando un eclatante agguato armato, diretto all'eliminazione fisica di tutti i componenti della compagine. Tre sicari, muniti di altrettante pistole e di un fucile mitragliatore kalashnikov, si appostarono in casa di un complice, agli arresti domiciliari, in attesa del momento più opportuno per agire. Altri tre sodali, muniti di radioline, si appostarono sui terrazzi delle rispettive abitazioni, con il compito di segnalare, al commando armato, la presenza degli obiettivi. Il pomeriggio del 12 aprile, ricevuta la segnalazione della presenza dell'intero gruppo Busco in via Archimede, i tre sicari, lasciata l'abitazione del complice, a bordo di un'Alfa Romeo 147 rubata, già pronta per l'uso, raggiunsero le potenziali vittime ed esplosero decine di colpi di arma da fuoco, utilizzando le quattro armi a loro disposizione.
De Santis Nicola, uno degli obiettivi, alla guida di una moto di grossa cilindrata, tentò la fuga, inseguito dall'Alfa Romeo, anch'egli era armato di pistola, ma non riuscì a rispondere al fuoco, perché i sicari lo raggiunsero nei pressi dell'ingresso del Liceo Scientifico Salvemini e lì lo freddarono a brucia pelo. In quel frangente, un proiettile dei killers infranse anche una finestra di un'aula del citato liceo. Fortuna volle che gli studenti impegnati nelle lezioni pomeridiane, non fossero in classe al momento dell'agguato.
Il commando omicida, poi, al termine della narrata escalation criminale, raggiunse una campagna, in provincia di Bari, e con l'aiuto di un appartenente all'organizzazione criminale, diede alle fiamme l'auto utilizzata per commettere l'agguato ed i vestiti indossati, "tagliando" e sotterrando le armi impiegate per commettere l'omicidio di De Santis Nicola e la pistola utilizzata per uccidere Barbieri Francesco.
Per l'omicidio di Gelao Giuseppe ed il tentato omicidio di Palermiti Antonino, il 26 ottobre scorso, Busco Antonio è stato condannato alla pena dell'ergastolo, con l'aggravante mafiosa, dalla Corte di Assise di Bari. Ebbene, l'ordinanza cautelare, eseguita in data odierna, chiude il cerchio investigativo sui tre fatti di sangue, attraverso la ricostruzione storica degli eventi e l'individuazione di cause, movente e autori. Quattro destinatari del provvedimento cautelare, al momento dell'esecuzione, sono già ristretti in diverse carceri italiane, per altre cause.
Barbieri Francesco, in quella serata del gennaio 2017, alla guida della propria autovettura, fu avvicinato da due sicari a bordo di uno scooter e freddato con cinque colpi di pistola, nei pressi del Liceo Scientifico Salvemini, in via Prezzolini. Dalle indagini svolte, è emerso che la vittima era a capo di una prosperosa e ramificata rete di spaccio di cocaina. Per anni, aveva acquistato la droga dal clan Palermiti, operativo nel rione Japigia, senza essere formalmente affiliato a quella organizzazione criminale. Circa un mese prima di cadere vittima dell'agguato, aveva iniziato a rifornirsi di cocaina da un altro gruppo criminale, riferibile a Busco Antonio, anch'esso operativo nel quartiere Japigia. Questa decisione gli è costata la vita.
Il gruppo criminale di Busco, al quale Barbieri si era avvicinato, non tollerò l'affronto subìto e la sera del successivo 6 marzo, in una traversa di via Peucetia, portò a termine la propria vendetta, assassinando, a colpi di arma da fuoco, Gelao Giuseppe e ferendo gravemente Palermiti Antonino. A quel punto, l'intero mondo criminale del quartiere Japigia, composto dai Parisi e dai Palermiti, avrebbe deciso di fare terra bruciata intorno al gruppo ristretto di Busco Antonio, organizzando un eclatante agguato armato, diretto all'eliminazione fisica di tutti i componenti della compagine. Tre sicari, muniti di altrettante pistole e di un fucile mitragliatore kalashnikov, si appostarono in casa di un complice, agli arresti domiciliari, in attesa del momento più opportuno per agire. Altri tre sodali, muniti di radioline, si appostarono sui terrazzi delle rispettive abitazioni, con il compito di segnalare, al commando armato, la presenza degli obiettivi. Il pomeriggio del 12 aprile, ricevuta la segnalazione della presenza dell'intero gruppo Busco in via Archimede, i tre sicari, lasciata l'abitazione del complice, a bordo di un'Alfa Romeo 147 rubata, già pronta per l'uso, raggiunsero le potenziali vittime ed esplosero decine di colpi di arma da fuoco, utilizzando le quattro armi a loro disposizione.
De Santis Nicola, uno degli obiettivi, alla guida di una moto di grossa cilindrata, tentò la fuga, inseguito dall'Alfa Romeo, anch'egli era armato di pistola, ma non riuscì a rispondere al fuoco, perché i sicari lo raggiunsero nei pressi dell'ingresso del Liceo Scientifico Salvemini e lì lo freddarono a brucia pelo. In quel frangente, un proiettile dei killers infranse anche una finestra di un'aula del citato liceo. Fortuna volle che gli studenti impegnati nelle lezioni pomeridiane, non fossero in classe al momento dell'agguato.
Il commando omicida, poi, al termine della narrata escalation criminale, raggiunse una campagna, in provincia di Bari, e con l'aiuto di un appartenente all'organizzazione criminale, diede alle fiamme l'auto utilizzata per commettere l'agguato ed i vestiti indossati, "tagliando" e sotterrando le armi impiegate per commettere l'omicidio di De Santis Nicola e la pistola utilizzata per uccidere Barbieri Francesco.
Per l'omicidio di Gelao Giuseppe ed il tentato omicidio di Palermiti Antonino, il 26 ottobre scorso, Busco Antonio è stato condannato alla pena dell'ergastolo, con l'aggravante mafiosa, dalla Corte di Assise di Bari. Ebbene, l'ordinanza cautelare, eseguita in data odierna, chiude il cerchio investigativo sui tre fatti di sangue, attraverso la ricostruzione storica degli eventi e l'individuazione di cause, movente e autori. Quattro destinatari del provvedimento cautelare, al momento dell'esecuzione, sono già ristretti in diverse carceri italiane, per altre cause.