Salvini al Libertà, c'è chi dice "no". Da piazza Redentore parte la manifestazione Bari non si Lega
Dopo l'assemblea cittadina la mobilitazione nelle strade del quartiere. Il Collettivo Ex Caserma: «Rivendichiamo il nostro essere del Sud»
giovedì 13 settembre 2018
13.47
Acclamato da alcuni, contestato da altri. L'incursione di Matteo Salvini nel quartiere Libertà, prima della visita istituzionale in Fiera, ha un rovescio della medaglia. Dopo un'assemblea cittadina tenutasi in piazzetta del Redentore, da lì è partita la manifestazione Bari non si Lega, organizzata dal centro sociale Collettivo Ex Caserma Liberata per dire no alla parata del ministro degli Interni nel rione Libertà.
Nemmeno l'anticipo di una settimana della visita di Salvini a Bari, originariamente ipotizzata per il 21 settembre (data in cui comunque si svolgerà una nuova manifestazione antifascista con punto di arrivo proprio al Redentore), è riuscito a impedire l'aggregazione spontanea di chi non gradiva la presenza del leader della Lega nel capoluogo pugliese. Scortati da un cordone di Polizia e Carabinieri in assetto anti sommossa, i manifestanti hanno intrapreso la strada che, passando per via De Rossi e via Quintino Sella, li ha riportati presso il quartier generale nella ex Rossani, al grido di "siamo tutti antifascisti" e "Salvini non lo vogliamo". Un'occasione per parlare con il quartiere e fare un'opera di contro-informazione rispetto a quella offerta dal leader leghista durante il suo comizio in via Nicolai.
Una mattinata movimentata fin dalle ore precedenti all'arrivo del vice premier in città, quando la Polizia ha fatto «Irruzione in pieno stile cileno in casa di una nostra compagna senza mandato per rimuovere uno striscione esposto contro il ministro - ci dice "Poncho" del Collettivo Ex Caserma Liberata. Un'azione irregolare, perché senza mandato si può intervenire solo davanti a un legittimo sospetto di detenzione d'armi, droga ed esplosivi».
Il perché del secco "no" delle organizzazioni di sinistra alla visita di Salvini a Bari è preso detto: «È un affarista - continua "Poncho". Guardando la sua storia politica si capisce come il vento di odio razziale che sta soffiando sia in realtà solo affarismo, in un Paese che è stato impoverito dalla finanza».
Un rifiuto che si estende a tutte le forze che compongono l'attuale maggioranza di governo: «Siamo assolutamente anche anti-grillini - specifica "Poncho" - perché non sono altro che venditori di fumo. Il governo giallo-verde sta muovendo l'aria attorno a proposte che non hanno valore se non quello di una campagna elettorale permanente. Salvini sta sottraendo l'elettorato ai 5 Stelle, che sono quelli che gli hanno dato il potere, visto che con il suo 17% non avrebbe potuto combinare nulla da solo ».
La lettura critica dei movimenti della sinistra non dimentica il passato della Lega (Nord all'epoca): «Salvini non lo vogliamo perché ha passato anni a sputare odio verso il Sud, e adesso c'è qualcuno più "terrone" verso cui rivolgere l'intolleranza - commenta "Poncho". La realtà è che il leader della Lega è al servizio di poteri economici che si giovano dello sfruttamento della classe lavoratrice e che traggono beneficio dalle divisioni interne a coloro che non lavorano. Siamo scesi in piazza perché noi rivendichiamo con orgoglio il nostro essere del Sud, una terra sfruttata, saccheggiata da un'aggressione neo-coloniale. Rivendichiamo anche l'impossibilità di andare avanti senza welfare, senza servizi, con una scuola e una sanità che cadono a pezzi. A queste cose si risponde solo con sgomberi, repressione, controllo e telecamere».
La lotta, quindi, è fra la politica del "palazzo", che è entrata a far parte del gergo e della prassi anche di chi ne contestava i metodi fino allo scorso 4 marzo, e la rivendicazione "dal basso" dei diritti: «Tutti questi politicanti - conclude "Poncho" - da Monti al PD fino a Salvini, ci hanno accusati di esser bravi solo a dire "no". La realtà è, invece, che sono loro a non essere in grado di far altro se non ripetere le stesse cose. Le nostre sono proposte di solidarietà e welfare dal basso, e non possono essere soppiantate dal mero spargimento di guardie per tutta la nazione».
Nemmeno l'anticipo di una settimana della visita di Salvini a Bari, originariamente ipotizzata per il 21 settembre (data in cui comunque si svolgerà una nuova manifestazione antifascista con punto di arrivo proprio al Redentore), è riuscito a impedire l'aggregazione spontanea di chi non gradiva la presenza del leader della Lega nel capoluogo pugliese. Scortati da un cordone di Polizia e Carabinieri in assetto anti sommossa, i manifestanti hanno intrapreso la strada che, passando per via De Rossi e via Quintino Sella, li ha riportati presso il quartier generale nella ex Rossani, al grido di "siamo tutti antifascisti" e "Salvini non lo vogliamo". Un'occasione per parlare con il quartiere e fare un'opera di contro-informazione rispetto a quella offerta dal leader leghista durante il suo comizio in via Nicolai.
Una mattinata movimentata fin dalle ore precedenti all'arrivo del vice premier in città, quando la Polizia ha fatto «Irruzione in pieno stile cileno in casa di una nostra compagna senza mandato per rimuovere uno striscione esposto contro il ministro - ci dice "Poncho" del Collettivo Ex Caserma Liberata. Un'azione irregolare, perché senza mandato si può intervenire solo davanti a un legittimo sospetto di detenzione d'armi, droga ed esplosivi».
Il perché del secco "no" delle organizzazioni di sinistra alla visita di Salvini a Bari è preso detto: «È un affarista - continua "Poncho". Guardando la sua storia politica si capisce come il vento di odio razziale che sta soffiando sia in realtà solo affarismo, in un Paese che è stato impoverito dalla finanza».
Un rifiuto che si estende a tutte le forze che compongono l'attuale maggioranza di governo: «Siamo assolutamente anche anti-grillini - specifica "Poncho" - perché non sono altro che venditori di fumo. Il governo giallo-verde sta muovendo l'aria attorno a proposte che non hanno valore se non quello di una campagna elettorale permanente. Salvini sta sottraendo l'elettorato ai 5 Stelle, che sono quelli che gli hanno dato il potere, visto che con il suo 17% non avrebbe potuto combinare nulla da solo ».
La lettura critica dei movimenti della sinistra non dimentica il passato della Lega (Nord all'epoca): «Salvini non lo vogliamo perché ha passato anni a sputare odio verso il Sud, e adesso c'è qualcuno più "terrone" verso cui rivolgere l'intolleranza - commenta "Poncho". La realtà è che il leader della Lega è al servizio di poteri economici che si giovano dello sfruttamento della classe lavoratrice e che traggono beneficio dalle divisioni interne a coloro che non lavorano. Siamo scesi in piazza perché noi rivendichiamo con orgoglio il nostro essere del Sud, una terra sfruttata, saccheggiata da un'aggressione neo-coloniale. Rivendichiamo anche l'impossibilità di andare avanti senza welfare, senza servizi, con una scuola e una sanità che cadono a pezzi. A queste cose si risponde solo con sgomberi, repressione, controllo e telecamere».
La lotta, quindi, è fra la politica del "palazzo", che è entrata a far parte del gergo e della prassi anche di chi ne contestava i metodi fino allo scorso 4 marzo, e la rivendicazione "dal basso" dei diritti: «Tutti questi politicanti - conclude "Poncho" - da Monti al PD fino a Salvini, ci hanno accusati di esser bravi solo a dire "no". La realtà è, invece, che sono loro a non essere in grado di far altro se non ripetere le stesse cose. Le nostre sono proposte di solidarietà e welfare dal basso, e non possono essere soppiantate dal mero spargimento di guardie per tutta la nazione».