Scarcerato il boss Donato Laraspata: è tornato a Bari vecchia dopo 25 anni

66 anni, condannato nell'operazione "Mayer", era in carcere dal 1999. Il suo avvocato: «È una persona che ha riflettuto molto»

sabato 15 giugno 2024 13.00
A cura di Nicola Miccione
Venticinque anni dopo le porte del carcere si aprono per Donato Laraspata. «U 'Nonn» ha terminato di scontare la sua pena ed è tornato a Bari vecchia, dove ha riabbracciato «la sua famiglia - ha detto il suo legale Francesco Colonna Venisti -. È una persona che ha riflettuto e che ha scontato la sua pena fino all'ultimo».

66 anni, uomo dal pedigree criminale enorme, Laraspata giovedì scorso ha lasciato il carcere di Spoleto, dopo un lunghissimo girovagare negli istituti penitenziari d'Italia. Venticinque anni fatti di seguito. È stato in galera ininterrottamente dal 2 ottobre 1999, quando la capitolazione dell'ultimo mito del clan segnò il calare di una dinastia criminale, prima dell'avanzata del gruppo mafioso Strisciuglio che ereditò dai residui assorbiti dai Laraspata tutta la ferocia che li contraddistinse.

Donato, il più grande di quattro fratelli (Michele, tornato in libertà nel 2021, Tommaso detto «U 'Professor», e Raffaele, alias «Feluccio», che intrapresero la via del pentitismo), fu il capo di una famiglia finita nel mirino dell'Antimafia per i suoi «affari». Correva il 1993, quando i Laraspata, guidati dai fratelli Donato e Raffaele, si affacciarono sul panorama criminale cittadino. Scalpitavano per imporsi. Venivano dal borgo antico, che all'epoca era il feudo della famiglia mafiosa Capriati.

Per «avanzare di grado», dopo aver cominciato a gestire il traffico di sigarette, armi e droga dal Montenegro, furono costretti a imbracciare le armi. Iniziarono dal quartiere Libertà e dall'ormai defunto gruppo criminale Biancoli. Lo costrinsero alla resa. Quando nel 1997, però, le inchieste della magistratura barese portarono in carcere gran parte dei vertici dei gruppi baresi i vertici dei Laraspata, sgominato nel 1996 con l'operazione denominata "Mayer", si rifugiarono in Montenegro.

Il capo, Donato Laraspata fu catturato nel 1999 e condannato a 30 anni di reclusione. «Oggi è certamente una persona diversa. Ha scontato tutto fino all'ultimo». Meno di venticinque anni dopo è tornato nella città vecchia, «da sua moglie - ha detto Colonna Venisti - e dai suoi figli. Gli è passata davanti una vita: ha scontato tutta la pena, anche dei piccoli residui, e si è comportato sempre in modo estremamente corretto non soltanto nei processi, ma anche durante la carcerazione».

Non un «detenuto modello, parola un po' desueta - secondo l'avvocato -. È stato un detenuto che ha capito quale era il modo di comportarsi, una persona che ha riflettuto molto, ha patito quello che doveva patire senza dare mai problemi escandescenze e senza rifugiarsi, come hanno fatto i fratelli, nella collaborazione».