Sede Casapound resta sotto sequestro. Tribunale del Riesame: "Comportamenti usuali del disciolto partito fascista"
I giudici ricostruiscono l'aggressione del 21 settembre: "Militanti posizionati davanti al locale per porre in essere condotte violente e aggressive evocative dello squadrismo"
martedì 26 febbraio 2019
07.00
"Evocazione dell'ideologia fascista". Con queste parole i giudici del Tribunale del Riesame di Bari hanno rese note le motivazioni del provvedimento con cui il 24 gennaio scorso hanno rigettato la richiesta di dissequestro della sede di CasaPound, nel quartiere Libertà di Bari. La sede fu sequestrata l'11 dicembre 2018 su disposizione della magistratura barese nell'ambito dell'indagine della Digos sull'aggressione, nella quale il procuratore aggiunto Roberto Rossi ipotizza a carico di 30 persone, tutti militanti di CasaPound, i reati "riorganizzazione del disciolto partito fascista" e "manifestazione fascista".
Era il 21 settembre, quando alcuni rappresentanti dell'organizzazione di estrema destra aggredirono un gruppo di persone in via Eritrea, mentre stavano rincasando dopo il corteo autorizzato dalla Questura contro le politiche del governo. Il personale della Digos della Polizia di Stato ad ottobre diede quindi esecuzione alla misura cautelare del sequestro preventivo della sede del movimento in via Eritrea 29/B, come disposto dal GIP del Tribunale di Bari su richiesta della Procura della Repubblica di Bari. Oggi si apprendono le motivazioni che portano a mantenere il sequestro della struttura. "Il ricorso ad una strategia violenta di repressione di appartenenti a gruppi portatori di una diversa ideologia, - scrivono i giudici - richiama indubbiamente il metodo fascista o meglio il suo metodo di lotta". Per i giudici "nessun dubbio sussiste sulla capacità della ritualità adottata a suscitare o rafforzare nei presenti sentimenti nostalgici nei confronti del partito fascista ed operare, oggettivamente, come veicolo di proselitismo, di adesione e di consenso, concorrendo alla diffusione di concezioni favorevoli alla ricostituzione del partito fascista". "I comportamenti censurati - si legge nel provvedimento - hanno determinato un pericolo concreto e attuale di riproposizione di quel partito evocando un modus operandi tipico del movimento fascista".
I giudici inoltre ricostruiscono la sera dell'aggressione, ricordando che nella sede "solitamente frequentata da pochi soggetti, erano presenti 30 militanti, 14 dei quali provenienti da altre province pugliesi, ben consapevoli della circostanza che per quella stessa sera era prevista una manifestazione di impronta chiaramente antifascista". "E proprio quella sera, i militanti di CasaPound si erano posizionati davanti alla loro sede per poi, alla fine della manifestazione predisposta dall'ex Caserma Liberata, porre in essere condotte violente e aggressive" evocative, secondo i giudici, del "metodo che viene indicato 'squadrismo', vale a dire un'organizzazione, impiego e attività di piccole formazioni di armati non regolari (squadre d'azione) che a fini intimidatori e/o repressivi veniva utilizzato dal fascismo nei confronti degli avversari politici per affermare la propria supremazia". "Non appare dubitabile - continuano i giudici del Riesame - che vi fosse stata una preordinazione e predisposizione da parte dei militanti di CasaPound, non essendo credibile che questi ultimi per mera casualità fossero presenti, in tanti, e che per mera accidentalità si fossero schierati all'esterno della sede per poi agire al passaggio dei partecipanti alla manifestazione di ideologia antagonista". Anche "l'uso della violenza, di oggetti contundenti, cinghie, manganelli, bastoni e catene oltre a porsi in contrasto con il metodo democratico ed a mortificare i diritti inviolabili dell'uomo" evoca secondo i giudici "comportamenti usuali del disciolto partito fascista". Il Riesame parla di "passaggio dalla mera ideologia fascista, assolutamente irrilevante penalmente, ad un'azione violenta ed ideologicamente sorretta e finalizzata all'esigenza di affermazione di un equilibrio alterato" che non consente di "relegare" quell'aggressione "al rango di scontri tra contrapposte bande".
Era il 21 settembre, quando alcuni rappresentanti dell'organizzazione di estrema destra aggredirono un gruppo di persone in via Eritrea, mentre stavano rincasando dopo il corteo autorizzato dalla Questura contro le politiche del governo. Il personale della Digos della Polizia di Stato ad ottobre diede quindi esecuzione alla misura cautelare del sequestro preventivo della sede del movimento in via Eritrea 29/B, come disposto dal GIP del Tribunale di Bari su richiesta della Procura della Repubblica di Bari. Oggi si apprendono le motivazioni che portano a mantenere il sequestro della struttura. "Il ricorso ad una strategia violenta di repressione di appartenenti a gruppi portatori di una diversa ideologia, - scrivono i giudici - richiama indubbiamente il metodo fascista o meglio il suo metodo di lotta". Per i giudici "nessun dubbio sussiste sulla capacità della ritualità adottata a suscitare o rafforzare nei presenti sentimenti nostalgici nei confronti del partito fascista ed operare, oggettivamente, come veicolo di proselitismo, di adesione e di consenso, concorrendo alla diffusione di concezioni favorevoli alla ricostituzione del partito fascista". "I comportamenti censurati - si legge nel provvedimento - hanno determinato un pericolo concreto e attuale di riproposizione di quel partito evocando un modus operandi tipico del movimento fascista".
I giudici inoltre ricostruiscono la sera dell'aggressione, ricordando che nella sede "solitamente frequentata da pochi soggetti, erano presenti 30 militanti, 14 dei quali provenienti da altre province pugliesi, ben consapevoli della circostanza che per quella stessa sera era prevista una manifestazione di impronta chiaramente antifascista". "E proprio quella sera, i militanti di CasaPound si erano posizionati davanti alla loro sede per poi, alla fine della manifestazione predisposta dall'ex Caserma Liberata, porre in essere condotte violente e aggressive" evocative, secondo i giudici, del "metodo che viene indicato 'squadrismo', vale a dire un'organizzazione, impiego e attività di piccole formazioni di armati non regolari (squadre d'azione) che a fini intimidatori e/o repressivi veniva utilizzato dal fascismo nei confronti degli avversari politici per affermare la propria supremazia". "Non appare dubitabile - continuano i giudici del Riesame - che vi fosse stata una preordinazione e predisposizione da parte dei militanti di CasaPound, non essendo credibile che questi ultimi per mera casualità fossero presenti, in tanti, e che per mera accidentalità si fossero schierati all'esterno della sede per poi agire al passaggio dei partecipanti alla manifestazione di ideologia antagonista". Anche "l'uso della violenza, di oggetti contundenti, cinghie, manganelli, bastoni e catene oltre a porsi in contrasto con il metodo democratico ed a mortificare i diritti inviolabili dell'uomo" evoca secondo i giudici "comportamenti usuali del disciolto partito fascista". Il Riesame parla di "passaggio dalla mera ideologia fascista, assolutamente irrilevante penalmente, ad un'azione violenta ed ideologicamente sorretta e finalizzata all'esigenza di affermazione di un equilibrio alterato" che non consente di "relegare" quell'aggressione "al rango di scontri tra contrapposte bande".