Stop alla pesca dei ricci di mare per tre anni, presentata proposta in Regione
"Sono ormai quasi estinti nel nostro mare, e per consentirne il ripopolamento non c'è altro modo"
lunedì 24 ottobre 2022
16.14
"I ricci di mare sono ormai quasi estinti nel nostro mare, e per consentirne il ripopolamento non c'è altro modo che fermarne la pesca". Esordisce così il consigliere regionale Paolo Pagliaro, capogruppo La Puglia Domani che ha presentato una proposta di legge, dopo aver ascoltato biologi ed esperti, che è stata sottoscritta da venti altri consiglieri di tutte le forze politiche.
«Il loro prelievo è diventato così massiccio - aggiunge Pagliaro - che nell'Adriatico e nello Ionio sono praticamente scomparsi: la richiesta da parte dei ristoranti è troppo alta per consentire il ripopolamento naturale dei ricci. A lanciare l'allarme è stato uno studio scientifico condotto già due anni fa dagli studiosi dell'Istituto di Ricerca Oceanografica di Israele. Se cinquant'anni fa si potevano contare fino a dieci esemplari per metro quadrato nelle secche marine, oggi sono rarissimi e spesso di dimensioni inferiori a quelle consentite per il prelievo: 7 centimetri di diametro. Un riccio impiega dai quattro ai cinque anni per raggiungere questa grandezza, ma non gli viene dato il tempo di crescere. La Sardegna ha già adottato un provvedimento di fermo pesca prolungato dei ricci di mare, ed anche altri Paesi stanno correndo ai ripari per scongiurare l'esaurimento di altre specie marine. L'Alaska, ad esempio, ha deciso di mettere un freno alla pesca del granchio, un business da circa 200 milioni di dollari, per preservare la popolazione in netto declino: negli ultimi due anni è sparito il 90% dei granchi dai mari dell'Alaska».
«È necessario ed urgente agire anche nei nostri mari, se vogliamo salvare i ricci dalla scomparsa definitiva - prosegue il consigliere -. Con la mia proposta di legge, che ho condiviso anche con ambientalisti e associazioni di categoria, chiedo uno stop alla pesca di tre anni. Possono sembrare tanti, ma sono il minimo indispensabile per consentire il recupero degli stock e la ricostituzione della risorsa nel nostro mare territoriale, messa a rischio dal prelievo illimitato. Questo sovra sfruttamento non è più sostenibile, e già da diversi anni i ricci e la polpa di riccio serviti nei ristoranti salentini e pugliesi non provengono dai nostri mari ma da quelli di altri Paesi mediterranei come Spagna, Grecia, Portogallo, Croazia e Albania. Abbiamo dilapidato una risorsa preziosa, non solo dal punto di vista commerciale e gastronomico ma anche ambientale, perché i ricci svolgono un'insostituibile azione di pulizia dei fondali rocciosi, rimuovendo il borraccino che tende a soffocare le varie forme di vita ancorate al substrato marino.»
«Uno stop di tre anni, dunque, servirà a ridare ossigeno a questa specie in estinzione. Sono certo che la misura, per quanto impattante, non potrà che essere compresa e condivisa da tutti gli amanti dei ricci e del nostro mare. La legge prevede anche indennizzi per i pochi pescatori professionisti locali che ancora si cimentano in questo tipo di pesca, e campagne di sensibilizzazione per comprendere il senso di questo provvedimento e per educare ad un prelievo responsabile. È necessario agire sul fronte della prevenzione, oltre che della repressione con controlli serrati e rigorosi, sia nel periodo di fermo sia quando la specie si sarà ripopolata. È l'unica via per evitare di ripiombare nella situazione attuale», conclude.
«Il loro prelievo è diventato così massiccio - aggiunge Pagliaro - che nell'Adriatico e nello Ionio sono praticamente scomparsi: la richiesta da parte dei ristoranti è troppo alta per consentire il ripopolamento naturale dei ricci. A lanciare l'allarme è stato uno studio scientifico condotto già due anni fa dagli studiosi dell'Istituto di Ricerca Oceanografica di Israele. Se cinquant'anni fa si potevano contare fino a dieci esemplari per metro quadrato nelle secche marine, oggi sono rarissimi e spesso di dimensioni inferiori a quelle consentite per il prelievo: 7 centimetri di diametro. Un riccio impiega dai quattro ai cinque anni per raggiungere questa grandezza, ma non gli viene dato il tempo di crescere. La Sardegna ha già adottato un provvedimento di fermo pesca prolungato dei ricci di mare, ed anche altri Paesi stanno correndo ai ripari per scongiurare l'esaurimento di altre specie marine. L'Alaska, ad esempio, ha deciso di mettere un freno alla pesca del granchio, un business da circa 200 milioni di dollari, per preservare la popolazione in netto declino: negli ultimi due anni è sparito il 90% dei granchi dai mari dell'Alaska».
«È necessario ed urgente agire anche nei nostri mari, se vogliamo salvare i ricci dalla scomparsa definitiva - prosegue il consigliere -. Con la mia proposta di legge, che ho condiviso anche con ambientalisti e associazioni di categoria, chiedo uno stop alla pesca di tre anni. Possono sembrare tanti, ma sono il minimo indispensabile per consentire il recupero degli stock e la ricostituzione della risorsa nel nostro mare territoriale, messa a rischio dal prelievo illimitato. Questo sovra sfruttamento non è più sostenibile, e già da diversi anni i ricci e la polpa di riccio serviti nei ristoranti salentini e pugliesi non provengono dai nostri mari ma da quelli di altri Paesi mediterranei come Spagna, Grecia, Portogallo, Croazia e Albania. Abbiamo dilapidato una risorsa preziosa, non solo dal punto di vista commerciale e gastronomico ma anche ambientale, perché i ricci svolgono un'insostituibile azione di pulizia dei fondali rocciosi, rimuovendo il borraccino che tende a soffocare le varie forme di vita ancorate al substrato marino.»
«Uno stop di tre anni, dunque, servirà a ridare ossigeno a questa specie in estinzione. Sono certo che la misura, per quanto impattante, non potrà che essere compresa e condivisa da tutti gli amanti dei ricci e del nostro mare. La legge prevede anche indennizzi per i pochi pescatori professionisti locali che ancora si cimentano in questo tipo di pesca, e campagne di sensibilizzazione per comprendere il senso di questo provvedimento e per educare ad un prelievo responsabile. È necessario agire sul fronte della prevenzione, oltre che della repressione con controlli serrati e rigorosi, sia nel periodo di fermo sia quando la specie si sarà ripopolata. È l'unica via per evitare di ripiombare nella situazione attuale», conclude.