Uccisero il nipote del boss Capriati, carcere a vita per Monti e Larizzi
Domenico, nipote del boss Tonino, fu ucciso il 21 novembre 2018 nel rione Japigia di Bari: era stato appena scarcerato
mercoledì 16 ottobre 2024
23.32
La Corte d'Assise di Bari ha condannato all'ergastolo il 65enne Domenico Monti, alias «Mimmo U' biund», e il 40enne Maurizio Larizzi, detto «U' guf» per il delitto premeditato di Domenico Capriati, avvenuto nel novembre del 2018. I due sono ritenuti dagli investigatori esponenti del gruppo mafioso Capriati di Bari vecchia.
La vittima, di 49 anni, nipote del capo clan di Bari vecchia Tonino e fratello di Raffaele Capriati, ucciso l'1 aprile scorso a Torre a Mare, all'epoca dei fatti secondo gli inquirenti era il reggente del clan mafioso. Secondo la ricostruzione della Direzione Distrettuale Antimafia di Bari, coordinata dal pubblico ministero Federico Perrone Capano e dal procuratore aggiunto Francesco Giannella, l'uomo, da poco tornato libero, fu ucciso la sera del 21 novembre 2018 «con estrema violenza».
Capriati fu ucciso dai colpi esplosi da due armi, una mitraglietta calibro 7.65 ed una pistola 9x21: fu colpito da dodici colpi di mitraglietta e poi finito con un colpo alla testa mentre si trovava sotto casa sua, nel cortile della sua abitazione in via Archimede, nel quartiere Japigia. Capriati al momento dell'omicidio era insieme alla moglie e al figlio. Secondo le indagini della Squadra Mobile, Larizzi non avrebbe accettato il tentativo di Capriati di avere un ruolo di primo livello nel gruppo.
La vittima gli avrebbe fatto anche una richiesta estorsiva. 5 milioni di euro, avrebbe chiesto, perché, mentre lui era detenuto, Larizzi «facendo la malavita» aveva continuato a fare affari con la droga. Da qui la decisione di Larizzi, il mandante istigatore del delitto, e Monti, uno degli esecutori materiali, di eliminare il "rivale".
La vittima, di 49 anni, nipote del capo clan di Bari vecchia Tonino e fratello di Raffaele Capriati, ucciso l'1 aprile scorso a Torre a Mare, all'epoca dei fatti secondo gli inquirenti era il reggente del clan mafioso. Secondo la ricostruzione della Direzione Distrettuale Antimafia di Bari, coordinata dal pubblico ministero Federico Perrone Capano e dal procuratore aggiunto Francesco Giannella, l'uomo, da poco tornato libero, fu ucciso la sera del 21 novembre 2018 «con estrema violenza».
Capriati fu ucciso dai colpi esplosi da due armi, una mitraglietta calibro 7.65 ed una pistola 9x21: fu colpito da dodici colpi di mitraglietta e poi finito con un colpo alla testa mentre si trovava sotto casa sua, nel cortile della sua abitazione in via Archimede, nel quartiere Japigia. Capriati al momento dell'omicidio era insieme alla moglie e al figlio. Secondo le indagini della Squadra Mobile, Larizzi non avrebbe accettato il tentativo di Capriati di avere un ruolo di primo livello nel gruppo.
La vittima gli avrebbe fatto anche una richiesta estorsiva. 5 milioni di euro, avrebbe chiesto, perché, mentre lui era detenuto, Larizzi «facendo la malavita» aveva continuato a fare affari con la droga. Da qui la decisione di Larizzi, il mandante istigatore del delitto, e Monti, uno degli esecutori materiali, di eliminare il "rivale".