Usura, la sorella del boss Stramaglia chiede scusa: «Ho sbagliato»

La lettera con la confessione depositata in aula: lei e il figlio Francesco Giangregorio hanno lasciato gli arresti domiciliari

lunedì 5 agosto 2024 11.08
Confessano e lasciano i domiciliari. Chiara Stramaglia, sorella del boss Michelangelo, ucciso nel 2009, e il figlio Francesco Giangregorio lasciano i domiciliari ai quali erano confinati dal 19 settembre scorso per usura e tentata estorsione (quest'ultima ipotesi contestata alla donna) a carico di un commerciante del posto.

Il presidente della seconda sezione penale del Tribunale di Bari, Marco Guida, ha accolto le istanze fatte dai due avvocati Gaspare Sansevrino e Nicola Quaranta, concedendo ai due l'obbligo di dimora nel comune di Bari. Tanto sulla scorta di una ammissione di responsabilità resa per iscritto. «In questi mesi ho compreso chiaramente il disvalore delle mie azioni di cui mi pento - ha dichiarato Stramaglia - nella convinzione di aver posto una condotta illecita, seppure occasionale».

La donna è accusata insieme col figlio, di aver applicato tassi usurari a fronte di un prestito complessivo di 25mila euro concesso nel 2020 ad un commerciante, già in difficoltà a causa - dice la Procura di Bari - di un altro prestito usuraio che gli era stato dato dal pluripregiudicato Salvatore Buscemi (il boss di Valenzano coinvolto nel processo sul presunto voto di scambio mafioso alle elezioni amministrative di Bari del 2019), rispettivamente il nipote e il cugino dei due imputati.

Nelle contestazioni si fa riferimento ad interessi del 5% mensili pari al 60% annui. A processo di trova pure il marito della donna, Filippo Giangregorio per il reato di esercizio abusivo dell'attività finanziaria per un'altra vicenda: avrebbe svolto concessione di finanziamenti erogando contanti, senza essere iscritto nell'albo.