Villa Vera verrà abbattuta, Bari dimentica il suo passato
«Tutti questi luoghi potrebbero essere presi a riferimento invece stanno finendo nell'oblio»
mercoledì 31 marzo 2021
10.24
La città di Bari continua a dimenticare la sua storia. Dopo l'abbattimento della villa ex sede della Birra Peroni in via Amendola, nell'ottobre del 2018, e l'aver raso al suolo l'ex oleificio Gaslini, dopo aver detto addio allo storico palazzo in via Calefati, l'ex fabbrica di mandorle a Ceglie del Campo, l'ultima struttura che rischia di andarsene per sempre è Villa Vera in via Amendola.
La villa è privata e stando ad alcune indiscrezioni dovrebbe essere abbattuta perché "pericolante". La villa, come altre costruzioni simili, è databile tra fine ottocento e inizio 900 e ha la struttura tipica delle ville di campagna della ricca borghesia barese che aveva, su corso Sicilia in particolare, e via Amendola, diverse abitazioni estive, con i terreni che venivano coltivati. Una costruzione antica, con muri di 80-100 centimetri, volte a botte o a crociera. Una struttura che comunque «Difficilmente va giù. Bisognerebbe squarciare il tetto e far penetrare dentro acqua, ma anche in quei casi è molto difficile che possano avere una condizione tale da richiedere l'abbattimento».
Ma non c'è solo Villa Vera. Sono diverse le strutture che pur essendo simbolo della nostra storia sono a rischio di sparire per sempre. Il problema sta nel fatto che su nessuna di esse c'è un vincolo della Sovrintendenza, e quasi tutte sono private. «Quelle che residuano sono non solo su via Amendola. Di queste ce ne sono due che sono state acquisite dal patrimonio dell'Università. Una è diventata sede dell'Accademia delle Scienze, mentre l'altra è dell'Università di Agraria e sono usate per scopi culturali o altro», ci spiega Nino Greco, presidente dell'Archeoclub di Bari.
«Più avanti - aggiunge - c'è villa Bonomo, e ce ne sono altre anche sulla destra andando verso Mungivacca. L'ultima è il manufatto mezzo diroccato visibile sulla rotatoria, prima di uscire verso Taranto. Quest'ultimo è un antico convento del 600, una volta c'era un ristorante sopra. Hanno demolito il ristorante per allargare la strada e lasciato questa proprietà pubblica (appartiene al Comune, ndr) in condizioni pietose. Ci sono belle ville anche più significative in corso Sicilia, belle, ricche e dotate di parco o giardino».
Sempre su via Amendola c'è l'ex villa Capriati, che ospita Bread&Roses dal marzo 2016. Una rinascita della struttura in questo caso nata però da un atto di forza come una occupazione e solo in un secondo momento sancita da accordi con lo stesso Comune. Il problema in fondo è tutto qui, non c'è un vero progetto di recupero della storia di Bari. Nel 1996 la dottoressa Michela Tocci della Sovrintendenza avviò insieme all'architetto Cusatelli una ricognizione delle dimore storiche, l'idea era sottrarle alla devastazione. Dopo 10 anni nel 2006, l'allora sindaco Emiliano organizzò un incontro pubblico sul tema, a cui parteciparono gli allora assessori Maria Maugeri (Ambiente) e Ludovico Abbaticchio (Urbanistica) e un pool di esperti tra cui la stessa Tocci. Il lavoro della Tocci è possibile visionarlo nel volume "Ville e giardini a Bari fra ' 800 e ' 900" scritto insieme a Giuseppe Romanelli e uscito per le edizioni Adda nel 1996.
Da allora però le buone intenzioni sono rimaste lettera morta, e come sottolinea Greco: «Si è proceduto ad abbattere e costruire. A breve dovrebbe esserci anche la cancellazione del convento francescano che si trova dietro l'Executive, con la chiesetta annessa di San Gaetano. La struttura verrà demolita per fare spazio al parcheggio e alla costruzione della stazione ferroviaria, dimenticandosi così di una testimonianza preziosa della nostra storia».
«Attualmente, stanno anche costruendo due fabbricati a ridosso di una chiesetta del 700, la chiesetta di Graziamonte - aggiunge Greco - che si trova tra via Amendola e via Celso Ulpiani. Quella chiesa ha anche ipogei al di sotto, ed è riportata nella toponomastica antica, è un luogo sacro di antichissima età. Con la costruzione di questi complessi a ridosso, scavando è stato distrutto tutto quel che c'era sotto e nessuno ha detto nulla. Le mie segnalazioni sono finite nel nulla. Ci sono documenti che parlano di questa struttura come frequentata già nel quarto secolo».
«Tutti questi luoghi potrebbero essere presi a riferimento invece stanno finendo nell'oblio», conclude Greco con amarezza.
La villa è privata e stando ad alcune indiscrezioni dovrebbe essere abbattuta perché "pericolante". La villa, come altre costruzioni simili, è databile tra fine ottocento e inizio 900 e ha la struttura tipica delle ville di campagna della ricca borghesia barese che aveva, su corso Sicilia in particolare, e via Amendola, diverse abitazioni estive, con i terreni che venivano coltivati. Una costruzione antica, con muri di 80-100 centimetri, volte a botte o a crociera. Una struttura che comunque «Difficilmente va giù. Bisognerebbe squarciare il tetto e far penetrare dentro acqua, ma anche in quei casi è molto difficile che possano avere una condizione tale da richiedere l'abbattimento».
Ma non c'è solo Villa Vera. Sono diverse le strutture che pur essendo simbolo della nostra storia sono a rischio di sparire per sempre. Il problema sta nel fatto che su nessuna di esse c'è un vincolo della Sovrintendenza, e quasi tutte sono private. «Quelle che residuano sono non solo su via Amendola. Di queste ce ne sono due che sono state acquisite dal patrimonio dell'Università. Una è diventata sede dell'Accademia delle Scienze, mentre l'altra è dell'Università di Agraria e sono usate per scopi culturali o altro», ci spiega Nino Greco, presidente dell'Archeoclub di Bari.
«Più avanti - aggiunge - c'è villa Bonomo, e ce ne sono altre anche sulla destra andando verso Mungivacca. L'ultima è il manufatto mezzo diroccato visibile sulla rotatoria, prima di uscire verso Taranto. Quest'ultimo è un antico convento del 600, una volta c'era un ristorante sopra. Hanno demolito il ristorante per allargare la strada e lasciato questa proprietà pubblica (appartiene al Comune, ndr) in condizioni pietose. Ci sono belle ville anche più significative in corso Sicilia, belle, ricche e dotate di parco o giardino».
Sempre su via Amendola c'è l'ex villa Capriati, che ospita Bread&Roses dal marzo 2016. Una rinascita della struttura in questo caso nata però da un atto di forza come una occupazione e solo in un secondo momento sancita da accordi con lo stesso Comune. Il problema in fondo è tutto qui, non c'è un vero progetto di recupero della storia di Bari. Nel 1996 la dottoressa Michela Tocci della Sovrintendenza avviò insieme all'architetto Cusatelli una ricognizione delle dimore storiche, l'idea era sottrarle alla devastazione. Dopo 10 anni nel 2006, l'allora sindaco Emiliano organizzò un incontro pubblico sul tema, a cui parteciparono gli allora assessori Maria Maugeri (Ambiente) e Ludovico Abbaticchio (Urbanistica) e un pool di esperti tra cui la stessa Tocci. Il lavoro della Tocci è possibile visionarlo nel volume "Ville e giardini a Bari fra ' 800 e ' 900" scritto insieme a Giuseppe Romanelli e uscito per le edizioni Adda nel 1996.
Da allora però le buone intenzioni sono rimaste lettera morta, e come sottolinea Greco: «Si è proceduto ad abbattere e costruire. A breve dovrebbe esserci anche la cancellazione del convento francescano che si trova dietro l'Executive, con la chiesetta annessa di San Gaetano. La struttura verrà demolita per fare spazio al parcheggio e alla costruzione della stazione ferroviaria, dimenticandosi così di una testimonianza preziosa della nostra storia».
«Attualmente, stanno anche costruendo due fabbricati a ridosso di una chiesetta del 700, la chiesetta di Graziamonte - aggiunge Greco - che si trova tra via Amendola e via Celso Ulpiani. Quella chiesa ha anche ipogei al di sotto, ed è riportata nella toponomastica antica, è un luogo sacro di antichissima età. Con la costruzione di questi complessi a ridosso, scavando è stato distrutto tutto quel che c'era sotto e nessuno ha detto nulla. Le mie segnalazioni sono finite nel nulla. Ci sono documenti che parlano di questa struttura come frequentata già nel quarto secolo».
«Tutti questi luoghi potrebbero essere presi a riferimento invece stanno finendo nell'oblio», conclude Greco con amarezza.