A Bari ospite Marco Rossani, l'incordatore di Rafa Nadal: «Vi spiego i segreti di quest'arte»
Chiacchierata con uno dei più stimati professionisti del mondo del tennis, intervenuto nel negozio Smash Tennis Specialist
domenica 25 novembre 2018
09.00
Per chi gioca a tennis, tanto a livello di circuito maggiore quanto a livello amatoriale o semi-professionistico, avere una buona racchetta, uno strumento che sia appendice tutt'uno con il braccio di chi la impugna, è elemento fondamentale per conseguire i risultati. Ecco, quindi, che il ruolo dell'inconrdatore è di primaria importanza: giusta tensione e qualità dei materiali permettono a chi scende sul "court" di sentire la racchetta nella mano e colpire la palla esattamente come si desidera.
Fra i migliori incordatori del circuito ATP e WTA, nonché dei tornei dello Slam organizzati dall'ITF, spicca l'italiano Marco Rossani, che assiste campioni della racchetta come Rafa Nadal, Kei Nishikori, Sasha Zverev, Serena Williams e Fabio Fognini. Ieri mattina lo stimato professionista dell'incordatura è stato ospite presso il punto vendita Smash Tennis Specialist di Bari, per un workshop gratuito in cui ha spiegato agli appassionati di questo sport i segreti di quella che è a tutti gli effetti un'arte, ma per molti versi anche una scienza esatta.
«Confermo il fatto che si tratti di una vera e propria arte - dice Rossani, intervistato da BariViva. Io personalmente ho sempre considerato l'incordatura non un lavoro ma un vero e proprio mestiere, un insieme di arte e capacità tecnica. Questa attività è molto cambiata, si è evoluta insieme alle esigenze dei consumatori e dei giocatori. L'incordatore professionista deve adeguarsi ed essere sempre adeguatamente informato».
Non esiste, infatti, una "corda perfetta" per la racchetta da tennis; esiste, però, lo studio dei materiali e la capacità di saperli adattare al meglio allo strumento. «La corda perfetta - continua Rossani - la si ottiene creando un corretto set-up, abbinando il tipo di corda alla tensione, al calibro e alla costruzione. Elementi che sono strettamente legati alla struttura che accoglierà l'incordatura, ovvero il telaio della racchetta. Le variabili che entrano in gioco sono tantissime, così come le aspettative e le esigenze dell'utilizzatore».
E non è, dunque, nemmeno lo stile di gioco a dettare le regole dell'incordatura. La differenza, per esempio, fra la racchetta di John Isner e quella di Novak Djokovic non sta nel fatto che stiamo parlando, rispettivamente, del miglior servizio e della miglior risposta sul circuito, ma nelle sensazioni dei singoli tennisti, estremamente variabili come le condizioni di gioco. Rossani spiega: «L'incordatura è un fattore determinante nel funzionamento della racchetta, composta di corda e telaio. La corda è la massima espressione della percezione che ha il giocatore sulla palla; non esiste un set-up per stile di gioco, ma esiste un set-up che fa funzionare correttamente la racchetta del giocatore, in base a quello che chi impugna lo strumento gradisce di più. Fra i pro non ci sono delle differenze dettate da delle regole; ci si basa su quelle che sono le loro percezioni. Tant'è che variando il clima, la temperatura, la superficie di gioco e anche il continente loro adattano le incordature alle loro esigenze».
Un esempio per tutti: Rafael Nadal, vincitore di 17 titoli dello Slam, uno dei tennisti più forti di sempre. Lui si affida a Marco Rossani per creare il suo strumento perfetto: «Lui usa una Babolat, marchio francese molto diffuso - racconta Rossani. Come tutti i giocatori, anche Nadal ha delle racchette "custom", personalizzate in base alle esigenze. In molti casi si tratta di veri e propri "paint job", cosmetiche applicate a racchette che non sono "commercial". L'incordatura in questo caso è molto semplice: si tratta di una corda molto rigida, di grosso calibro, con una tensione di 25 chili. Nulla di particolarmente impegnativo».
Parlando di tempi di lavoro su ogni singola racchetta, Rossani spiega: «Un incordatore professionale certificato viaggia mediamente introno ai 20/22 minuti a incordatura. Con il "player on court", quando il giocatore richiede la racchetta, si può scendere anche 15 minuti, anche se non è mai consigliabile eseguire il lavoro sotto la soglia dei 18/15 minuti, altrimenti l'incordatura non sarebbe fatta bene. La costanza è una delle caratteristiche fondamentali richieste dai giocatori: massima qualità, costante nel tempo, nel minor tempo possibile».
Entrando nello specifico dei tennisti italiani, Rossani racconta che «Non hanno particolari richieste. A Roma seguo sempre Fabio Fognini e anche la sua è un'incordatura molto semplice. Ogni tanto si lamenta - come fanno anche tanti altri - del calo di tensione, ma questo è dovuto alla variazione delle condizioni climatiche. Con lui, e con tanti altri giocatori, dobbiamo assecondare gli orari di produzione: si tende a far le racchette il più tardi possibile per mantenere la tensione. Questo se sono richieste la sera; di mattina, invece, bisogna osservare orari prestabiliti. I tennisti stanno diventando un po' "viziati" - dice Rossani col sorriso - richiedendo le incordature a orari prestabiliti».
Marco Rossani, unico italiano nel team degli incordatori di Wimbledon, racconta con entusiasmo le esperienze vissute a South-West 19: «Lavorare a Wimbledon è sempre emozionante. Sono lì da 5 anni e ogni volta che varco quella soglia mi dà grandi emozioni. Ho dei colleghi che ci lavorano da 21 anni e raccontano che ogni volta che entrano a Wimbledon gli manca un po' il fiato», conclude Rossani.
Fra i migliori incordatori del circuito ATP e WTA, nonché dei tornei dello Slam organizzati dall'ITF, spicca l'italiano Marco Rossani, che assiste campioni della racchetta come Rafa Nadal, Kei Nishikori, Sasha Zverev, Serena Williams e Fabio Fognini. Ieri mattina lo stimato professionista dell'incordatura è stato ospite presso il punto vendita Smash Tennis Specialist di Bari, per un workshop gratuito in cui ha spiegato agli appassionati di questo sport i segreti di quella che è a tutti gli effetti un'arte, ma per molti versi anche una scienza esatta.
«Confermo il fatto che si tratti di una vera e propria arte - dice Rossani, intervistato da BariViva. Io personalmente ho sempre considerato l'incordatura non un lavoro ma un vero e proprio mestiere, un insieme di arte e capacità tecnica. Questa attività è molto cambiata, si è evoluta insieme alle esigenze dei consumatori e dei giocatori. L'incordatore professionista deve adeguarsi ed essere sempre adeguatamente informato».
Non esiste, infatti, una "corda perfetta" per la racchetta da tennis; esiste, però, lo studio dei materiali e la capacità di saperli adattare al meglio allo strumento. «La corda perfetta - continua Rossani - la si ottiene creando un corretto set-up, abbinando il tipo di corda alla tensione, al calibro e alla costruzione. Elementi che sono strettamente legati alla struttura che accoglierà l'incordatura, ovvero il telaio della racchetta. Le variabili che entrano in gioco sono tantissime, così come le aspettative e le esigenze dell'utilizzatore».
E non è, dunque, nemmeno lo stile di gioco a dettare le regole dell'incordatura. La differenza, per esempio, fra la racchetta di John Isner e quella di Novak Djokovic non sta nel fatto che stiamo parlando, rispettivamente, del miglior servizio e della miglior risposta sul circuito, ma nelle sensazioni dei singoli tennisti, estremamente variabili come le condizioni di gioco. Rossani spiega: «L'incordatura è un fattore determinante nel funzionamento della racchetta, composta di corda e telaio. La corda è la massima espressione della percezione che ha il giocatore sulla palla; non esiste un set-up per stile di gioco, ma esiste un set-up che fa funzionare correttamente la racchetta del giocatore, in base a quello che chi impugna lo strumento gradisce di più. Fra i pro non ci sono delle differenze dettate da delle regole; ci si basa su quelle che sono le loro percezioni. Tant'è che variando il clima, la temperatura, la superficie di gioco e anche il continente loro adattano le incordature alle loro esigenze».
Un esempio per tutti: Rafael Nadal, vincitore di 17 titoli dello Slam, uno dei tennisti più forti di sempre. Lui si affida a Marco Rossani per creare il suo strumento perfetto: «Lui usa una Babolat, marchio francese molto diffuso - racconta Rossani. Come tutti i giocatori, anche Nadal ha delle racchette "custom", personalizzate in base alle esigenze. In molti casi si tratta di veri e propri "paint job", cosmetiche applicate a racchette che non sono "commercial". L'incordatura in questo caso è molto semplice: si tratta di una corda molto rigida, di grosso calibro, con una tensione di 25 chili. Nulla di particolarmente impegnativo».
Parlando di tempi di lavoro su ogni singola racchetta, Rossani spiega: «Un incordatore professionale certificato viaggia mediamente introno ai 20/22 minuti a incordatura. Con il "player on court", quando il giocatore richiede la racchetta, si può scendere anche 15 minuti, anche se non è mai consigliabile eseguire il lavoro sotto la soglia dei 18/15 minuti, altrimenti l'incordatura non sarebbe fatta bene. La costanza è una delle caratteristiche fondamentali richieste dai giocatori: massima qualità, costante nel tempo, nel minor tempo possibile».
Entrando nello specifico dei tennisti italiani, Rossani racconta che «Non hanno particolari richieste. A Roma seguo sempre Fabio Fognini e anche la sua è un'incordatura molto semplice. Ogni tanto si lamenta - come fanno anche tanti altri - del calo di tensione, ma questo è dovuto alla variazione delle condizioni climatiche. Con lui, e con tanti altri giocatori, dobbiamo assecondare gli orari di produzione: si tende a far le racchette il più tardi possibile per mantenere la tensione. Questo se sono richieste la sera; di mattina, invece, bisogna osservare orari prestabiliti. I tennisti stanno diventando un po' "viziati" - dice Rossani col sorriso - richiedendo le incordature a orari prestabiliti».
Marco Rossani, unico italiano nel team degli incordatori di Wimbledon, racconta con entusiasmo le esperienze vissute a South-West 19: «Lavorare a Wimbledon è sempre emozionante. Sono lì da 5 anni e ogni volta che varco quella soglia mi dà grandi emozioni. Ho dei colleghi che ci lavorano da 21 anni e raccontano che ogni volta che entrano a Wimbledon gli manca un po' il fiato», conclude Rossani.