Bari 114: una lunga storia di gioia, dolore e passione
Buon compleanno ai colori biancorossi, fra ritrovata fiducia e incertezza per il futuro
sabato 15 gennaio 2022
11.10
Era il 15 gennaio 1908 quando, nel retrobottega di un magazzino in via Roberto da Bari, il portiere austriaco Floriano Ludwig fondava la Foot-ball club Bari. Esattamente 114 anni fa iniziava la storia del Bari calcio, dei colori biancorossi come lo stemma di una città che con la sua squadra di pallone, negli anni, ha finito per identificarsi. Un percorso dialettico, in cui l'unità è passata inevitabilmente attraverso l'alternarsi di distacchi e riavvicinamenti.
Sì, perché la storia d'amore fra la Bari e i baresi quasi mai è stata rettilinea. Tanti tormenti, molti dolori e poche soddisfazioni. Perché va detto: quella del Bari non è una storia vincente. Nella bacheca del galletto compare una Mitropa Cup, vinta nel 1990, e pochissimo altro. Tifare Bari significa non stare dalla parte di chi vince; questo è sempre stato chiaro a chi ha – fin da bambino – raccolto la fede biancorossa dai propri genitori.
Un'eredità per tanti versi "scomoda", ingombrante. Ma, d'altra parte, si sa: tifare per le "piccole" è una strada tortuosa, complicata per definizione. E, quindi, non è un caso che l'amore di Bari per la sua Bari sia stato più volte elevato a simbolo dell'unione fra la citta, la tifoseria e la squadra locale. «Bari merita di stare nelle massime categorie»: una frase che abbiamo sentito talmente tante volte, pronunciata da allenatori, calciatori, direttori sportivi e presidenti in questi 114 lunghi anni di storia, fino quasi a svuotarla di senso.
Eppure è vero: Bari merita le categorie superiori. Bari rappresenta una storia di categoria superiore. E, si badi, non è un vuoto tentativo di autocelebrazione. No, perché la "piazza" di Bari ha dimostrato con i fatti quel che vale. Basta tornare indietro appena al 20 ottobre scorso, quando al San Nicola in 20mila cuori biancorossi si sono dati appuntamento per sostenere i galletti nel derby con il Foggia. Una partita di serie C che ha richiamato allo stadio un pubblico che un buon 80% degli stadi di serie A semplicemente si sogna.
E allora sì, diciamolo forte: «Bari merita le categorie superiori». È un merito che reclamiamo da tanto, troppo, tempo, ma che i nostri destini grami e infelici continuano a negarci. In questi 114 anni su Bari e sul Bari si sono posati gli occhi di tanti; uno sguardo troppo volte "predatorio", opportunistico, incapace di intravvedere le molteplici opportunità che offre un territorio caldo, appassionato e alla disperata ricerca di riscatto.
Fa ancora molto male riavvolgere il nastro e tornare indietro a quel disgraziato luglio del 2018, quando il Bari conobbe il secondo fallimento in quattro anni; quella volta fu decisivo. I colori biancorossi scomparvero dalla geografia del calcio professionistico italiano, ma la sciagura di quella presidenza non riuscì a cancellare il fattore costante che ha attraversato questi 114 anni: la passione dei baresi per il Bari.
Non c'è un motivo, non c'è una spiegazione. «Tanto non capirai», cantano gli ultras centrando il punto: l'amore per il Bari è un'intuizione del cuore, non una deduzione della ragione. Serie A, serie B, serie C, fino al baratro del calcio dilettantistico: la nostra è storia di tanti bassi e pochi alti. Ma ogni successo, ogni gioia, ogni piccolo trionfo ce lo siamo guadagnati con fatica e sudore, e ce lo siamo goduti come se fosse il più prezioso dei gioielli. Abbiamo celebrato un'eliminazione in semifinale playoff come se fosse un trionfo internazionale: il senso di essere biancorossi sta, in fondo, tutto qui.
E ora? C'è una storia ancora tutta da scrivere. Il presente fa rima con la famiglia De Laurentiis, che ha preso il Bari dalle ceneri, l'ha riportato fra i professionisti, però ha anche collezionato cocenti delusioni. Ma la musica sembra cambiata: il Bari è primo in classifica, vince e finalmente convince. La società ha capito – dopo tanti errori – che Bari non vuole essere la "costola" di nessuno, e il lavoro della coppia Polito-Mignani sta dando dei frutti che lasciano sperare in qualcosa di più grande.
Come andrà a finire nessuno lo sa. La nostra epopea si arricchisce di un nuovo mistero: la data del 2024, quando i De Laurentiis dovranno scegliere fra Bari e Napoli. I pronostici non sono dalla nostra parte, ma due anni sono lunghi e tutto può cambiare. Ciò che, però, non cambia è il filo (bianco)rosso che ci riporta a quel 15 gennaio di 114 anni fa: Bari e la Bari, un amore che non finirà.
Sì, perché la storia d'amore fra la Bari e i baresi quasi mai è stata rettilinea. Tanti tormenti, molti dolori e poche soddisfazioni. Perché va detto: quella del Bari non è una storia vincente. Nella bacheca del galletto compare una Mitropa Cup, vinta nel 1990, e pochissimo altro. Tifare Bari significa non stare dalla parte di chi vince; questo è sempre stato chiaro a chi ha – fin da bambino – raccolto la fede biancorossa dai propri genitori.
Un'eredità per tanti versi "scomoda", ingombrante. Ma, d'altra parte, si sa: tifare per le "piccole" è una strada tortuosa, complicata per definizione. E, quindi, non è un caso che l'amore di Bari per la sua Bari sia stato più volte elevato a simbolo dell'unione fra la citta, la tifoseria e la squadra locale. «Bari merita di stare nelle massime categorie»: una frase che abbiamo sentito talmente tante volte, pronunciata da allenatori, calciatori, direttori sportivi e presidenti in questi 114 lunghi anni di storia, fino quasi a svuotarla di senso.
Eppure è vero: Bari merita le categorie superiori. Bari rappresenta una storia di categoria superiore. E, si badi, non è un vuoto tentativo di autocelebrazione. No, perché la "piazza" di Bari ha dimostrato con i fatti quel che vale. Basta tornare indietro appena al 20 ottobre scorso, quando al San Nicola in 20mila cuori biancorossi si sono dati appuntamento per sostenere i galletti nel derby con il Foggia. Una partita di serie C che ha richiamato allo stadio un pubblico che un buon 80% degli stadi di serie A semplicemente si sogna.
E allora sì, diciamolo forte: «Bari merita le categorie superiori». È un merito che reclamiamo da tanto, troppo, tempo, ma che i nostri destini grami e infelici continuano a negarci. In questi 114 anni su Bari e sul Bari si sono posati gli occhi di tanti; uno sguardo troppo volte "predatorio", opportunistico, incapace di intravvedere le molteplici opportunità che offre un territorio caldo, appassionato e alla disperata ricerca di riscatto.
Fa ancora molto male riavvolgere il nastro e tornare indietro a quel disgraziato luglio del 2018, quando il Bari conobbe il secondo fallimento in quattro anni; quella volta fu decisivo. I colori biancorossi scomparvero dalla geografia del calcio professionistico italiano, ma la sciagura di quella presidenza non riuscì a cancellare il fattore costante che ha attraversato questi 114 anni: la passione dei baresi per il Bari.
Non c'è un motivo, non c'è una spiegazione. «Tanto non capirai», cantano gli ultras centrando il punto: l'amore per il Bari è un'intuizione del cuore, non una deduzione della ragione. Serie A, serie B, serie C, fino al baratro del calcio dilettantistico: la nostra è storia di tanti bassi e pochi alti. Ma ogni successo, ogni gioia, ogni piccolo trionfo ce lo siamo guadagnati con fatica e sudore, e ce lo siamo goduti come se fosse il più prezioso dei gioielli. Abbiamo celebrato un'eliminazione in semifinale playoff come se fosse un trionfo internazionale: il senso di essere biancorossi sta, in fondo, tutto qui.
E ora? C'è una storia ancora tutta da scrivere. Il presente fa rima con la famiglia De Laurentiis, che ha preso il Bari dalle ceneri, l'ha riportato fra i professionisti, però ha anche collezionato cocenti delusioni. Ma la musica sembra cambiata: il Bari è primo in classifica, vince e finalmente convince. La società ha capito – dopo tanti errori – che Bari non vuole essere la "costola" di nessuno, e il lavoro della coppia Polito-Mignani sta dando dei frutti che lasciano sperare in qualcosa di più grande.
Come andrà a finire nessuno lo sa. La nostra epopea si arricchisce di un nuovo mistero: la data del 2024, quando i De Laurentiis dovranno scegliere fra Bari e Napoli. I pronostici non sono dalla nostra parte, ma due anni sono lunghi e tutto può cambiare. Ciò che, però, non cambia è il filo (bianco)rosso che ci riporta a quel 15 gennaio di 114 anni fa: Bari e la Bari, un amore che non finirà.