Bari 115, un compleanno pieno di gioia. Ora sognare è un dovere

Anniversario con il sorriso in casa biancorossa. Una partita perfetta, ora dal mercato si aspetta il regalo

domenica 15 gennaio 2023 10.22
A cura di Riccardo Resta
Era il 15 gennaio 1908, quando il portiere austriaco Floriano Ludwig fondava la Foot ball club Bari, nel retro di una bottega in via Roberto da Bari. Da quel giorno a oggi sono passati 115 anni esatti: di mezzo c'è stata la transizione dal femminile (la Bari) al maschile (il Bari), un'epopea fatta di gloriosi successi e di rovinose disfatte, fino a un fallimento ignominioso e alla difficile risalita dal fango del dilettantismo.

Ma questo non è un compleanno da dedicare alla glorificazione della storia monumentale, e neanche da sacrificare alla nostalgia di un culto antiquario. No, oggi è il momento di prendere la rincorsa nel passato per attraversare il presente e progettare il futuro. La storia recentissima del Bari, per ora, si è fermata a un clamoroso 4-0 inferto all'ambizioso Parma tra le mura amiche del San Nicola. Non una rarità, per questo Bari, ma beninteso neanche un'abitudine. Sì, perché dei biancorossi di Mignani si è spesso detto che diano il meglio di loro lontano da casa, ma i galletti ce la stanno mettendo tutta per allargare il raggio anche al rendimento interno. E la vittoria sul Parma serve anche a sfatare il tabù che vedeva il Bari a digiuno di successi contro le prime otto della classifica, una statistica oziosa che però piaceva molto per alimentare una conversazione altrettanto oziosa.

Ma, a parte il clamore del risultato, a rendere l'anniversario gioioso è la prestazione pressoché perfetta dei biancorossi, che annichiliscono una delle squadre più forti del campionato. Mignani fa il Mignani, e non abbandona la modestia proverbiale che lo contraddistingue: si può allenare tutto, ma non l'imprevisto. Contro il Genoa, davanti ai 50mila del San Nicola, il mezzo rimpallo aveva costretto il Bari a fare la partita di rincorsa dopo 2', ma quello che la Fortuna toglie, a volte te lo ridà indietro. Stavolta è il Parma a pagare le conseguenze dell'avvio sciagurato, trovandosi sotto dopo 5' di gioco. Certo, la squadra di Pecchia paga le fatiche della quasi impresa contro l'Inter a San Siro in coppa Italia, ma resta il fatto che il Bari gioca che è un piacere e i ducali praticamente nel primo tempo non la beccano mai.



Sulla copertina di questo gioioso trionfo c'è il faccione sorridente di Walid Cheddira, che si toglie l'enorme soddisfazione di bucare tre volte Buffon (il miglior portiere di sempre) e di spianare la strada verso un successo che neanche il tifoso più ottimista poteva preventivare in queste proporzioni, soprattutto dopo la pausa invernale. E non fa niente se la Lega B gli toglie la paternità della prima marcatura, registrata dalla previdente burocrazia pallonara come autogoal di Balogh; lui lo stesso si presenta in sala stampa con il pallone della gara e un bel segno "tre" con le dita. D'altra parte, i cavilli regolamentari sono nemici delle storie romantiche; e quella di Cheddira sì che è una storia romantica… Ma avevo promesso niente retorica: gli aggettivi per questo ragazzo sono già stati sprecati tutti, non val la pena riaprire il vocabolario dall'inizio.

In secondo piano, come nel suo stile, c'è però anche il volto pensoso di Mignani, autore di un altro capolavoro. Alzi la mano chi non ha storto il naso a leggere il nome di Ceter tra i titolari in distinta, e quelli di Botta e Antenucci relegati nel box delle panchine. Eppure, anche stavolta, il tecnico genovese l'ha azzeccata: l'attaccante colombiano non sarà un campione di tecnica, questo sì, ma corre, si impegna e lotta come un leone. Il suo strapotere fisico si combina alla perfezione con le cavalcate di Cheddira e Folorunsho, che si gettano negli spazi che il Marcantonio ex Cagliari apre con la sua fisicità "armadiesca". E, va detto anche questo, non era facile per Mignani scommettere su di lui, dopo tanti infortuni, un impiego assai incostante, una condizione difficile da trovare. Eppure il tecnico ha saputo tenerlo vivo, sul pezzo; i risultati si vedono. Esattamente come sta facendo con Bellomo e Salcedo, i due che confezionano il goal del punto esclamativo nel recupero, e come ha fatto con Mazzotta, da esubero reintegrato quasi per caso a titolare di certo affidamento.



Insomma, il Bari è tornato a girare come un orologio: i meccanismi sono oliati, il giocattolo funziona, diverte e fa divertire. L'azione di prima dei giganteschi Benedetti, Maiello, Maita e Cheddira che porta al primo rigore è il paradigma di un calcio veloce ed efficace, di tecnica sì, ma mai fine a se stessa. Oggi, come ha detto lo stesso mister, è il momento di levare i calici e brindare a 115 anni di una storia che è ancora ben lungi dal dirsi compiuta. Forse, però, più avanti sarà il momento di pensare a come vincere anche le partite sporche, quelle che ti porti a casa con un goal di differenza dopo aver stretto i denti e sofferto per 90'. Ma più avanti…

Già, perché ora è il momento di lasciare la storia per un attimo nel cassetto e aprire il libro della cronaca. Non si sa come andrà a finire, ma l'imperativo - adesso - è uno solo: bisogna provarci, e sul serio. Il mercato finora ha visto uscire gli esuberi (non tutti, ma una buona parte), per far posto a qualcosa che sia più utile. Il Bari, come accennato su, non ha bisogno di intervenire sui titolari: la squadra c'è, va bene, il gruppo è forte, posto che Caprile e Cheddira a gennaio non possono e non e non devono essere persi. Servirebbe giusto qualcuno di quei puntelli che ha indicato Mignani alla vigilia (un vice Maiello in regia, una mezzala sinistra che dia il cambio a Benedetti, un attaccante che completi il reparto, se c'è la possibilità anche qualcosa sulle fasce); niente di che, il minimo indispensabile per rincorrere il sogno di una clamorosa promozione in A. Il secondo posto è lontano appena tre lunghezze, sarebbe innaturale non avere il desiderio di allungare una mano e provare a prenderlo. O, quantomeno, sarebbe delittuoso non pensare di poter centrare un ottimo piazzamento playoff e giocarsela agli spareggi con la serenità di chi non deve, ma fortemente vuole.

Sì, perché con 33 punti ormai non ci si può più nascondere. Mignani parla ancora di obiettivo salvezza da raggiungere, ma forse non ci crede neanche lui fino in fondo; fino all'altro giorno alla parola "sogno" tutti facevano seguire un punto interrogativo, adesso però quello stesso sogno è diventato un dovere da inseguire fino all'ultimo secondo. Un po' di storia è giusto tenerla a mente per ricordarsi da dove si è venuti, quanti bocconi amari sono stati buttati giù, e quanta voglia c'è di tornare a pensare in grande. La risposta clamorosa (anche se con i soliti alti e bassi, ma quelli ci stanno e fanno parte della giusta dialettica sportiva) del tifo barese è una grande vittoria di Mignani, di Polito, della squadra e della proprietà, ma è anche un segnale chiaro ai De Laurentiis: facciamo tutto il possibile per arrivare a fine stagione senza rimpianti e con un sogno vivo nel cuore. Certo, ci sono squadre più forti ed esperte, meglio organizzate e che si rafforzeranno di più sul mercato; ma il Bari ha dimostrato che nulla è precluso a chi ha spirito e buona volontà, oltre che indiscutibili qualità tecniche e morali.

Oggi è un compleanno bello, felice, «Pien di speme e di gioia», giusto per citare il poeta immortale Leopardi. Serve anche un bel regalo, un piccolo sforzo per permettere a Bari di cullare l'ambizione di tornare dove la piazza sente di meritare. E se anche il problema (gigantesco) della multiproprietà sembra essere finito quasi in second'ordine nell'animo dei tifosi biancorossi, allora vuol dire che questo sogno vale la pena di essere cavalcato fino in fondo. Buon compleanno Bari.