Bari, a grandi passi verso il disastro

I biancorossi perdono ancora. Iachini in confusione, la C è a un centimetro

sabato 6 aprile 2024 0.37
A cura di Riccardo Resta
Il fuoco dell'inferno è a meno di un passo. Il Bari, a grandi falcate, si sta consegnando mani e piedi alla retrocessione in serie C; se fino a ieri il baratro sembrava un'angosciosa paura, oggi appare come il più concreto degli spettri. I biancorossi colano a picco anche in casa, contro la Cremonese: la sconfitta 1-2 al San Nicola, nell'anticipo della 32ma giornata, tratteggia contorni che lasciano solo un enorme senso di inquietudine, di agonia senza fine.

Commentare la partita sarebbe anche un esercizio inutile. L'ennesimo avvio di gara disastroso condanna il Bari, già sotto al 1' con la goffa autorete di Maiello, recuperato dall'inizio per sostituire il febbricitante Benali, uno dei pochissimi di cui proprio non si può fare a meno. Mister Beppe Iachini, in confusione totale, prende una lezione magistrale dal più giovane collega Fabio Pecchia: la Cremonese, squadra vera che può permettersi il lusso di lasciare in panchina elementi come Zanimacchia e Coda, entra come una lama calda nel burro squagliato della difesa biancorossa. La mossa del tecnico grigiorosso spacca a metà il fragilissimo equilibrio degli undici galletti in campo: Tsadjout è una scheggia impazzita, che il centrocampo monopasso e la retroguardia imbarazzante di Iachini non riescono mai a prendere.

L'attaccante grigiorosso mette il suo zampino sia nell'autorete di Maiello che nel goal del tarantino Collocolo nella ripresa, facendosi beffe di un avversario totalmente in balia delle onde. E dire che, dopo la doccia ghiacciata del pronti-via, il Bari ci proverebbe anche, senza però cavare un rango dal buco a causa della solita, penosa, sterilità offensiva. Iachini lascia in panchina il fantasma di Puscas (attaccante pagato a peso d'oro, neanche un minuto in campo con il risultato fa recuperare fin dall'inizio) per rilanciare Diaw da titolare, e proprio l'ex Modena impensierisce il portiere avversario Jungdal, chiamato a una parata di puro istinto, replicata poi su Di Cesare, ancora una volta il più pericoloso (un difensore di 41 anni, ed è tutto dire). Poco, troppo poco, per impensierire una Cremonese che veniva sì da due sconfitte di fila, ma che al San Nicola legittima pienamente la vittoria al cospetto di questo Bari, che neanche in cento vite potrebbe avvicinare il livello dei lombardi.

Lo specchio della confusione totale in cui versano mister e squadra (che si aggiungono alla catena di errori commessi dalla proprietà De Laurentiis e dal direttore sportivo Polito) emerge chiarissimo dalla gestione tattica del match. La scelta, dopo lo svantaggio e lo strapotere della Cremo, di arretrare Lulic sulla linea dei difensori, passando a tre, è il termometro di una gestione tecnica che non sa più da dove attingere, dopo aver raschiato - senza esito - il fondo del barile. Il croato, già dimostratosi ampiamente insufficiente in linea mediana, con l'arretramento in difesa denuncia con ancor più evidenza il suo ritardo di condizione fisica; Jhonsen e Tsadjout (e poi Falletti nella ripresa) fanno quello che gli pare, e nessuno (né Ricci né tantomeno Pucino) riesce a fermarli.

L'assalto finale, che porta al tardivo goal di Edjouma (altra carta della disperazione insieme a Colangiuli, Aramu, Benali e compagnia), è confusionario come tutto il resto di una gara che - esattamente come la stagione intera - è iniziata malissimo ma è finita anche peggio. Ma non è tutto qui, perché il caos si sta trasformando rapidamente e inesorabilmente in disperazione. Il Bari non ha valori, né tecnici né morali, e il nervosismo regna sovrano. Le ammonizioni di Sibilli e capitan Di Cesare, in regime di diffida, priveranno i galletti nella trasferta di Como di due dei pochi elementi di spessore in un quadro desolante. E anche Iachini, ormai, sembra aver perso completamente le redini della gestione tecnica: i continui cambi di modulo, le improvvisazioni, le sostituzioni per mandare "messaggi" ai calciatori, sono tutte avvisaglie di un tecnico allo sbando come il resto del suo gruppo. Il suo vice, Simone Pavan, continua sulla falsa riga delle ultime dichiarazioni, parlando di una squadra che non ha perso la testa ed è rimasta in partita nonostante lo shock dello svantaggio immediato; retorica vuota, che stride con la realtà. I fatti, dalla loro, dicono che il Bari ha totalizzato la miseria di due punti nelle ultime sette partite; una media da retrocessione diretta, ovvero uno scenario che ormai appare più che concreto.

Qualche giorno fa c'era ancora la possibilità di giocare l'ultimissima carta della disperazione, dando retta al vox populi e richiamando Mignani, che però nel frattempo si è accasato al Palermo, per coltivare ambizioni ben più grandi. L'ennesima beffa di una gestione tecnica tutta sbagliata, e di una vision dirigenziale piccola e provinciale.

E il peggio è che nulla, nemmeno la più infima cosa, lascia margine alla speranza di invertire la rotta. I risultati delle altre gare, tra oggi e domani, potrebbero consegnare il Bari mani e piedi alla palude dei playout, nonché avvicinare i galletti al precipizio della retrocessione diretta. Il Bari sta andando in serie C, senza lottare, senza neanche provare a mantenere la categoria, il "vanto" millantato dal presidente Luigi De Laurentiis con la più infelice di una lunga serie di uscite infelici. Quel che rimane è lo sgomento di una città intera, passata dal sogno all'incubo in meno di un anno, divorata dal male radicale della multiproprietà, tradita dalla mancanza di ambizione e lungimiranza della proprietà, e ormai rassegnata a subire l'ennesima onta della storia biancorossa recente. Sei partite rimangono per provare a salvare il salvabile, ma adesso serve davvero un miracolo.