Bari “braccino corto”, per la serie B c’è ancora un po’ da aspettare
Con la Fidelis è 0-0 davanti al pubblico delle grandi occasioni, altra chance proprio a Latina. Segno del destino?
lunedì 28 marzo 2022
E se l'attesa del piacere fosse essa stessa il piacere? I tifosi del Bari possono rifugiarsi nella domanda "leopardiana", ammantata di una buona dose di retorica, che compariva in un vecchio spot televisivo per digerire il piccolo-grande rammarico di dover rimandare la festa promozione. Eppure le condizioni c'erano tutte: la sconfitta dell'Avellino contro il Catania in settimana e il pareggio del Catanzaro contro la Juve Stabia pochi minuti prima del fischio d'inizio della partita dei biancorossi. Sarebbe bastato davvero poco, semplicemente allungare una mano e prendersi d'imperio una promozione sudata e meritata. E invece con nel derby contro la Fidelis Andria finisce 0-0, troppo poco per stappare lo spumante e scendere in piazza con sciarpe e bandiere al seguito.
Sugli spalti del San Nicola ci sono 24.332 spettatori (quasi mille gli andriesi), è grande la voglia di fare finalmente festa dopo un anno nella polvere dei dilettanti e tre anni nel fango della serie C. Nessuno, davvero nessuno aveva pensato all'effetto "braccino", una metafora che nel tennis rappresenta chi è davvero a un centimetro dalla vittoria e ha quasi paura di muovere l'ultimo, decisivo, passo. Alla festa c'erano tutti, tranne il protagonista: il Bari è il grande assente della giornata più importante. E quando società, allenatore e calciatori invitano la città ad accorrere in massa, offrire il primo e unico tiro in porta al 92' non è esattamente il massimo.
La Fidelis Andria, va detto, fa una gran partita in fase difensiva, costringendo la squadra di Mignani (di per sé con poche idee) a varare una specie di 4-4-2 con D'Errico e Galano più larghi per trovare degli spazi che, semplicemente, non ci sono. La coppia Di Leo-Di Bari l'ha preparata bene, e su questo pochi dubbi. Al Bari, però, manca l'atteggiamento famelico di chi deve colmare quella distanza - ormai minima - per avere anche il conforto dell'aritmetica.
Di perché se ne potrebbero trovare tanti. A partire dal complesso e affascinante meccanismo psicologico (individuale e collettivo) che ti tiene a freno quando c'è da dare concretezza a un obiettivo inseguito così tanto a lungo che adesso hai quasi paura di toccare. È capitato spesso a tanti, anche grandissimi, dello sport, figuriamoci se non può capitare al Bari. La cornice delle grandissime occasioni (record stagionale frantumato, numeri che si fa fatica a vedere anche in serie A), poi, fa il resto: la voglia di non deludere il grande tifo barese non ti fa affrontare con la giusta libertà mentale una partita, va ricordato anche questo, con quella che comunque è la penultima della classifica in serie C. Difficile pensare a un effetto sottovalutazione, ma - per carità - nel calcio ci sta anche questo, e le sorprese sgradevoli sono sempre dietro l'angolo. Andava vinta, era impossibile non vincerla; eppure non è stata vinta. Che cosa affascinante la mente…
E c'è anche un'altra possibile causa: la benzina finita. Dopo la dispendiosa vittoria di Catanzaro, che ha richiesto un alto tributo di energie psicofisiche, è come se ai galletti di Mignani fosse scesa l'adrenalina tutta insieme. Già contro la Vibonese ultima in classifica, battuta 0-1 solo nel finale, si era visto che di riserva nel serbatoio ne era rimasta poca; contro la Fidelis il copione si ripete, e stavolta non c'è neanche il gollonzo mezzo cercato, mezzo trovato, a dare il conforto della sfangata. Se due indizi fanno una prova…
Insomma, ci sarà ancora da aspettare un pochino per la promozione matematica in serie B. D'altra parte, il film lo abbiamo già visto nel 2009, quando in ballo c'era la promozione addirittura in serie A. Anche quella volta fu 0-0 al primo match point, contro l'Empoli; se la storia si ripete, allora possiamo dire che il finale sarà altrettanto bello e gustoso. E, a proposito di storia che si ripete, il prossimo impegno sarà a Latina, dove il Bari giocherà di nuovo conoscendo il risultato del Catanzaro. Già, la stessa Latina dove svanì il sogno della serie A nel 2014, la "meravigliosa stagione fallimentare" che aprì la porta a questi ultimi otto anni schizofrenici, dove davvero non ci siamo fatti mancare niente delle esperienze deteriori del calcio. Centrare la promozione proprio lì avrebbe qualcosa di romantico (nel senso letterario-artistico-filosofico del termine), e chissà che il destino non stia facendo di tutto per mandarci dei segnali. Visto che si parla di meccanicismo, quasi di rigido determinismo calcistico, tanto vale sognare in grande e scaldarci il cuore. Ne riparleremo tra sette giorni, magari con la serie B finalmente in tasca.
Sugli spalti del San Nicola ci sono 24.332 spettatori (quasi mille gli andriesi), è grande la voglia di fare finalmente festa dopo un anno nella polvere dei dilettanti e tre anni nel fango della serie C. Nessuno, davvero nessuno aveva pensato all'effetto "braccino", una metafora che nel tennis rappresenta chi è davvero a un centimetro dalla vittoria e ha quasi paura di muovere l'ultimo, decisivo, passo. Alla festa c'erano tutti, tranne il protagonista: il Bari è il grande assente della giornata più importante. E quando società, allenatore e calciatori invitano la città ad accorrere in massa, offrire il primo e unico tiro in porta al 92' non è esattamente il massimo.
La Fidelis Andria, va detto, fa una gran partita in fase difensiva, costringendo la squadra di Mignani (di per sé con poche idee) a varare una specie di 4-4-2 con D'Errico e Galano più larghi per trovare degli spazi che, semplicemente, non ci sono. La coppia Di Leo-Di Bari l'ha preparata bene, e su questo pochi dubbi. Al Bari, però, manca l'atteggiamento famelico di chi deve colmare quella distanza - ormai minima - per avere anche il conforto dell'aritmetica.
Di perché se ne potrebbero trovare tanti. A partire dal complesso e affascinante meccanismo psicologico (individuale e collettivo) che ti tiene a freno quando c'è da dare concretezza a un obiettivo inseguito così tanto a lungo che adesso hai quasi paura di toccare. È capitato spesso a tanti, anche grandissimi, dello sport, figuriamoci se non può capitare al Bari. La cornice delle grandissime occasioni (record stagionale frantumato, numeri che si fa fatica a vedere anche in serie A), poi, fa il resto: la voglia di non deludere il grande tifo barese non ti fa affrontare con la giusta libertà mentale una partita, va ricordato anche questo, con quella che comunque è la penultima della classifica in serie C. Difficile pensare a un effetto sottovalutazione, ma - per carità - nel calcio ci sta anche questo, e le sorprese sgradevoli sono sempre dietro l'angolo. Andava vinta, era impossibile non vincerla; eppure non è stata vinta. Che cosa affascinante la mente…
E c'è anche un'altra possibile causa: la benzina finita. Dopo la dispendiosa vittoria di Catanzaro, che ha richiesto un alto tributo di energie psicofisiche, è come se ai galletti di Mignani fosse scesa l'adrenalina tutta insieme. Già contro la Vibonese ultima in classifica, battuta 0-1 solo nel finale, si era visto che di riserva nel serbatoio ne era rimasta poca; contro la Fidelis il copione si ripete, e stavolta non c'è neanche il gollonzo mezzo cercato, mezzo trovato, a dare il conforto della sfangata. Se due indizi fanno una prova…
Insomma, ci sarà ancora da aspettare un pochino per la promozione matematica in serie B. D'altra parte, il film lo abbiamo già visto nel 2009, quando in ballo c'era la promozione addirittura in serie A. Anche quella volta fu 0-0 al primo match point, contro l'Empoli; se la storia si ripete, allora possiamo dire che il finale sarà altrettanto bello e gustoso. E, a proposito di storia che si ripete, il prossimo impegno sarà a Latina, dove il Bari giocherà di nuovo conoscendo il risultato del Catanzaro. Già, la stessa Latina dove svanì il sogno della serie A nel 2014, la "meravigliosa stagione fallimentare" che aprì la porta a questi ultimi otto anni schizofrenici, dove davvero non ci siamo fatti mancare niente delle esperienze deteriori del calcio. Centrare la promozione proprio lì avrebbe qualcosa di romantico (nel senso letterario-artistico-filosofico del termine), e chissà che il destino non stia facendo di tutto per mandarci dei segnali. Visto che si parla di meccanicismo, quasi di rigido determinismo calcistico, tanto vale sognare in grande e scaldarci il cuore. Ne riparleremo tra sette giorni, magari con la serie B finalmente in tasca.