Bari e Lecce chiedono riapertura degli stadi, Emiliano: «Non azzardo ma proposta razionale»

Il governatore della Puglia incontra i presidenti De Laurentiis e Sticchi Damiani, che hanno elaborato un documento da sottoporre alle autorità locali e nazionali

giovedì 2 luglio 2020 13.53
A cura di Riccardo Resta
SSC Bari e US Lecce chiedono una riapertura, anche solo parziale, degli stadi per i playoff di serie C e per il rush finale del campionato di serie A. Non una richiesta generica, ma motivata da un documento in cui si avanza una proposta confortata dal parere di alcuni scienziati, espressisi sulla situazione epidemiologica attuale della Puglia, in relazione ai contagi da Covid-19 coronavirus.

I presidenti Luigi De Laurentiis e Saverio Sticchi Damiani hanno incontrato il governatore della Regione Puglia Michele Emiliano in un confronto web andato in diretta sulla pagina del presidente regionale e sui canali social delle due società. «La società pugliese ha già riaperto situazioni analogamente gestibili come gli stadi: feste, sagre, locali e discoteche - ha detto Emiliano. È preferibile un'attività con regole severe, invece di lasciar languire settori interi in grandissima difficoltà, senza che nessuno stia intervenendo per remunerare i mancati guadagni. I protocolli che il professor Lopalco sta validando permettono sicurezza. Con tamponi e controlli epidemiologici siamo riusciti a tenere di dati della Puglia a un livello idoneo a ragionare sulle riaperture. È difficile che un evento del genere continui a svolgersi in assenza di pubblico».

Commentando la proposta delle società, Emiliano ha continuato: «Ci sono settori economici basati sulla continuità di relazione col pubblico; senza si potrebbe anche non ripartire, con danni incalcolabili. Gli stadi sono luoghi con delle regole di sicurezza testate da molti anni, con identificazione degli spettatori e presenza di forze di polizia. Ferma restando una forte limitazione della capienza, potremmo tentare la riapertura. I rischi più elevati di contagi avvengono negli eventi all'aperto. Il nostro non è un azzardo, ma un ragionamento razionale su un'industria che per il bene del Paese non può essere lasciata al suo destino. La ripartenza dell'Italia passa anche dalla ripresa del campionato di calcio. Tra pochi giorni, prendendo spunto dal vostro documento, ed elaboreremo la proposta da presentare al calcio pugliese, alle altre regioni e al Governo. Noi non possiamo più chiudere il Paese. La prima epidemia ci ha colti impreparati perché non avevamo rianimazioni, Dpi e cognizione della malattia. Il virus sarà combattuto non più con un'interruzione della vita, ma con tutte le precauzioni di cui siamo a disposizione».

Entrando nel merito del documento presentato alla Regione Puglia, Luigi De Laurentiis spiega: «Abbiamo preparato un protocollo con la supervisione di tre scienziati. Governo e federazione stanno lavorando alla possibile riapertura degli stadi, è fondamentale per l'economia e per tutte le categorie. Gli stadi permettono un grande distanziamento e meccanismi di entrata e uscita sicuri, oltre alla registrazione degli spettatori. Penso che il contingentamento degli stadi durerà a lungo, e sarà un grave problema economico per le società. La ripartenza sta avvenendo perché la curva epidemiologica è buona; è fondamentale sostenere riapertura dei luoghi di entertainment, soprattutto all'aria aperta».

Sticchi Damiani chiosa: «La gente deve tornare allo stadio. Questo calcio non ci appartiene, è uno spettacolo molto poco "spettacolo". Quest'anno abbiamo avuto 20mila abbonati, un record per Lecce; abbiamo l'obbligo morale di riaprire almeno a loro. Si può ragionare su un meccanismo di turnazione, ma solo come strumento graduale per riaprire. Abbiamo ricominciato perché ce lo chiedeva il sistema; cerchiamo di non tenere definitivamente lontane le persone, perché il calcio senza gente perde valore e non vorremmo creare un pericoloso precedente. Abbiamo limitato brillantemente il numero dei contagi in Puglia, e ci troviamo in un momento relativamente sereno. Questo luglio non deve essere un precedente per cui la gente non partecipa agli eventi sportivi in un contesto favorevole come questo».