Bari, non basta provarci. Orgoglio ritrovato, ma è sempre mal di goal

A Catanzaro i biancorossi ci mettono qualità e carattere, ma i limiti rimangono

mercoledì 28 febbraio 2024 23.54
A cura di Riccardo Resta
Seconda sconfitta di fila, ancora una trasferta stregata. Per il Bari è di nuovo notte fonda, dopo il ko 2-0 al Ceravolo, sul terreno del Catanzaro. Bastano tre giorni per buttare via tutte o quasi le avvisaglie di una crescita viste nelle partite (vinte, senza brillare) contro Lecco e Feralpisalò, e per tornare a guardare la classifica con il fiato sospeso.

Certo, quella di Bolzano e quella di Catanzaro sono due sconfitte diverse, per come sono arrivate e per come il Bari ha affrontato gli avversari. Ma, mutuando una formula aritmetica, al cambio d'ordine degli addendi non corrisponde un cambiamento di risultato. Sei punti persi, nonostante la sconfitta immeritata e troppo severa in Calabria, che tornano a proporre i galletti nella zona medio-bassa della classifica, con l'ansia di evitare i playout invece che aspirare all'obiettivo (minimo) dei playoff.

Eppure, dicevamo, qualcosa di diverso a Catanzaro si è vista, anche perché la prestazione da censura dei biancorossi sul campo del Sudtirol non era umanamente replicabile. Al Ceravolo, facendosi strada nella fitta coltre di nebbia, i galletti di Iachini mostrano tutte le facce di una squadra indecifrabile e incomprensibile, e soprattutto ammalata di un cronico mal di goal. L'arrembaggio iniziale porta Lulic, finalmente protagonista dal 1', ad avere un'occasione clamorosa già al 2', sprecata da un metro direttamente addosso a Fulignati. Presagio di sventura, perché quando al 4' Vandeputte manda direttamente in rete una pennellata d'autore su punizione dai venti metri è il momento esatto in cui si spegne la luce.

Passaggi sbagliati, idee confuse, pasticci in uscita: i galletti mettono "in mostra" tutto l'armamentario di imprecisioni e debolezze, tanto tecniche quanto caratteriali, che ha caratterizzato fin qui una stagione piena di domande irrisolte. E ai quesiti senza risposta si aggiunge, forse, anche quello che Iachini ci mette di suo: il passaggio al 3-4-1-2 appare come il tentativo disperato di cambiare l'ennesimo assetto, alla ricerca di una nuova soluzione per uscire dall'impasse. L'esperimento riesce a metà, perché il nuovo modulo non contribuisce a risolvere le titubanze difensive della squadra (il secondo goal, siglato da Iemmello, è una rassegna di errori individuali e di reparto, con Pucino e Brenno che impiattano la frittata), ma comunque qualche soluzione offensiva in più la dà. Al netto del triste "zero" che compare nella casella dei goal segnati, e per cui l'unica soluzione sembra affidarsi a un miracolo che piova dal cielo.

La partecipazione dei due braccetti (soprattutto Matino) alla costruzione del gioco è ragguardevole, così come la spinta dei centrali di centrocampo e degli esterni, che porta Lulic e Ricci al tiro da buona posizione. Nel complesso, l'avvio di ripresa dei galletti è incoraggiante: le occasioni arrivano, e non solo perché ci si prova con determinazione, coraggio e tanto orgoglio (segnale incoraggiante, dopo l'horror movie di Bolzano). Di fronte, va ricordato, c'è il Catanzaro, una delle squadre con il miglior rendimento interno del campionato; lo stesso Vivarini ha ammesso le difficoltà proposte dal Bari alla sua squadra, raramente in tale affanno contro il pressing avversario.

Il Bari mostra finalmente anche una discreta organizzazione offensiva, ma i limiti strutturali della squadra rimangono, e alla fine siamo alle solite: chi la butta dentro? Già, perché il nutritissimo parco attaccanti, costruito e difeso da Polito, continua a dare pochissime garanzie realizzative. Sibilli, in posizione di trequartista "anarchico", come al solito prova a creare qualcosa, ma non può sempre lui essere il messia che moltiplica pani e pesci. Nasti conferma le sue difficoltà a vedere la porta, Menez (un fantasma nel primo tempo) gira a vuoto, così come Puscas - ancora in netto ritardo di condizione. Con Diaw sempre ai box, raggiunto temporaneamente da Kallon, le soluzioni offensive si assottigliano con preoccupante regolarità. Di fatto, l'occasione più grande se la costruisce dal nulla capitan Di Cesare, difensore 41enne, che fa la giocata e colpisce la traversa; basta e avanza per tracciare i contorni di un problema realizzativo irrisolto.

Iachini chiede (e in parte lo sta anche ottenendo) un contributo da centrocampisti ed esterni, ma è chiaro che nessuna squadra può fare il salto di qualità senza avere neanche un calciatore in doppia cifra; Sibilli è quello più vicino con nove centri, ma il bottino degli attaccanti "d'area" è tristemente magro.

Insomma, un altro viaggio a vuoto per i 750 tifosi biancorossi, l'unico vero fattore K in positivo di una stagione travagliata, senza un senso compiuto. La trasferta infrasettimanale e la spessa nebbia calabrese non fermano la passione dei sostenitori del Bari, che nonostante la contestazione accesa a proprietà, dirigenza e squadra comunque non fanno mancare il loro supporto alla "baracca", che però non ne vuole proprio sapere di rispondere con continuità e convinzione alle sollecitazioni molteplici che provengono dall'ambiente barese.

E ora? Davanti c'è un'altra sfida spartiacque, l'ennesima prova d'appello offerta da un campionato che, di certo, non corre a velocità folli, e che lascia comunque al Bari la possibilità di guardare all'obiettivo playoff, ma anche il dovere di difendersi dalle sabbie mobili dei playout. A prescindere da quello che sarà il risultato, domenica 3 marzo al San Nicola la sfida contro uno Spezia a caccia di punti salvezza sarà un nuovo banco di prova da non fallire.