Bari, ora è crisi. Tutti in ritiro per ritrovare spirito e umiltà

La sconfitta interna con il Campobasso è il punto più basso della stagione. Invertire la rotta per salvare il primato

domenica 20 febbraio 2022 0.48
A cura di Riccardo Resta
Il punto più basso del campionato è anche il momento esatto in cui la crisi si palesa e si fa più acuta. Il Bari perde 2-3 una partita rocambolesca contro il Campobasso al San Nicola, e rimette in discussione non solo le sue certezze, ma anche un primo posto che - fino a tre settimane fa - sembrava solo da amministrare fino ad aprile. Ora la prospettiva sembra rovesciata, e la paura di gettare tutto alle ortiche si fa densa, concreta: il Catanzaro dell'ex Vivarini si porta a -4, e il Bari va in ritiro per ritrovare una compattezza smarritasi per strada.

Bene fa il diesse Polito a dire di non saper trovare una spiegazione a una sconfitta bruciante e senza alcun senso. Il direttore sportivo ci ha messo - come sempre, questo gli va riconosciuto - la faccia e ha chiesto scusa alla città a nome della squadra. Ma resta il problema: perché il Bari ha perso così malamente? Sì, perché se la sconfitta patita dal Messina poteva essere spiegata con un po' di sfortuna, quella contro i molisani (la seconda consecutiva in casa) non ha appelli.

A decidere partita è il giovane Liguori, eroe per caso che entra a inizio primo tempo per sostituire l'infortunato Emmausso ed esce portandosi a casa il pallone che ha scaraventato tre volte nella porta biancorossa. Vero, il primo goal dell'esterno rossoblù è parecchio fortunoso: un cross dalla linea di fondo talmente sballato da disegnare una traiettoria beffarda per Frattali, che si posiziona per difendere il primo palo e si ritrova a dover raccogliere dal fondo del sacco un pallone infilatosi all'incrocio. Un gancio al mento dopo appena 23', da cui però la squadra di Mignani non riesce più a riprendersi. L'attacco gira a vuoto, Cheddira e Antenucci vanno a sbattere contro il muro eretto dalla difesa ospite con Fabriani-Menna-Dalmazzi-Pace, e la difesa combina una serie incredibile di pasticci. Passano appena 4' della ripresa e Celiento buca totalmente un retropassaggio già di per sé pericolosissimo, offrendo a Liguori il pallone dello 0-2 più che comodo. un rischio sproporzionato al beneficio potenziale, esattamente come tutti quelli che si prendono inseguendo quella follia contemporanea che si chiama "costruzione dal basso". Sulla rete dello 0-3, poi, a bucare è un po' tutta la retroguardia, da destra a sinistra: Tenkorang difende il pallone e apre a destra per Liguori, mancino chirurgico che vale la tripletta personale dell'attaccante molisano.

Nel mezzo del Bari non v'è traccia. Eppure Mignani, costretto dalle assenze di Bianco e Maiello, riporta Maita nel ruolo di play, con D'Errico e Scavone mezze ali e Mallamo sulla trequarti. Ma quella che tanti invocavano come panacea universale dei galletti si rivela una mossa infruttuosa: Maita gioca una partita anonima, senza velocizzare la manovra, e a centrocampo il Bari soffre tremendamente il dinamismo dei vari Candellori, Bontà, Persia e Tenkorang. Difficile, poi, pensare a una causa fisica per la crisi dei galletti: la reazione finale, di nervo più che di idee, non è possibile per una squadra sulle gambe. Il Bari per poco non riesce a pareggiarla, e la piccola speranza finale arriva quasi solo per merito di un nome: Rubén Botta. Mignani lo rischia sullo 0-2, portando nel ruolo di seconda punta un Galano che da trequartista azzecca poco quanto niente: il fantasista argentino propizia l'autorete di Dalmazzi (1-3) e vivacizza una manovra offensiva preoccupantemente compassata. Senza alcun senso è, però, l'espulsione rimediata nel finale dal 10, che lascerà di nuovo i suoi compagni privi del loro faro, che già era terribilmente mancato nel periodo (fortunatamente breve) dell'infortunio.

La rete rabbiosa di D'Errico accende il finale e mette un po' di paura al Campobasso, che comunque va più vicino al 2-4 (con Rossetti, super Frattali) di quanto il Bari non faccia con il 3-3. Un'illusione del cuore che, però non basta per dare un senso a una partita in cui tanti, troppi, perché rimangono senza risposta.

Insomma, escluso il motivo fisico e ridimensionata la causa tattica, la spiegazione resta solo una: un crollo nervoso dei galletti. La vittoria infrasettimanale a Torre del Greco aveva nascosto un po' di polvere sotto il tappeto e aveva confermato come, in questo momento di difficoltà, il Bari riesca a esprimersi meglio quando deve giocare di rimessa invece che imporre il proprio (lento e prevedibile) ritmo all'azione. Polito ha parlato di umiltà smarrita alla base del calo di rendimento dei biancorossi, il quale a sua volta ha provocato una graduale ma inesorabile perdita di certezze. Insomma, per un motivo o per un altro è venuto a mancare quello spirito che più volte Mignani ha indicato come la benzina su cui i biancorossi hanno costruito una classifica che è, e rimane, ancora favorevole.

Sì, perché nel tritacarne dell'opinione pubblica barese rischia di finire anche quanto di buono (e non è poco) fatto vedere da una squadra che comunque ha ancora un primato da difendere. Domenica e lunedì andranno via in ritiro, poi martedì ci sarà subito l'occasione per rifarsi: il Picerno al San Nicola aprirà un poker d'impegni probanti che proseguirà con i derby contro Foggia (trasferta) e Virtus Francavilla (casa), prima dello scontro diretto della verità sul terreno del Catanzaro. Insomma, meno di un mese in cui si deciderà, con ogni probabilità, il destino di un Bari che dalla sera alla mattina, senza neanche accorgersene, ha rimesso in discussione il primato e la promozione diretta in serie B. Ora, però, è il momento dell'unità: serve la compattezza di tutto l'ambiente, serve che Bari si stringa attorno al Bari per superare una crisi da cui si esce solo tutti insieme.