Brescia-Bari, un passo falso da non sottovalutare
A Brescia il più brutto Bari di Grosso. Incidente di percorso o campanello d'allarme?
martedì 24 ottobre 2017
12.52
La locuzione "vittoria in trasferta" resta stregata per il Bari, che tra la stagione in corso e quella passata ormai non centra un successo esterno da ben 13 turni (ultima gioia il 3-4 di Benevento datato febbraio 2017). Anche dall'anticipo infrasettimanale a Brescia il Bari esce a mani vuote, raccogliendo una sconfitta per 2-1 contro le Rondinelle che, nell'immediato, vale il mancato assalto al primo posto in classifica, e in generale ridimensiona un minimo i giudizi positivi che finora si erano spesi a gran voce sulla squadra di Grosso.
Non è di certo il primo passo falso stagionale del Galletto lontano dal San Nicola, ma il KO del Rigamonti racconta sul Bari una verità che non avevamo ancora avuto modo di "apprezzare": per più di un'ora sul terreno lombardo si è rivista la squadra spenta, indolente e svogliata dell'ultimo trimestre della stagione passata, incapace di mettere in mostra le sue idee di gioco chiare, divertenti e a tratti devastanti. Il più brutto Bari della gestione Grosso, come ha giustamente sottolineato Riccardo Improta nel post gara.
Stavolta a salvare il Bari formato-trasferta non c'è stata nemmeno la famosa reazione, che aveva permesso agli uomini di Grosso di sfangarla in rimonta contro Avellino e Cittadella e di portare a casa almeno un punticino da Vercelli, ultima trasferta prima di Brescia per cui, comunque, avevamo tutti speso parole diverse da queste (come, del resto, in tutti gli altri appuntamenti lontano dal San Nicola). L'illusorio pari siglato da Galano (in risposta alla rete di Caracciolo che ha ridicolizzato la malconcia coppia Cassani-Marrone) è, infatti, frutto di un'azione episodica, uno sparuto lampo nell'oscurità generale di un primo tempo irriconoscibile per chiunque abbia seguito il Bari fin dall'alba della stagione '17/'18. A coronare la frittata finale il goffo intervento di Capradossi su cross di Furlan, deviato quanto basta per battere un Micai non certo esempio di reattività. Un'autorete che, nei fatti, fotografa alla perfezione la giornata no della squadra, che anche quando era riuscita a rimetterla in piedi in qualche modo non è stata capace di rinvenire con il suo solito carattere.
Le spiegazioni possono essere tante, e tutte prese dal sempre insicuro terreno delle ipotesi. Il lungo viaggio, le scorie fisiche e mentali di tre partite agonisticamente molto difficili come le ultime giocate dal Bari prima di ieri sera, la stanchezza per l'impegno ravvicinato e lo scarso ricorso di Grosso al turnover (a Brescia sono scesi in campo dal 1' dieci undicesimi della squadra che venerdì ha piegato il Cittadella al San Nicola). Tutte sembrano plausibili, e il cocktail di cause lo è ancora di più. Ma è davvero abbastanza per spiegare una rinuncia così totale alla possibilità finalmente di centrare un successo esterno che sembrava alla vigilia ampiamente alla portata (il Brescia era reduce da tre sconfitte prima di incontrare il Bari taumaturgo)? Forse sì, forse no. La verità nell'immediato non possiamo saperla.
Resta il fatto che Grosso, proprio in virtù dei passi avanti che ha fatto compiere al Bari in termini di gioco e identità di squadra, non può permettersi di sottovalutare il campanello d'allarme che risuona dopo la partita di ieri, figlia certamente di una serata no, ma anche specchio di una situazione che alla lunga non può reggere. Non sempre si può vincere 4-2 dopo aver regalato il primo goal, non sempre si può uscire dalle sabbie mobili causate da distrazioni o errori (individuali e di squadra), e non si può giocare tutto un campionato così lungo ed estenuante con gli stessi undici (considerato il fatto che quando Grosso si gira in panchina non può fare a meno di notare l'abbondanza di scelte a sua disposizione).
Con il passaggio al 3-4-3 e con il rientro di Galano l'allenatore ha, un po' per scelta un po' per necessità, per un attimo messo da parte la pregevole tendenza a far ruotare gli uomini, facendo sentire tutti al centro del progetto tecnico del Bari e garantendo sostituti all'altezza dei pezzi pregiati della rosa. La riscossa, dunque, deve necessariamente passare dal recupero di giocatori sulla carta fondamentali come Floro Flores e Nenè, oltre alla correzione di alcuni aspetti difesivi che le vittorie contro Avellino e Cittadella avevano per un attimo nascosto sotto il tappeto. Il processo di crescita è lungo, tortuoso e per ora non siamo nemmeno a metà strada. La sconfitta di Brescia, quindi, è un'altra lezione da imparare il più in fretta possibile: il Bari, per vincere e rimanere nei quartieri nobili della graduatoria, non può fare a meno di essere se stesso e non può rinunciare a tutte le cose buone di cui è capace. La possibilità di dimostrare di aver appreso questo fondamentale precetto arriverà già sabato prossimo, quando sarà l'Ascoli a interrogare i biancorossi tra i "banchi" del San Nicola.
Non è di certo il primo passo falso stagionale del Galletto lontano dal San Nicola, ma il KO del Rigamonti racconta sul Bari una verità che non avevamo ancora avuto modo di "apprezzare": per più di un'ora sul terreno lombardo si è rivista la squadra spenta, indolente e svogliata dell'ultimo trimestre della stagione passata, incapace di mettere in mostra le sue idee di gioco chiare, divertenti e a tratti devastanti. Il più brutto Bari della gestione Grosso, come ha giustamente sottolineato Riccardo Improta nel post gara.
Stavolta a salvare il Bari formato-trasferta non c'è stata nemmeno la famosa reazione, che aveva permesso agli uomini di Grosso di sfangarla in rimonta contro Avellino e Cittadella e di portare a casa almeno un punticino da Vercelli, ultima trasferta prima di Brescia per cui, comunque, avevamo tutti speso parole diverse da queste (come, del resto, in tutti gli altri appuntamenti lontano dal San Nicola). L'illusorio pari siglato da Galano (in risposta alla rete di Caracciolo che ha ridicolizzato la malconcia coppia Cassani-Marrone) è, infatti, frutto di un'azione episodica, uno sparuto lampo nell'oscurità generale di un primo tempo irriconoscibile per chiunque abbia seguito il Bari fin dall'alba della stagione '17/'18. A coronare la frittata finale il goffo intervento di Capradossi su cross di Furlan, deviato quanto basta per battere un Micai non certo esempio di reattività. Un'autorete che, nei fatti, fotografa alla perfezione la giornata no della squadra, che anche quando era riuscita a rimetterla in piedi in qualche modo non è stata capace di rinvenire con il suo solito carattere.
Le spiegazioni possono essere tante, e tutte prese dal sempre insicuro terreno delle ipotesi. Il lungo viaggio, le scorie fisiche e mentali di tre partite agonisticamente molto difficili come le ultime giocate dal Bari prima di ieri sera, la stanchezza per l'impegno ravvicinato e lo scarso ricorso di Grosso al turnover (a Brescia sono scesi in campo dal 1' dieci undicesimi della squadra che venerdì ha piegato il Cittadella al San Nicola). Tutte sembrano plausibili, e il cocktail di cause lo è ancora di più. Ma è davvero abbastanza per spiegare una rinuncia così totale alla possibilità finalmente di centrare un successo esterno che sembrava alla vigilia ampiamente alla portata (il Brescia era reduce da tre sconfitte prima di incontrare il Bari taumaturgo)? Forse sì, forse no. La verità nell'immediato non possiamo saperla.
Resta il fatto che Grosso, proprio in virtù dei passi avanti che ha fatto compiere al Bari in termini di gioco e identità di squadra, non può permettersi di sottovalutare il campanello d'allarme che risuona dopo la partita di ieri, figlia certamente di una serata no, ma anche specchio di una situazione che alla lunga non può reggere. Non sempre si può vincere 4-2 dopo aver regalato il primo goal, non sempre si può uscire dalle sabbie mobili causate da distrazioni o errori (individuali e di squadra), e non si può giocare tutto un campionato così lungo ed estenuante con gli stessi undici (considerato il fatto che quando Grosso si gira in panchina non può fare a meno di notare l'abbondanza di scelte a sua disposizione).
Con il passaggio al 3-4-3 e con il rientro di Galano l'allenatore ha, un po' per scelta un po' per necessità, per un attimo messo da parte la pregevole tendenza a far ruotare gli uomini, facendo sentire tutti al centro del progetto tecnico del Bari e garantendo sostituti all'altezza dei pezzi pregiati della rosa. La riscossa, dunque, deve necessariamente passare dal recupero di giocatori sulla carta fondamentali come Floro Flores e Nenè, oltre alla correzione di alcuni aspetti difesivi che le vittorie contro Avellino e Cittadella avevano per un attimo nascosto sotto il tappeto. Il processo di crescita è lungo, tortuoso e per ora non siamo nemmeno a metà strada. La sconfitta di Brescia, quindi, è un'altra lezione da imparare il più in fretta possibile: il Bari, per vincere e rimanere nei quartieri nobili della graduatoria, non può fare a meno di essere se stesso e non può rinunciare a tutte le cose buone di cui è capace. La possibilità di dimostrare di aver appreso questo fondamentale precetto arriverà già sabato prossimo, quando sarà l'Ascoli a interrogare i biancorossi tra i "banchi" del San Nicola.