Campionato da incorniciare. E la città scandisce l’imperativo: Bari, ci devi credere

I galletti concludono una stagione regolare tra gli applausi. Ai playoff per recitare il ruolo dei protagonisti

domenica 14 maggio 2023
A cura di Riccardo Resta
La nave arriva in porto, con le vele spiegate e le bandiere al vento. Il Bari è, ufficialmente, la terza forza del campionato, con sette punti di vantaggio sulla quarta; mal che vada l'ultima partita, in casa del Genoa già promosso, sarebbero comunque quattro. Dieci vittorie fuori casa (record assoluto di questa serie B), a cui si sommano le sette in casa con il successo 1-0 sulla Reggina, suggellato dalla deliziosa cornice del San Nicola per i 35 anni di uno storico gemellaggio. E poi: 14 pareggi totali e appena sei sconfitte in tutto il campionato. Goal fatti 55, goal subiti 33. Saranno pure freddi e asettici, ma i numeri non mentono e danno la dimensione della straordinarietà del campionato condotto dal Bari, una squadra neopromossa che aveva il modesto obiettivo di conservare la categoria, senza troppi voli pindarici.

E, invece, i voli pian piano sono diventati sempre meno pindarici e sempre più reali. Sì, perché il Bari si è impostato sulla modalità "galoppo", andando a insidiare anche la promozione diretta della corazzata Genoa, fino a due giornate dal termine. Certo, il colpaccio non è entrato, ma questo non toglie neanche una virgola all'eccezionalità di un percorso entusiasmante, e sempre in crescendo. E bene fa mister Michele Mignani a ricordare che, sì, è giusto guardarsi avanti, ma ogni tanto fa anche bene dare un'occhiata indietro per realizzare da dove si è partiti, e dove si è arrivati.

E no, non parliamo di miracolo. I miracoli servono a spiegare ciò che altrimenti non sarebbe spiegabile; sono un atto di fede. E qui alla fede non è stato lasciato nulla, così come al caso. La cavalcata del Bari è frutto del lavoro di Mignani, della visione di Polito, della professionalità e dell'impegno della squadra e (va sottolineato con l'evidenziatore rosa shocking) della passione di una città intera. Una semplice equazione: è la somma che fa il totale.

Certo, ci sono stati gli errori, a cominciare da quelli del mister. Un tecnico (davvero inspiegabilmente agli occhi di chi scrive) sempre sotto la lente d'ingrandimento di una piazza esigente, sì, ma anche (a volte, non sempre) attirata fatalmente dalla direzione ostinata e contraria. Vero, Mignani ne ha sbagliate tante, e senza un errore qui e un altro lì oggi il Bari sarebbe al posto del Genoa; però non va dimenticato che si tratta di un esordiente in serie B, alla guida di una squadra nata e cresciuta non certo per respirare l'aria rarefatta dell'altissima quota.

Mignani sbaglia, come sbagliano tutti, ma ha l'indiscusso merito di saper imparare dai propri errori; di questi tempi, già non è scontato. L'umiltà di fare il "mea culpa" non è di tutti, così come l'onestà che lo ha sempre contraddistinto nei suoi anni a Bari. Magari con un altro tecnico i galletti sarebbero arrivati ancora più su; chi lo sa. I fatti (e i risultati), dicono che mister, staff, dirigenza e squadra hanno creato un gruppo, e senza di quello non si può andare da nessuna parte. Lo dicono le scienze umane, che saranno anche imperfette, probabili e statistiche, ma pur sempre scienze sono.

Sul piatto della bilancia, alla fine dei conti, le scelte azzeccate sono molte di più (e molto più pensanti) di quelle sbagliate. Il mister ha avuto ragione a puntare su uno scheletro sempre più o meno stabile nella sua squadra titolare, ma è stato anche bravo ad adattarsi davanti agli imprevisti. L'intuizione di Folorunsho praticamente a tutto campo si è rivelata vincente, così come vincenti sono state le soluzioni di volta in volta adottate quando l'ex Lazio (alle prese con un ginocchio capriccioso) non c'è stato. Stessa cosa dicasi per Benali, assoluto protagonista della sfida con la Reggina, partito come un diesel dopo il mercato di gennaio e poi impostosi come prima (e valida) alternativa dopo l'infortunio di Maiello. Si potrebbe andare anche avanti, parlando della gestione di Esposito, dell'esplosione di Cheddira (il quale ha sempre sottolineato i meriti dell'allenatore), della valorizzazione di Maita e Benedetti, del jolly Morachioli, della riscoperta di Mazzotta e della tenuta difensiva.

Ma Mignani è uno che difficilmente gradisce prendersi dei meriti, che pure ha. Il mister fa (sommessamente, come nel suo stile) notare che la marca in più del Bari rispetto alle più quotate Parma, Cagliari, Venezia, Pisa e compagnia è stata la continuità. Tante volte (ben 14) il Bari ha avuto la lucidità di non perdere quando non riusciva a vincere; uno dei motivi per cui ai fini palati baresi Mignani non sempre è stato gradito, ed esattamente il motivo per cui il Bari è finito davanti (e di parecchio) a corazzate costruite a suon di milioni.

Già, i milioni. E qui si arriva a Polito. Il leader silenzioso, che parla con le parole solo quando deve e risponde con i fatti (quasi) sempre. Un mercato intelligente, il suo, sia in estate sia in inverno. Tante intuizioni vincenti (Dorval, Morachioli, Benedetti, Esposito, Zuzek), una buona dose di usato sicuro (Vicari, Benali, Bellomo) e qualche ottimo colpo low-cost (Cheddira, Folorunsho). Certo, anche qui qualche errore: con i due milioni spesi in estate per il misterioso Scheidler si poteva fare parecchio meglio, ma solo sbagliando si impara.

Insomma, gli ingredienti per credere in un ruolo da protagonista nel Bari ai playoff ci sono tutti. E ci mancherebbe, dopo questo campionato sugli scudi. D'altra parte, è già da un po' che la piazza canta l'imperativo: "Ci devi credere". E non crederci sarebbe impossibile, con queste premesse. Continuità di risultati, oculatezza nella gestione, entusiasmo alle stelle: non manca niente per comporre un cocktail da leccarsi i baffi. Era partito come un sogno da pronunciare sottovoce, per trasformarsi prima in una luminosa speranza e, infine, in un vero e proprio obiettivo. Il ritorno in casa, la possibilità di gestire il risultato, i calcoli; sì, va bene tutto, ma alla fine nulla la testa riesce a conquistare se il cuore non collabora. E se c'è una cosa che a Bari e al Bari non manca è proprio il cuore. «Ai playoff proveremo a dare l'impossibile», dice Mignani; e c'è da credergli. "Riprendiamola" è il grido, ora inizia il bello.