Dove eravamo rimasti…
Il Bari ritorna in serie B e si gode la meritata festa. Torna a gioire una piazza dalle grandi potenzialità
lunedì 4 aprile 2022
6.54
Prima data: 26 maggio 2021. Nel gelo di un San Nicola interdetto al pubblico causa pandemia, il Bari veniva sbattuto fuori dai playoff per la promozione in serie B dalla piccola Feralpisalò, a cui la squadra di Gaetano Auteri non era riuscita a fare lo straccio di un goal nei 180'. Il punto più basso di una stagione tutta sbagliata, dalla scelta del direttore sportivo a quella dell'allenatore (degli allenatori, furono due), passando per dei calciatori che certamente non entreranno nella storia del calcio biancorosso.
Seconda data: 22 luglio 2020. Il Bari di Vincenzo Vivarini si ferma in finale playoff, perdendo 1-0 contro la Reggiana e salutando all'ultimo metro la possibilità di essere promosso in B dopo appena due anni dal fallimento. Dopo quella delusione la squadra venne ribaltata come un calzino: un errore, visti gli insuccessi della stagione successiva (quella di cui abbiamo detto sopra), ammessi dallo stesso presidente Luigi De Laurentiis.
Terza data: 3 aprile 2022. E, stavolta, è festa. Il Bari di Michele Mignani vince 0-1 a Latina, con goal del solito Mirco Antenucci (e chi, se non lui?) e guadagna il pass aritmetico per il ritorno in serie B. A quattro anni dal fallimento del 2018. I biancorossi sono pronti a riprendere da dove avevano lasciato. Tutti siamo pronti, finalmente, a tornare dove eravamo rimasti.
Queste sono le tre fotografie istantanee di altrettanti anni passati a divincolarsi dalle sabbie mobili della serie C. La famiglia De Laurentiis, nel business plan del 2018 che valse l'aggiudicazione del titolo sportivo dal sindaco Antonio Decaro, aveva promesso in ritorno nella serie cadetta in tre anni. Ce n'è voluto uno di più; abbiamo dovuto pazientare, ma ne è valsa davvero la pena.
A queste tre date, poi, se ne può aggiungere anche un'altra, quella più simbolica di tutte. Era l'11 giugno del 2014, e quella volta Latina fu fatale al Bari della "meravigliosa stagione fallimentare", quello che senza società, senza stipendi, con un futuro pieno di punti interrogativi mancò una leggendaria finale playoff per la promozione in A uscendo con un doppio 2-2 proprio contro i pontini. Fu un boccone amaro da digerire, ma in quell'impresa rimasta incompiuta molti intravidero l'inizio di una nuova era, con le promesse dei capitali russi, malesi, indiani, cinesi e chi si ricorda più quali altri. E, invece, fu l'inizio della fine. Altre due proprietà cambiate nei successivi quattro anni, fino al luglio del 2018 e al fallimento causato da una gestione societaria per cui gli aggettivi dequalificanti sono ormai finiti da un pezzo.
Otto anni dopo, Latina diventa la cornice di un successo, di un trionfo sudato fin dall'inizio e per questo meritato fino in fondo. I fatalisti del calcio in questa coincidenza ci sguazzano, e forse fanno anche bene. Il pallone ti toglie, il pallone ti dà; come la vita. Ma la cornice della festa celebrata al Francioni di Latina non può essere solo una fortunata coincidenza, un caso benevolo. Pensarlo significherebbe spogliare di senso la grande impresa fatta dalla SSC Bari quest'anno; sì, perché venir via dal pantano della serie C non era affatto scontato, e alla famiglia De Laurentiis ci son voluti tre anni per capirlo. Meglio tardi, comunque, che mai.
Già, perché non può davvero essere una fortunata coincidenza il fatto che il Bari centri l'agognato obiettivo serie B proprio nell'anno in cui la società biancorossa ha deciso di tagliare il cordone ombelicale con Napoli e procedere per la sua strada. L'artefice di questo successo ha un nome: Ciro Polito. Un direttore sportivo giovane, ma con le idee chiarissime. E, soprattutto, uno che non usa frasi fatte o giri di parole; nel modo del calcio, che si nutre di banalità, non è affatto una specie comune. Polito ha portato sulla panchina del Bari mister Michele Mignani, accolto con tanto scetticismo alla fine della scorsa stagione ma dimostratosi assolutamente all'altezza del compito affidatogli.
Polito ha fatto un mezzo miracolo a piazzare gli esuberi (e i loro enormi ingaggi) nel mercato estivo, e a costruire una squadra forte ed esperta per la serie C. A Mignani è toccato, invece, l'ingrato compito di recuperare il terreno perso con un mercato che (per forza di cose) si è sbloccato effettivamente solo nelle ultime ore della sessione estiva. Il tutto, poi, complicato ancora di più da un ritiro di luglio completamente bruciato a causa del Covid. Insomma, ce n'era abbastanza per pensare a un'altra stagione di patemi e insuccessi.
E invece no. La svolta "indipendentista" finalmente adottata da Luigi De Laurentiis ha pagato fin da subito: le prime dieci giornate hanno visto il Bari esprimersi sui suoi migliori livelli, imponendo Mignani come leader e guida del gruppo. La scelta di tenere per quattro partite di fila Antenucci in panchina non è stata esattamente popolare, ma alla fine ha pagato. Poi è stato il turno di un altro gigante della rosa, D'Errico, e anche lì il tecnico ligure l'ha avuta vinta. Prima della pausa natalizia, insomma, il Bari sembrava lanciato verso la promozione, senza rivali accreditati.
E poi? È arrivata la "crisi di febbraio", con le sconfitte interne contro Messina e Campobasso, e il Catanzaro staccato di appena 4 punti. Lì sembrava tutto irrimediabilmente compromesso, pareva lo scherzo di qualcuno che avesse rimandato indietro la pellicola a un anno prima. E invece no: pareggio in rimonta nel derby con il Foggia giocato in un pantano (goal di Mallamo, il più bello della stagione), vittoria contro il Francavilla al San Nicola (altro pantano) con goal al 92' di Citro (bomber con la valigia in mano) e successo 1-2 nello scontro diretto di Catanzaro. Nel momento difficile la squadra di Mignani e il gruppo di Polito hanno risposto presente, con la forza dei nervi, con l'esperienza di chi sa gestire gli alti e bassi di una stagione. Nel mezzo ci sono le parate decisive di Frattali e Polverino, la personalità di Maita, l'ingresso di Maiello a gennaio, il carisma di Botta, la qualità senza eguali di D'Errico, la solidità di Terranova e il coraggio di Celiento e Gigliotti rialzarsi di dopo gli errori, la forza dirompente di Cheddira, la leadership dei capitani Di Cesare e Antenucci (anche i goal, in quest'ultimo caso). La differenza rispetto a 12 mesi prima sta nella gioia del 3 aprile: «Che Bello è», con tanto di B maiuscola a sottolineare un obiettivo che - ripetiamo - non era scontato.
E adesso? Serve chiarezza. Da parte di Luigi De Laurentiis, innanzitutto. Sì, perché il Bari ritorna in B e riprende da dove era rimasto, ma la piazza biancorossa non ha per niente voglia di restarci a vita. Bari sente di appartenere alla massima categoria, e anche la famiglia De Laurentiis ha capito che - ove opportunamente stimolata - questa piazza sa essere un investimento promettente e, soprattutto, un bacino di soddisfazioni enormi. I 24mila di Bari-Fidelis Andria stanno lì a testimoniarlo, così come i 2.300 di Latina e gli otre 3mila che hanno seguito la partita al San Nicola sui maxischermi.
La prossima data "periodizzante" è il 30 giugno 2024: entro quel giorno i De Laurentiis dovranno scegliere tra Napoli e Bari, una decisione ormai ineludibile. Bari ha dimostrato amore, pazienza e grandi potenzialità: adesso inizia una nuova storia, e se la proprietà ci crede, nessuna strada è davvero preclusa. Bari is BBBack.
Seconda data: 22 luglio 2020. Il Bari di Vincenzo Vivarini si ferma in finale playoff, perdendo 1-0 contro la Reggiana e salutando all'ultimo metro la possibilità di essere promosso in B dopo appena due anni dal fallimento. Dopo quella delusione la squadra venne ribaltata come un calzino: un errore, visti gli insuccessi della stagione successiva (quella di cui abbiamo detto sopra), ammessi dallo stesso presidente Luigi De Laurentiis.
Terza data: 3 aprile 2022. E, stavolta, è festa. Il Bari di Michele Mignani vince 0-1 a Latina, con goal del solito Mirco Antenucci (e chi, se non lui?) e guadagna il pass aritmetico per il ritorno in serie B. A quattro anni dal fallimento del 2018. I biancorossi sono pronti a riprendere da dove avevano lasciato. Tutti siamo pronti, finalmente, a tornare dove eravamo rimasti.
Queste sono le tre fotografie istantanee di altrettanti anni passati a divincolarsi dalle sabbie mobili della serie C. La famiglia De Laurentiis, nel business plan del 2018 che valse l'aggiudicazione del titolo sportivo dal sindaco Antonio Decaro, aveva promesso in ritorno nella serie cadetta in tre anni. Ce n'è voluto uno di più; abbiamo dovuto pazientare, ma ne è valsa davvero la pena.
A queste tre date, poi, se ne può aggiungere anche un'altra, quella più simbolica di tutte. Era l'11 giugno del 2014, e quella volta Latina fu fatale al Bari della "meravigliosa stagione fallimentare", quello che senza società, senza stipendi, con un futuro pieno di punti interrogativi mancò una leggendaria finale playoff per la promozione in A uscendo con un doppio 2-2 proprio contro i pontini. Fu un boccone amaro da digerire, ma in quell'impresa rimasta incompiuta molti intravidero l'inizio di una nuova era, con le promesse dei capitali russi, malesi, indiani, cinesi e chi si ricorda più quali altri. E, invece, fu l'inizio della fine. Altre due proprietà cambiate nei successivi quattro anni, fino al luglio del 2018 e al fallimento causato da una gestione societaria per cui gli aggettivi dequalificanti sono ormai finiti da un pezzo.
Otto anni dopo, Latina diventa la cornice di un successo, di un trionfo sudato fin dall'inizio e per questo meritato fino in fondo. I fatalisti del calcio in questa coincidenza ci sguazzano, e forse fanno anche bene. Il pallone ti toglie, il pallone ti dà; come la vita. Ma la cornice della festa celebrata al Francioni di Latina non può essere solo una fortunata coincidenza, un caso benevolo. Pensarlo significherebbe spogliare di senso la grande impresa fatta dalla SSC Bari quest'anno; sì, perché venir via dal pantano della serie C non era affatto scontato, e alla famiglia De Laurentiis ci son voluti tre anni per capirlo. Meglio tardi, comunque, che mai.
Già, perché non può davvero essere una fortunata coincidenza il fatto che il Bari centri l'agognato obiettivo serie B proprio nell'anno in cui la società biancorossa ha deciso di tagliare il cordone ombelicale con Napoli e procedere per la sua strada. L'artefice di questo successo ha un nome: Ciro Polito. Un direttore sportivo giovane, ma con le idee chiarissime. E, soprattutto, uno che non usa frasi fatte o giri di parole; nel modo del calcio, che si nutre di banalità, non è affatto una specie comune. Polito ha portato sulla panchina del Bari mister Michele Mignani, accolto con tanto scetticismo alla fine della scorsa stagione ma dimostratosi assolutamente all'altezza del compito affidatogli.
Polito ha fatto un mezzo miracolo a piazzare gli esuberi (e i loro enormi ingaggi) nel mercato estivo, e a costruire una squadra forte ed esperta per la serie C. A Mignani è toccato, invece, l'ingrato compito di recuperare il terreno perso con un mercato che (per forza di cose) si è sbloccato effettivamente solo nelle ultime ore della sessione estiva. Il tutto, poi, complicato ancora di più da un ritiro di luglio completamente bruciato a causa del Covid. Insomma, ce n'era abbastanza per pensare a un'altra stagione di patemi e insuccessi.
E invece no. La svolta "indipendentista" finalmente adottata da Luigi De Laurentiis ha pagato fin da subito: le prime dieci giornate hanno visto il Bari esprimersi sui suoi migliori livelli, imponendo Mignani come leader e guida del gruppo. La scelta di tenere per quattro partite di fila Antenucci in panchina non è stata esattamente popolare, ma alla fine ha pagato. Poi è stato il turno di un altro gigante della rosa, D'Errico, e anche lì il tecnico ligure l'ha avuta vinta. Prima della pausa natalizia, insomma, il Bari sembrava lanciato verso la promozione, senza rivali accreditati.
E poi? È arrivata la "crisi di febbraio", con le sconfitte interne contro Messina e Campobasso, e il Catanzaro staccato di appena 4 punti. Lì sembrava tutto irrimediabilmente compromesso, pareva lo scherzo di qualcuno che avesse rimandato indietro la pellicola a un anno prima. E invece no: pareggio in rimonta nel derby con il Foggia giocato in un pantano (goal di Mallamo, il più bello della stagione), vittoria contro il Francavilla al San Nicola (altro pantano) con goal al 92' di Citro (bomber con la valigia in mano) e successo 1-2 nello scontro diretto di Catanzaro. Nel momento difficile la squadra di Mignani e il gruppo di Polito hanno risposto presente, con la forza dei nervi, con l'esperienza di chi sa gestire gli alti e bassi di una stagione. Nel mezzo ci sono le parate decisive di Frattali e Polverino, la personalità di Maita, l'ingresso di Maiello a gennaio, il carisma di Botta, la qualità senza eguali di D'Errico, la solidità di Terranova e il coraggio di Celiento e Gigliotti rialzarsi di dopo gli errori, la forza dirompente di Cheddira, la leadership dei capitani Di Cesare e Antenucci (anche i goal, in quest'ultimo caso). La differenza rispetto a 12 mesi prima sta nella gioia del 3 aprile: «Che Bello è», con tanto di B maiuscola a sottolineare un obiettivo che - ripetiamo - non era scontato.
E adesso? Serve chiarezza. Da parte di Luigi De Laurentiis, innanzitutto. Sì, perché il Bari ritorna in B e riprende da dove era rimasto, ma la piazza biancorossa non ha per niente voglia di restarci a vita. Bari sente di appartenere alla massima categoria, e anche la famiglia De Laurentiis ha capito che - ove opportunamente stimolata - questa piazza sa essere un investimento promettente e, soprattutto, un bacino di soddisfazioni enormi. I 24mila di Bari-Fidelis Andria stanno lì a testimoniarlo, così come i 2.300 di Latina e gli otre 3mila che hanno seguito la partita al San Nicola sui maxischermi.
La prossima data "periodizzante" è il 30 giugno 2024: entro quel giorno i De Laurentiis dovranno scegliere tra Napoli e Bari, una decisione ormai ineludibile. Bari ha dimostrato amore, pazienza e grandi potenzialità: adesso inizia una nuova storia, e se la proprietà ci crede, nessuna strada è davvero preclusa. Bari is BBBack.