Il cuore oltre sfortuna e imprecisione. Bari, ora manca l’ultimo passo
I galletti firmano un’altra impresa pareggiando contro il Cagliari. Traguardo in vista, serve l’aiuto di tutti
venerdì 9 giugno 2023
7.38
Sono i playoff delle imprese. Il conto ne registra già due: dopo l'epica sfida contro il Sudtirol, la monumentale prova in casa del Cagliari. È un Bari tutto cuore quello che si sta giocando gli spareggi promozione, arrivando in vista del traguardo grosso, il salto in serie A.
E, d'altra parte, non si può fare a meno di squadernare il registro degli aggettivi più altisonanti per descrivere quello che i biancorossi combinano alla Unipol Domus. Unico rimpianto: la prima mezz'ora di gioco. La squadra di Mignani, al cospetto di un Cagliari sulla carta fortissimo, approccia la sfida con un po' troppo timore, davanti all'impeto della squadra di Ranieri. Certo, sul groppone pesa anche l'assenza più grande di tutte: capitan Di Cesare dà forfait nel riscaldamento, e con lui viene meno la colonna su cui si poggiano solidità difensiva e morale.
Il risultato è palese: già al 9' i rossoblù vanno avanti con lo spietato Lapadula, che raccoglie il cross di Mancosu, semina Zuzek, si beve la marcatura leggera di Dorval e deposita in rete. Quando, poi, Deiola stampa la traversa di testa e l'arbitro Mariani annulla la doppietta di Lapadula per fuorigioco sembra già chiaro il copione: sarà un assolo dei sardi.
Ma l'errore più grande che un avversario possa commettere incrociando i guantoni con questo Bari è sottovalutare la squadra di Mignani. I biancorossi reagiscono oltre ogni difficoltà, serrano i ranghi, stringono i denti e vanno avanti con la forza di un cuore grande così. Vicari e Zuzek si compattano ed eclissano Lapadula, il diesel Dorval prende le misure a Luvumbo e gli mette la camicia di forza, il centrocampo con fosforo, pazienza e qualità risponde colpo su colpo ai dirimpettai (comandati da Nandez, non l'ultimo arrivato).
Grinta e coraggio, ma anche qualità e nervi saldi: il Bari, alla distanza, tira fuori la sua migliore prestazione stagionale, nella partita che conta di più, trascinato dalla fantasia e dalla visione panoramica di Esposito, faro della manovra offensiva. Peccato, davvero peccato, per un mirino fuori fase e una dose esagerata di sfortuna: Zuzek si divora un colpo di testa a botta sicura, Cheddira se ne mangia un altro paio di quelli succulenti. È la serata no per l'attaccante biancorosso, che forse sente anche il peso della responsabilità e soffre il lungo digiuno di goal; il rigore al 39' è calciato davvero troppo male per essere vero, anche se vanno riconosciuti i meriti di Radunovic che, con un colpo di reni, impedisce la ribattuta dell'italo-marocchino con la porta spalancata.
Già, Radunovic… Il portiere del Cagliari esce dal campo con un 8 pieno in pagella, e questo già di per sé dà la dimensione della sofferenza dei sardi al cospetto di un Bari totalmente dominante nella ripresa; l'estremo difensore è prodigioso prima su Cheddira (serataccia per lui), poi su Benedetti. Mignani è bravo a leggere la partita e a proporre gli aggiustamenti necessari al momento giusto: gli ingressi di Folorunsho e Ceter per Esposito e Maita spaccano a metà la resistenza montata da Ranieri, che con Obert e Di Pardo decide di intraprendere la pericolosa via della difesa a oltranza. Sta di fatto che i galletti prendono sempre più campo, togliendo il fiato ai rossoblù. Nel finale è un assolo totale degli ospiti, spinti dalla forza del cuore che mette benzina in più nelle gambe, mentre agli avversari sembra essersi accesa la spia della riserva: Ceter è devastante con il suo fisico, ma la notte stregata di Cheddira mette il piedone di Zappa tra il suo mancino e la linea di porta.
Sembra stregata, una maledizione; ma questo Bari non muore mai. Tanto mansueto e riflessivo appare Mignani davanti a microfoni e telecamere, quanto impetuosa sembra la sua squadra quando c'è da portare a termine un'impresa. La sensazione che si ha, anche nel finale, è di un Bari capace da un momento all'altro di riportare la situazione in equilibrio, per fare riecheggiare la voce grossa della terza classificata nel doppio confronto. Il battibecco in campo tra Maita e Caprile appare come un'ennesima dimostrazione di quella tensione positiva che percorre, come una corrente carsica, i muscoli e i nervi di una squadra attaccatissima all'obiettivo, ora più vicino che mai.
Non stupisce, infatti, che in pieno recupero la grande generosità del solito Folorunsho (a mezzo servizio sì, ma quanto è decisivo) costringa Altare al fallo e l'arbitro Mariani a concedere il secondo rigore, anche questo dopo consulto al Var. E qui Mignani fa il capolavoro, di istinto, di avventatezza, di sana incoscienza. Il mister dice ad Antenucci di svestire la pettorina: «Il rigore lo calci tu». Mirco entra, spiazza il gigantesco Radunovic e segna il goal del pareggio, che vale oro colato; nelle vene del neo dottore scorre ghiaccio.
Sembra il copione di un film americano, di quelli in cui il protagonista si tuffa a corpo morto nell'apocalisse; manca ancora, però, da scrivere e recitare il finale. Ancora due giorni di pazienza, poi scopriremo la verità, in un teatro d'eccezione. Se contro il Sudtirol i 51mila sono stati decisivi per prendere la squadra per mano e portarla alla vittoria, il "miedo escenico" di un San Nicola sold-out si preannuncia condizione necessaria (ma non sufficiente) per compiere quell'ultimo passo che manca verso il tripudio, l'apoteosi.
Al Bari basterebbe un pareggio per staccare l'ultimo biglietto con su scritto "Destinazione serie A", ma guai a fare calcoli. D'altra parte, la storia di questi playoff l'ha insegnato: quando i galletti si mettono a ragionare troppo, sbagliano. La forza del Bari sta in un cuore calzato nelle scarpe, nella folle combinazione di squadra, tifoseria, città, nell'irrazionale istinto di rendere reale ciò che era a stento possibile. Manca l'ultimo miglio, il più lungo e difficile: serve l'aiuto di un popolo intero per scrivere un'altra pagina di storia. La più intensa, la più bella.
E, d'altra parte, non si può fare a meno di squadernare il registro degli aggettivi più altisonanti per descrivere quello che i biancorossi combinano alla Unipol Domus. Unico rimpianto: la prima mezz'ora di gioco. La squadra di Mignani, al cospetto di un Cagliari sulla carta fortissimo, approccia la sfida con un po' troppo timore, davanti all'impeto della squadra di Ranieri. Certo, sul groppone pesa anche l'assenza più grande di tutte: capitan Di Cesare dà forfait nel riscaldamento, e con lui viene meno la colonna su cui si poggiano solidità difensiva e morale.
Il risultato è palese: già al 9' i rossoblù vanno avanti con lo spietato Lapadula, che raccoglie il cross di Mancosu, semina Zuzek, si beve la marcatura leggera di Dorval e deposita in rete. Quando, poi, Deiola stampa la traversa di testa e l'arbitro Mariani annulla la doppietta di Lapadula per fuorigioco sembra già chiaro il copione: sarà un assolo dei sardi.
Ma l'errore più grande che un avversario possa commettere incrociando i guantoni con questo Bari è sottovalutare la squadra di Mignani. I biancorossi reagiscono oltre ogni difficoltà, serrano i ranghi, stringono i denti e vanno avanti con la forza di un cuore grande così. Vicari e Zuzek si compattano ed eclissano Lapadula, il diesel Dorval prende le misure a Luvumbo e gli mette la camicia di forza, il centrocampo con fosforo, pazienza e qualità risponde colpo su colpo ai dirimpettai (comandati da Nandez, non l'ultimo arrivato).
Grinta e coraggio, ma anche qualità e nervi saldi: il Bari, alla distanza, tira fuori la sua migliore prestazione stagionale, nella partita che conta di più, trascinato dalla fantasia e dalla visione panoramica di Esposito, faro della manovra offensiva. Peccato, davvero peccato, per un mirino fuori fase e una dose esagerata di sfortuna: Zuzek si divora un colpo di testa a botta sicura, Cheddira se ne mangia un altro paio di quelli succulenti. È la serata no per l'attaccante biancorosso, che forse sente anche il peso della responsabilità e soffre il lungo digiuno di goal; il rigore al 39' è calciato davvero troppo male per essere vero, anche se vanno riconosciuti i meriti di Radunovic che, con un colpo di reni, impedisce la ribattuta dell'italo-marocchino con la porta spalancata.
Già, Radunovic… Il portiere del Cagliari esce dal campo con un 8 pieno in pagella, e questo già di per sé dà la dimensione della sofferenza dei sardi al cospetto di un Bari totalmente dominante nella ripresa; l'estremo difensore è prodigioso prima su Cheddira (serataccia per lui), poi su Benedetti. Mignani è bravo a leggere la partita e a proporre gli aggiustamenti necessari al momento giusto: gli ingressi di Folorunsho e Ceter per Esposito e Maita spaccano a metà la resistenza montata da Ranieri, che con Obert e Di Pardo decide di intraprendere la pericolosa via della difesa a oltranza. Sta di fatto che i galletti prendono sempre più campo, togliendo il fiato ai rossoblù. Nel finale è un assolo totale degli ospiti, spinti dalla forza del cuore che mette benzina in più nelle gambe, mentre agli avversari sembra essersi accesa la spia della riserva: Ceter è devastante con il suo fisico, ma la notte stregata di Cheddira mette il piedone di Zappa tra il suo mancino e la linea di porta.
Sembra stregata, una maledizione; ma questo Bari non muore mai. Tanto mansueto e riflessivo appare Mignani davanti a microfoni e telecamere, quanto impetuosa sembra la sua squadra quando c'è da portare a termine un'impresa. La sensazione che si ha, anche nel finale, è di un Bari capace da un momento all'altro di riportare la situazione in equilibrio, per fare riecheggiare la voce grossa della terza classificata nel doppio confronto. Il battibecco in campo tra Maita e Caprile appare come un'ennesima dimostrazione di quella tensione positiva che percorre, come una corrente carsica, i muscoli e i nervi di una squadra attaccatissima all'obiettivo, ora più vicino che mai.
Non stupisce, infatti, che in pieno recupero la grande generosità del solito Folorunsho (a mezzo servizio sì, ma quanto è decisivo) costringa Altare al fallo e l'arbitro Mariani a concedere il secondo rigore, anche questo dopo consulto al Var. E qui Mignani fa il capolavoro, di istinto, di avventatezza, di sana incoscienza. Il mister dice ad Antenucci di svestire la pettorina: «Il rigore lo calci tu». Mirco entra, spiazza il gigantesco Radunovic e segna il goal del pareggio, che vale oro colato; nelle vene del neo dottore scorre ghiaccio.
Sembra il copione di un film americano, di quelli in cui il protagonista si tuffa a corpo morto nell'apocalisse; manca ancora, però, da scrivere e recitare il finale. Ancora due giorni di pazienza, poi scopriremo la verità, in un teatro d'eccezione. Se contro il Sudtirol i 51mila sono stati decisivi per prendere la squadra per mano e portarla alla vittoria, il "miedo escenico" di un San Nicola sold-out si preannuncia condizione necessaria (ma non sufficiente) per compiere quell'ultimo passo che manca verso il tripudio, l'apoteosi.
Al Bari basterebbe un pareggio per staccare l'ultimo biglietto con su scritto "Destinazione serie A", ma guai a fare calcoli. D'altra parte, la storia di questi playoff l'ha insegnato: quando i galletti si mettono a ragionare troppo, sbagliano. La forza del Bari sta in un cuore calzato nelle scarpe, nella folle combinazione di squadra, tifoseria, città, nell'irrazionale istinto di rendere reale ciò che era a stento possibile. Manca l'ultimo miglio, il più lungo e difficile: serve l'aiuto di un popolo intero per scrivere un'altra pagina di storia. La più intensa, la più bella.