Il “grande” Bari fermato ancora dal “piccolo” Monopoli. Un derby come lezione di umiltà

La piazza biancorossa paga il prezzo della sua boria. Mignani sbaglia le scelte, ma ora sotto con la Turris

domenica 13 febbraio 2022 11.16
A cura di Riccardo Resta
"No, non chiamatelo derby". Tanti tifosi del Bari alla vigilia della sfida con il Monopoli hanno provato a spogliare di senso e di importanza il confronto tra il capoluogo di regione e la provincia: il "grande" Bari costretto, come un nobile decaduto, a declassarsi al rango infimo della classe operaia. Che grave errore, invocare lo status di "derby" solo per le sfide contro Taranto, Lecce e Foggia, quelle che hanno una storia, una tradizione nell'araldica del pallone pugliese. Bene, dispiace informare chi tira, consapevolmente o no, in ballo la "boria dei dotti" (tanto per dirla con l'illustre filosofo Giambattista Vico) che il derby con il Monopoli magari non avrà tradizione, però una storia ce l'ha eccome.

Sì, perché se una volta la sfida con i biancoverdi era la classica sgambata di agosto o l'amichevole del giovedì, adesso è un confronto che vale punti. Ed è un confronto assolutamente sfavorevole al Bari, che nelle tre volte in cui ha incrociato le lame con il Monopoli al Veneziani non ha mai vinto. E qualcuno ha avuto anche l'ardire di lamentarsi (a priori) perché il gabbiano avrebbe fatto "la partita della vita" contro il Bari; come se nel calcio contasse il sangue blu, il diritto feudale del signore di avere strada libera quando incontra il villano. Roba da XVII secolo, insomma; ma, per fortuna, il calcio è un'altra cosa. Conta il merito, e - piaccia o no - la "piccola" Monopoli si è guadagnata ancora una volta il rispetto della "grande" e spocchiosa Bari, una piazza che non ha probabilmente ancora realizzato di essere in serie C, e senza l'umiltà propria della serie C difficilmente riuscirà a tornare in quella dimensione di grandezza che - a conti fatti - suona più come un'autoproclamazione che come una realtà.

Umiltà, dicevamo. Sì, perché in termini assoluti un pareggio a Monopoli non sarebbe affatto un risultato da buttare via. Ma lo 0-0 del Veneziani assume contorni problematici alla luce del ko che la squadra di Mignani aveva rimediato sette giorni prima col Messina in casa, e alla luce della riscossa di Avellino e Catanzaro, ora appaiate al secondo posto a -7 dalla capolista biancorossa. Sì, il Monopoli contro il Bari fa la partita della vita, andando a punzecchiare i galletti lì dove sono più vulnerabili. Nel primo tempo quasi non c'è storia: dopo un discreto avvio del Bari, con Simeri (scelta a sorpresa di Mignani dal 1') che pesca Mallamo, impreciso nella conclusione, la squadra di Colombo prende il controllo delle operazioni. Il Monopoli stravince il duello a centrocampo e sulle fasce: il terzetto centrale Langella-Vassallo-Bussaglia domina il duello con i dirimpettai Maita-Maiello-Scavone a suon di percussioni, pressing e intensità. Sulla sinistra Guiebre è praticamente imprendibile per Pucino e lo spaesato Terranova, a destra Viteritti fa più fatica con Ricci ma comunque sa rendersi pericoloso. Abbassamento della zona pressing, catenaccio e contropiede: uno schema antico come il calcio, ma che se applicato bene dà i suoi frutti.

Il Bari si salva tra 12' e 14' solo perché Langella e Bussaglia non hanno il mirino ben tarato, poi nel finale di frazione è ancora un gigantesco Frattali a salire in cattedra e a dire no sempre a Bussaglia con un intervento di piede quasi irreale. Lo stesso Bussaglia che un paio di minuti prima aveva salvato sulla linea un colpo di testa di Gigliotti dopo un mischione furibondo su azione d'angolo; praticamente la cosa migliore che un Bari spento e in difficoltà riesce a creare nel primo tempo.

La ripresa propone uno spartito diverso, innanzitutto perché il ritmo del Monopoli un po' si abbassa e il Bari può lentamente provare a mettere il naso fuori dalla sua metà campo. Antenucci e Simeri iniziano ad avere qualche pallone un po' più pulito, Maita riesce ad alzare un minimo il suo raggio d'azione, Mallamo appare più a fuoco sulla trequarti, nel ruolo di raccordo tra centrocampo e attacco. Antenucci ci prova con una giocata delle sue: stop di petto e mezza rovesciata al volo, palla che sfiora la traversa. Mignani, però, all'ora di gioco decide di tirarlo fuori per gettare nella mischia Cheddira; una scelta che difficilmente si comprende. «L'ho visto stanco», ha spiegato il tecnico riferendosi ad Antenucci, ma sta di fatto che senza il suo capitano il Bari perde fantasia e imprevedibilità. I galletti provano a costruire, ma quando la palla arriva lì davanti per Simeri e Cheddira è praticamente impossibile trovare lo spunto che perfori la straordinariamente organizzata retroguardia di casa. Le cose non cambiano neanche negli ultimi 10', quando il Monopoli rimane in inferiorità numerica per l'ingenua espulsione rimediata dal neo entrato Borrelli (due gialli in 8', un record). Il Bari gira a vuoto; merito della squadra di Colombo, che in fase di copertura è praticamente un orologio.

Per non parlare, poi, dell'ingresso irritante di D'Errico, che entra a meno di 5' dalla fine e non riesce a rimediare di meglio che un'ammonizione inutile. Ma va sottolineato come il cambio sia stato tardivo da parte di Mignani, ultimamente sempre più propenso a conservare lo status quo che a forzare la mano. «Non ha inciso perché non è entrato come avrebbe dovuto», la tirata d'orecchio di Mignani a D'Errico, che probabilmente si aspettava di essere titolare e che, invece, ha finito per rappresentare proprio quella spocchia di cui dicevamo prima e di cui, in questo momento, il Bari non ha affatto bisogno.

Sì, perché è evidente che la squadra sia in difficoltà. Il Bari non è più la corazzata lanciata che avevamo ammirato prima di Natale; il lungo stop tra dicembre e gennaio, il Covid, il richiamo di preparazione e il conseguente ritardo di condizione fisica hanno tolto certezze a quel meccanismo perfetto che era la squadra di Mignani fino alla partita con il Potenza. Il mercato di gennaio, poi, ha fatto il resto. L'arrivo di Maiello ha portato a Bari il regista puro che mancava dai tempi di Almiron, ma il ritorno di Maita sulla mezzala destra è andato a rompere un equilibrio tattico che funzionava molto bene con l'ex Catanzaro in posizione di play. Un equilibrio che adesso va ritrovato, anche se di tempo ce n'è poco. L'obiettivo, nell'immediato, è recuperare quanto prima Botta, uno dei pochissimi insostituibili di questo Bari, il vero architetto del gioco di Mignani sulla trequarti.

Ma prima ci sarà da fare i conti con un altro impegno delicatissimo, tra appena tre giorni. Martedì si va a Torre del Greco per incrociare i guantoni con la Turris, in un'altra sfida-verità che il Bari stavolta non può affatto sbagliare. Anche nel girone d'andata ci sono stati momenti difficili e piccole crisi, ma il Bari ne è uscito proprio con l'abnegazione e l'umiltà di cui si diceva sopra. Sperando che, anche stavolta, la squadra ne abbia in quantità maggiori rispetto alla piazza che rappresenta in campo.