Marino Defendi cuore biancorosso
Uomo vero, il capitano della Ternana sabato sarà un avversario. Ma a lui è legato uno dei ricordi più belli del recente passato del Bari
giovedì 22 febbraio 2018
0.08
Il mare calmo di Palese e la sua canna da pesca, la "pratica" buddista che lo ha aiutato a crescere, la compagnia di qualche amico e il sorriso sempre stampato sul viso.
Marino Defendi, oggi capitano della Ternana, è un pezzo di storia recente del calcio a Bari, un pezzo bellissimo, un pezzo di cuore legato alla "meravigliosa stagione fallimentare", benedetta o maledetta stagione fallimentare.
Bergamasco di nascita, barese d'adozione, sabato sarà avversario in campo, ma non potrà mai essere guardato con diffidenza dai tifosi biancorossi. Troppo poco omaggiato quando è andato via, Defendi rappresenta il calcio pulito, l'uomo che sa resistere alle sirene di mercato e restare quando tutta la barca sta affondando, non sempre capito o osannato, da una piazza a cui poi si è legato indissolubilmente.
Da lui partì la campagna "Salvate la Bari" (il primo in posa vicino i cassonetti della spazzatura) che divenne virale sul web nella stagione 2013/2014 anche grazie a Daniele Sciaudone, creando i presupposti per una primavera che ancora fa brillare gli occhi a tanti baresi. Allo stesso modo, dopo il 4-1 inferto al Novara nell'ultima di campionato, fu lui a piangere di gioia per il raggiungimento dei playoff. La classe operaia andava in paradiso e lui, fascia di capitano indomito al braccio, ne era uno degli emblemi.
Marino Defendi è tutto questo per chi ha il Bari (o la Bari, fate voi) nel cuore, ma è anche il ragazzo semplice che si fermava con moglie ed amici nel Bar Italia di Santo Spirito per ore, anche quando era stanco, o colui il quale amava sostare in barca poco al largo di Palese a pescare e ad ammirare la quiete del mare piatto in primavera.
«Vicino casa mia non c'è il mare - soleva dire -, ci sono solo fiumi. E pescare sul mare, di mattina presto, è un'altra cosa». Marino è stato tutto ciò, inconsapevolmente. Per fortuna. Perché la sua autenticità deriva dalla sua inconsapevolezza ed ha conquistato molta gente, quella semplice, quella come lui, ragazzo genuino della bergamasca.
Il suo curriculum racconta di 159 presenze e 9 reti col Bari. A noi interessa davvero poco, perché le sue lacrime, quelle del dopo-Novara e al ritorno in aeroporto dopo la sconfitta ai playoff a Latina, valgono molto di più dei gol fatti e delle volte in cui ha indossato quella maglia.
Marino è uno di noi, un barese non per nascita, ma per vocazione. Un uomo del sud per attitudine ai buoni sentimenti, per quel suo non voler stare sempre e solo dalla parte del più forte.
Avversario per 90 minuti, un grande amico della città di Bari per sempre. In bocca al lupo capitano, magari da martedì prossimo. Ad aspettarlo qui ci saranno sempre gli amici, la focaccia calda e quel mare calmo che riempie l'anima.
Marino Defendi, oggi capitano della Ternana, è un pezzo di storia recente del calcio a Bari, un pezzo bellissimo, un pezzo di cuore legato alla "meravigliosa stagione fallimentare", benedetta o maledetta stagione fallimentare.
Bergamasco di nascita, barese d'adozione, sabato sarà avversario in campo, ma non potrà mai essere guardato con diffidenza dai tifosi biancorossi. Troppo poco omaggiato quando è andato via, Defendi rappresenta il calcio pulito, l'uomo che sa resistere alle sirene di mercato e restare quando tutta la barca sta affondando, non sempre capito o osannato, da una piazza a cui poi si è legato indissolubilmente.
Da lui partì la campagna "Salvate la Bari" (il primo in posa vicino i cassonetti della spazzatura) che divenne virale sul web nella stagione 2013/2014 anche grazie a Daniele Sciaudone, creando i presupposti per una primavera che ancora fa brillare gli occhi a tanti baresi. Allo stesso modo, dopo il 4-1 inferto al Novara nell'ultima di campionato, fu lui a piangere di gioia per il raggiungimento dei playoff. La classe operaia andava in paradiso e lui, fascia di capitano indomito al braccio, ne era uno degli emblemi.
Marino Defendi è tutto questo per chi ha il Bari (o la Bari, fate voi) nel cuore, ma è anche il ragazzo semplice che si fermava con moglie ed amici nel Bar Italia di Santo Spirito per ore, anche quando era stanco, o colui il quale amava sostare in barca poco al largo di Palese a pescare e ad ammirare la quiete del mare piatto in primavera.
«Vicino casa mia non c'è il mare - soleva dire -, ci sono solo fiumi. E pescare sul mare, di mattina presto, è un'altra cosa». Marino è stato tutto ciò, inconsapevolmente. Per fortuna. Perché la sua autenticità deriva dalla sua inconsapevolezza ed ha conquistato molta gente, quella semplice, quella come lui, ragazzo genuino della bergamasca.
Il suo curriculum racconta di 159 presenze e 9 reti col Bari. A noi interessa davvero poco, perché le sue lacrime, quelle del dopo-Novara e al ritorno in aeroporto dopo la sconfitta ai playoff a Latina, valgono molto di più dei gol fatti e delle volte in cui ha indossato quella maglia.
Marino è uno di noi, un barese non per nascita, ma per vocazione. Un uomo del sud per attitudine ai buoni sentimenti, per quel suo non voler stare sempre e solo dalla parte del più forte.
Avversario per 90 minuti, un grande amico della città di Bari per sempre. In bocca al lupo capitano, magari da martedì prossimo. Ad aspettarlo qui ci saranno sempre gli amici, la focaccia calda e quel mare calmo che riempie l'anima.