Poca personalità e tanta ansia. Bari, quei fischi chiamano una reazione
I biancorossi con il Como giocano bene ma perdono altri due punti. È ora di cambiare strada
lunedì 2 ottobre 2023
Partiamo dalla fine, ovvero da quella bordata di fischi all'indirizzo di squadra, staff e società al triplice fischio di Bari-Como. È 1-1, l'ennesimo pareggio di un avvio di campionato incerto, piatto e senza sussulti da parte dei biancorossi, che ricevono la disapprovazione della propria tifoseria. Un messaggio inequivocabile, e anche un messaggio nuovo. Sì, perché a inizio gara dalla curva nord si levava uno striscione che invitava il club a programmare chiaramente; un monito, a non tradire una fiducia ancora viva, seppur non in ottima salute.
E poi i fischi, che a loro volta si prestano a un livello interpretativo ulteriore: la pazienza sta finendo. E a ragione, verrebbe da aggiungere. Sì, perché se il direttore sportivo Polito ha parlato di una «Squadra sulla carta più forte di quella dell'anno scorso», il campo e i fatti stanno raccontando una verità tutta diversa.
E, sia chiaro, se si vanno a prendere uno per uno i calciatori di questa rosa e si paragonano a quelli della passata stagione, l'affermazione potrebbe anche essere vera. D'altra parte, ad agosto 2022 in pochissimi avrebbero scommesso un euro su Cheddira, Folorunsho, Caprile, Benedetti, Dorval e compagnia. Quest'anno, invece, nomi come Acampora, Sibilli, Aramu, Diaw, Koutsoupias e Frabotta portano in dote una solida e comprovata esperienza in serie B. Ma, lo ribadiamo, i fatti raccontano altro.
E raccontano innanzitutto di una squadra che evidenzia un difetto di personalità grande come una voragine. Sì, perché stavolta a mister Mignani si può dire poco o nulla: il Bari, contro i lariani, gioca la miglior partita fino a ora, dando seguito agli spunti interessanti visti nella gara, seppur perduta, di Parma. Nasti nel primo tempo fa goal, annullato per un capestro dell'arbitro che non si prende neanche il disturbo di andarlo a rivedere, e concretizza la maggiore mole di gioco espressa dai biancorossi. Sì, è vero, i galletti qualcosa concedono alla squadra di Longo (tra le migliori del campionato, quindi ci sta), ma lo fanno perché per una volta mettono in mostra coraggio e spregiudicatezza. E va bene così, anche perché questo Bari nel primo tempo assomiglia a quello della passata stagione, nei suoi giorni più ispirati.
Poi di mezzo ci si mette anche la buona sorte, perché al 50' Kone viene espulso per un dubbio intervento su Dorval, e a quel punto Mignani decide di rischiarsela ancora di più. L'ingresso di Diaw dà supporto a Nasti, Sibilli e Aramu, infoltendo l'attacco con quattro punte e un assetto all'arrembaggio quasi mai visto da parte dell'attuale gestione tecnica. E finalmente il goal arriva, sfruttando una situazione su cui in passato si è sempre fatto fatica: angolo di Sibilli, sponda di Vicari, acrobazia vincente di Diaw. Tutto così semplice, tutto così efficace. La rete dell'attaccante ex Modena è una delle notizie positive di giornata; il suo progressivo ingresso in squadra offrirà un più ampio ventaglio di soluzioni tattiche e tecniche a una squadra più volte apparsa a corto di idee.
E poi? Sul più bello la luce si spegne. Passano sessanta secondi e il Como pareggia, con il buon Bellemo lasciato liberissimo in area su una situazione facilmente leggibile. Un film già visto, contro il Catanzaro una settimana fa; con l'aggravante che, stavolta, l'avversario era in inferiorità numerica. E siccome commentare una squadra così fragile non è compito semplice, ci limitiamo a constatare come tutto il gruppo biancorosso soffra di un problema caratteriale e di personalità (strano, con tutta questa gente esperta). Mignani ha parlato di «Ansia da vittoria», ed è un problema mica da niente; anzi.
L'ansia della squadra è perfettamente comunicata dalla leggerezza con cui vengono commessi certi errori, come quello sul goal di Bellemo. Un errore che non solo poteva, ma doveva essere evitato, soprattutto perché va a rovinare quanto il Bari si era guadagnato con sudore, fatica, ma soprattutto merito. E se è vero che i biancorossi con cuore hanno pareggiato col Palermo e vinto in casa della Cremonese andando oltre le molte difficoltà, è altrettanto vero che da quelle imprese sono passate sei giornate, in cui sono arrivati cinque pareggi e una sconfitta. Nove punti, dodicesimo posto (con un tabellone che ancora si deve riallineare) e una mediocrità generale che - come sottolineato eloquentemente dai cori della nord - Bari decisamente non merita.
Mignani ha spesso parlato di una squadra scesa in campo in maniera dignitosa; e questo non può bastare, non a una piazza che a giugno sfiorava il cielo e oggi si ritrova con la polvere in gola. E preoccupa il fatto che il mister in conferenza abbia parlato di un livello da scoprire sulla lunga distanza, sì, ma che potrebbe anche non essere un livello eccelso. E l'ordine delle cose sembra andare proprio in questo senso.
E, allora, che si fa? Posto che la proprietà, nella persona di Luigi De Laurentiis, continua a non fare chiarezza tra realtà e vuota propaganda, tocca a mister e squadra provare a tirare fuori il massimo possibile da una stagione partita malino. Sì, perché ci vuol poco a trasformare la delusione in rassegnazione, e se c'è una cosa di cui Bari non ha proprio bisogno è una stagione anonima, con addirittura il rischio di dover andare a fare la lotta nel fango della zona playout. D'altronde, in quattro mesi si è passati dai 60mila di Bari-Cagliari ai 16mila di Bari-Como; qualcosa tra squadra, club e città si sta sfilacciando, e di tempo per ricucire non ce n'è all'infinito.
Coraggio, quindi. I problemi tecnici di una rosa costruita in fretta e furia negli ultimi giorni, con risorse non esattamente infinite, ci sono tutti e sono evidenti. Ma su quello si può lavorare, e il tempo è un bravo dottore. Ciò che, invece, chiama una reazione immediata sono quei fischi di fine partita, emessi da chi è troppo coinvolto sentimentalmente nella vicenda e spera di riuscire - con le cattive, se necessario - a tirare fuori dalla squadra orgoglio e nervi saldi. Qualità sempre molto apprezzate del Bari di Mignani, che ora devono tornare a essere le carte vincenti da scoprire sul tavolo.
Adesso c'è la Reggiana fuori casa, poi la sosta. Il Bari può ancora cambiare strada e trovare un senso a questa stagione, ma bisogna farlo adesso.
E poi i fischi, che a loro volta si prestano a un livello interpretativo ulteriore: la pazienza sta finendo. E a ragione, verrebbe da aggiungere. Sì, perché se il direttore sportivo Polito ha parlato di una «Squadra sulla carta più forte di quella dell'anno scorso», il campo e i fatti stanno raccontando una verità tutta diversa.
E, sia chiaro, se si vanno a prendere uno per uno i calciatori di questa rosa e si paragonano a quelli della passata stagione, l'affermazione potrebbe anche essere vera. D'altra parte, ad agosto 2022 in pochissimi avrebbero scommesso un euro su Cheddira, Folorunsho, Caprile, Benedetti, Dorval e compagnia. Quest'anno, invece, nomi come Acampora, Sibilli, Aramu, Diaw, Koutsoupias e Frabotta portano in dote una solida e comprovata esperienza in serie B. Ma, lo ribadiamo, i fatti raccontano altro.
E raccontano innanzitutto di una squadra che evidenzia un difetto di personalità grande come una voragine. Sì, perché stavolta a mister Mignani si può dire poco o nulla: il Bari, contro i lariani, gioca la miglior partita fino a ora, dando seguito agli spunti interessanti visti nella gara, seppur perduta, di Parma. Nasti nel primo tempo fa goal, annullato per un capestro dell'arbitro che non si prende neanche il disturbo di andarlo a rivedere, e concretizza la maggiore mole di gioco espressa dai biancorossi. Sì, è vero, i galletti qualcosa concedono alla squadra di Longo (tra le migliori del campionato, quindi ci sta), ma lo fanno perché per una volta mettono in mostra coraggio e spregiudicatezza. E va bene così, anche perché questo Bari nel primo tempo assomiglia a quello della passata stagione, nei suoi giorni più ispirati.
Poi di mezzo ci si mette anche la buona sorte, perché al 50' Kone viene espulso per un dubbio intervento su Dorval, e a quel punto Mignani decide di rischiarsela ancora di più. L'ingresso di Diaw dà supporto a Nasti, Sibilli e Aramu, infoltendo l'attacco con quattro punte e un assetto all'arrembaggio quasi mai visto da parte dell'attuale gestione tecnica. E finalmente il goal arriva, sfruttando una situazione su cui in passato si è sempre fatto fatica: angolo di Sibilli, sponda di Vicari, acrobazia vincente di Diaw. Tutto così semplice, tutto così efficace. La rete dell'attaccante ex Modena è una delle notizie positive di giornata; il suo progressivo ingresso in squadra offrirà un più ampio ventaglio di soluzioni tattiche e tecniche a una squadra più volte apparsa a corto di idee.
E poi? Sul più bello la luce si spegne. Passano sessanta secondi e il Como pareggia, con il buon Bellemo lasciato liberissimo in area su una situazione facilmente leggibile. Un film già visto, contro il Catanzaro una settimana fa; con l'aggravante che, stavolta, l'avversario era in inferiorità numerica. E siccome commentare una squadra così fragile non è compito semplice, ci limitiamo a constatare come tutto il gruppo biancorosso soffra di un problema caratteriale e di personalità (strano, con tutta questa gente esperta). Mignani ha parlato di «Ansia da vittoria», ed è un problema mica da niente; anzi.
L'ansia della squadra è perfettamente comunicata dalla leggerezza con cui vengono commessi certi errori, come quello sul goal di Bellemo. Un errore che non solo poteva, ma doveva essere evitato, soprattutto perché va a rovinare quanto il Bari si era guadagnato con sudore, fatica, ma soprattutto merito. E se è vero che i biancorossi con cuore hanno pareggiato col Palermo e vinto in casa della Cremonese andando oltre le molte difficoltà, è altrettanto vero che da quelle imprese sono passate sei giornate, in cui sono arrivati cinque pareggi e una sconfitta. Nove punti, dodicesimo posto (con un tabellone che ancora si deve riallineare) e una mediocrità generale che - come sottolineato eloquentemente dai cori della nord - Bari decisamente non merita.
Mignani ha spesso parlato di una squadra scesa in campo in maniera dignitosa; e questo non può bastare, non a una piazza che a giugno sfiorava il cielo e oggi si ritrova con la polvere in gola. E preoccupa il fatto che il mister in conferenza abbia parlato di un livello da scoprire sulla lunga distanza, sì, ma che potrebbe anche non essere un livello eccelso. E l'ordine delle cose sembra andare proprio in questo senso.
E, allora, che si fa? Posto che la proprietà, nella persona di Luigi De Laurentiis, continua a non fare chiarezza tra realtà e vuota propaganda, tocca a mister e squadra provare a tirare fuori il massimo possibile da una stagione partita malino. Sì, perché ci vuol poco a trasformare la delusione in rassegnazione, e se c'è una cosa di cui Bari non ha proprio bisogno è una stagione anonima, con addirittura il rischio di dover andare a fare la lotta nel fango della zona playout. D'altronde, in quattro mesi si è passati dai 60mila di Bari-Cagliari ai 16mila di Bari-Como; qualcosa tra squadra, club e città si sta sfilacciando, e di tempo per ricucire non ce n'è all'infinito.
Coraggio, quindi. I problemi tecnici di una rosa costruita in fretta e furia negli ultimi giorni, con risorse non esattamente infinite, ci sono tutti e sono evidenti. Ma su quello si può lavorare, e il tempo è un bravo dottore. Ciò che, invece, chiama una reazione immediata sono quei fischi di fine partita, emessi da chi è troppo coinvolto sentimentalmente nella vicenda e spera di riuscire - con le cattive, se necessario - a tirare fuori dalla squadra orgoglio e nervi saldi. Qualità sempre molto apprezzate del Bari di Mignani, che ora devono tornare a essere le carte vincenti da scoprire sul tavolo.
Adesso c'è la Reggiana fuori casa, poi la sosta. Il Bari può ancora cambiare strada e trovare un senso a questa stagione, ma bisogna farlo adesso.