SSC Bari, l’ultima “sfangata” per salvare la faccia. De Laurentiis: tempo scaduto

I galletti ritrovano la vittoria esterna quando conta di più. Ma ora si apre l’interrogativo sul futuro

venerdì 24 maggio 2024 1.33
A cura di Riccardo Resta
All'ultima curva, all'ultimo respiro. Il Bari è salvo, manterrà la serie B anche l'anno prossimo: lo 0-3 del Liberati manda la Ternana nell'inferno della C, e tiene il Bari in vita dopo una stagione semplicemente da incubo. L'ultima partita permette al al campionato dei biancorossi di passare dal voto zero assoluto al due, ma non c'è veramente nulla più della faccia salvata con un'ultima "sfangata", che evita l'ennesima umiliazione nella storia recente del galletto.

La copertina se la prende sempre lui: Valerio Di Cesare. Nel giorno del suo 41mo compleanno, questo eterno ragazzino tira fuori un'altra perla, nel recupero del primo tempo, per mandare il Bari in vantaggio, e spianare la strada al successo, firmato anche da Ricci e Sibilli nella ripresa. Il Bari aggrappato a Di Cesare, che con la partita di ieri sera si è guadagnato un posto d'onore sul podio dei capitani biancorossi più amati. L'ultimo a mollare, per tanto tempo è sembrato anche l'unico a crederci; quelle lacrime in conferenza stampa rimarranno incastonate nella pellicola di una stagione che tutti vorremmo dimenticare quanto prima.

Il Bari si riduce davvero alla chiamata finale per dare un senso a una stagione che, da metà febbraio in poi, sembrava destinata a concludersi con il più crudele dei destini. La vittoria in trasferta arriva dopo la bellezza di sette mesi, ma proprio al momento giusto, quando non si poteva più sbagliare. Un successo finalmente cercato e voluto dalla squadra di mister Giampaolo, del diesse Polito e di tutto lo staff a capo di questa strana "democrazia corinthiana", l'ultima follia che - a conti fatti - ha finito per pagare.

Ma da festeggiare non c'è niente. Sì, magari sarà anche vero che il karma ha voluto ripagare Bari e il Bari del dramma sportivo vissuto l'anno scorso, ma il sentimento non può essere la gioia; al massimo, un bel sollievo. La fortuna ha giocato un ruolo decisivo in questa salvezza, che dopo il tracollo in casa del Cosenza il Bari ha fatto di tutto per non meritare. Il calendario favorevole nel finale di campionato, le prodezze di Pissardo e il poco cinismo della Ternana all'andata, i nervi che sono crollati ai giovani rossoverdi nella sfida di ritorno, il Bari (con il 3-5-2 della discordia durante l'era Iachini) che finalmente sfodera una prestazione all'altezza della maglia biancorossa: il cocktail è servito, e va benissimo così.

Le responsabilità di questo dramma sfiorato, però, sono tante, e non possono passare inosservate. Alle fine, il diesse Polito è sceso personalmente in campo per porre rimedio a tutti gli errori commessi, e che già durante la stagione sono stati portati a processo. Il ritiro totalmente inutile di luglio, il mercato completato solo a fine agosto, la campagna rafforzamenti di gennaio che non ha portato assolutamente nulla: il peccato originale di Polito è stato non convincersi in tempo che la squadra allestita era ben inferiore rispetto alle aspettative, sue e della piazza. Sì, perché se dal punto di vista tecnico la rosa poteva benissimo valere un campionato di metà classifica, il Bari di quest'anno è mancato totalmente dal punto di vista caratteriale; gli infortuni di Diaw, Koutsoupias e soprattutto Maiello hanno fatto il resto. Sì, vero, la componente casuale c'è e va considerata, ma la gestione di Polito è stata totalmente da film horror: tre allenatori cambiati bastano e avanzano per rendere la misura del fallimento tecnico su tutti i fronti, compresa la fronda finale contro Iachini guidata dai "veterani" e appoggiata dal direttore sportivo.

Un fallimento totale sul mercato estero, con gli arrivi di calciatori incomprensibilmente corteggiati per settimane come Edjouma e Brenno, ma anche sul fronte interno. Prima Aramu, tolto e rimesso in rosa alla bisogna, poi Acampora, passando per Kallon, Puscas, Lulic e il "desaparecido" Guiebre: dei colpi "top" di un mercato fatto in prestito, non si salva nessuno. Unica nota positiva? Sibilli. Dodici goal in stagione, quelli che hanno permesso al Bari di qualificarsi ai playout; altrimenti, sarebbe stata serie C senza neanche passare dal via. Altroché "sette attaccanti"…

Ma questo, ormai, fa già parte del passato. L'era Polito a Bari si è chiusa, per fortuna almeno con dignità. Da oggi, però, il tema è un altro: il futuro del club. Eh già, perché se alcuni hanno definito "disastrosa" la comunicazione della famiglia De Laurentiis, chi scrive invece la definisce "eccellente". Le uscite in cui quest'anno si sono cimentati Aurelio e Luigi De Laurentiis hanno rappresentato un'importante operazione verità sulla considerazione che la proprietà ha di Bari e dei baresi. C'è uno spartiacque della stagione, ed è inizio febbraio, quando ADL ha pensato bene di dichiarare "urbi et orbi" che il Bari funge da seconda squadra, e da pozzo di San Patrizio, del Napoli, rivelando - nei fatti - che le cessioni di Caprile e Cheddira sono state a costo zero (a breve parleranno i bilanci). Da lì si è andati avanti come una pallina sul piano inclinato: finalmente ora Bari potrà "vantarsi" della serie B difesa e conservata, ringraziando la famiglia romana per non essersi ancora "stancata" di mantenere il club biancorosso e "pregandola" di non retrocedere dalla ferma intenzione di non vendere fino al 2028, quando si attenderanno "poderosi" investimenti da parte di fondi italiani o stranieri per "salvare il club dal fallimento".

Le dichiarazioni di Aurelio De Laurentiis, rese in Senato a 24 ore dalla partita più importante nella storia contemporanea del Bari, sanno di una vera e propria provocazione alla città; e se il proprietario non vuol neanche sentir parlare di cedere il Bari nei prossimi quattro anni, allora non potrà stupirsi qualora il popolo biancorosso rispondesse con una diserzione dallo stadio. I soldi di abbonamenti, merchandising e compagnia cantante non sono quelli di una "seconda squadra" che deve ringraziare per il miracolo ricevuto; padre e figlio farebbero bene a ricordarsene, quando daranno un'occhiata ai profitti che il territorio barese ha portato nelle loro casse.

Insomma, l'intervento (magari tardivo e condizionato dal clima elettorale, ma con i toni giusti) del sindaco Antonio Decaro intercetta perfettamente il mood largamente maggioritario della città: i De Laurentiis possono anche non vendere il "prodotto" che hanno dimostrato di non amare, ma Bari non ha più nessuna intenzione di rimanere in ceppi come prigioniera della guerra ideologica dichiarata da papà Aurelio ai più elementari principi della competizione sportiva. È bene che la proprietà si presenti, immediatamente, ai microfoni della stampa (che ha anche dovuto prendersi la colpa della "negatività" generale) per spiegare a Bari quali sono le intenzioni vere per il futuro del club. Sì, perché la fortuna non bussa molte volte, e un'altra agonia del genere qui non la merita nessuno.