Stanco e sprecone , ma per il Bari un punto guadagnato nel derby. E sugli spalti torna il “priscio”
Il pareggio contro il Foggia al San Nicola mantiene viva la striscia utile dei biancorossi, penalizzati da un arbitraggio inadeguato
giovedì 21 ottobre 2021
0.37
La striscia di vittorie si ferma a quattro, ma quella di risultati utili sale a dieci. E tanto basta per dire che il punto preso dal Bari dopo il pareggio 1-1 nel derby con il Foggia al San Nicola è tutto di guadagnato. Anche se il Catanzaro si avvicina a -4, ma alla decima di campionato è tutto ancora molto relativo.
Il Foggia, come tutte le squadre di Zeman, è sempre un'incognita; il Bari di Mignani riesce ad arginare l'imprevedibilità delle azioni offensive rossonere, ed è già qualcosa per i biancorossi, non nella loro migliore versione.
Primo tempo equilibrato, con il Bari che prova a fare la partita e il Foggia che cerca di ripartire sfruttando la qualità dei singoli e la coralità di squadra. Resta il grosso rammarico per quello che accade al 28', quando Ferrante salta stile attaccapanni in area rossonera, ferma un pallone diretto in porta col braccio alto ma per l'arbitro Gualtieri (gravemente insufficiente) non c'è un rigore che a tutti gli altri è apparso solare. Però il Bari è il Bari, e se c'è una qualità che di questa squadra abbiamo imparato ad apprezzare è la resilienza: i biancorossi non demordono, e al 43' trovano il meritato vantaggio con Maita, bravo ad approfittare di un pastrocchio della difesa rossonera.
Però qualcosa del Bari non convince, ed è la prima volta. Mignani punta tutto sulla strana coppia Marras-Cheddira per prendere in velocità la difesa altissima di Zeman, e con i lanci del centrocampo tutto qualità Mallamo-Maita-D'Errico le occasioni potenzialmente pericolose non mancano. Però se Botta si accartoccia su giocate deliziose ma poco a fuoco e D'Errico si vede solo per una clamorosa occasione sparata addosso alla difesa dei satanelli, allora per il Bari si fa tutto più difficile. I biancorossi, al solito, non la chiudono (spreca anche Ricci, comunque fra i migliori), e quando Terranova si rende autore di una papera decisamente inattesa per uno come lui, il Foggia ne approfitta. Ferrante tira un mancino potente e preciso, Frattali ci resta secco.
E stavolta il Bari non ha la forza, fisica ancor prima che mentale, per tornare a fare il suo gioco come se nulla fosse. Il segnale dato da Mignani un minuto prima del goal foggiano è chiaro: via D'Errico, dentro Bianco per proteggersi un minimo e fare un po' di legna. Stavolta non la azzecca, e ci può anche stare dopo una serie di scelte più che indovinate. Gli ingressi di Antenucci, Simeri, Belli e Citro (finalmente, a otto mesi dall'infortunio) non spostano di una virgola l'inerzia della gara, passata nelle mani dei rossoneri che in casa della capolista non sfigurano, anzi. Il Bari alla fine paga un po' di - naturale - stanchezza. La condizione brillante vista nelle ultime partite, tutto sommato, può anche essere un'anomalia contando il ritiro bruciato dal Covid e la rivoluzione portata a termine nelle ultime ore di mercato. Il calo finale ci sta.
Insomma, cosa resta di questo derby? Un arbitraggio inadeguato al calcio professionistico, e anche tanti spunti su cui lavorare per migliorare un giocattolo che funziona, ma potrebbe funzionare ancora meglio. E poi i 20.431 del San Nicola, uno spettacolo dopo due anni di porte chiuse, di pandemia, di inquietudine. Non era scontato, con la diretta tv in chiaro, la Champions League in contemporanea e i prezzi non esattamente popolari (anche se gli sconti per donne, under14 e over65 sono assolutamente da ripetere).
C'è un fatto che da queste prime dieci giornate emerge con chiarezza: questo Bari ha fatto di nuovo appassionare Bari alla maglia biancorossa. Un'impresa che sembrava disperata dopo l'epilogo amaro dell'anno scorso. A Bari si usa l'intraducibile termine "priscio" per descrivere situazioni analoghe: entusiasmo, sogni a occhi aperti, magari anche un po' di voli pindarici e di fughe in avanti. Ma va bene così, il tifo passionale è anche questo. Un patrimonio da non disperdere, un tesoretto da conservare e incrementare. E, nonostante il pareggio, il derby con il Foggia continua a dire a Mignani, Polito e ai calciatori che la strada è quella giusta.
Il Foggia, come tutte le squadre di Zeman, è sempre un'incognita; il Bari di Mignani riesce ad arginare l'imprevedibilità delle azioni offensive rossonere, ed è già qualcosa per i biancorossi, non nella loro migliore versione.
Primo tempo equilibrato, con il Bari che prova a fare la partita e il Foggia che cerca di ripartire sfruttando la qualità dei singoli e la coralità di squadra. Resta il grosso rammarico per quello che accade al 28', quando Ferrante salta stile attaccapanni in area rossonera, ferma un pallone diretto in porta col braccio alto ma per l'arbitro Gualtieri (gravemente insufficiente) non c'è un rigore che a tutti gli altri è apparso solare. Però il Bari è il Bari, e se c'è una qualità che di questa squadra abbiamo imparato ad apprezzare è la resilienza: i biancorossi non demordono, e al 43' trovano il meritato vantaggio con Maita, bravo ad approfittare di un pastrocchio della difesa rossonera.
Però qualcosa del Bari non convince, ed è la prima volta. Mignani punta tutto sulla strana coppia Marras-Cheddira per prendere in velocità la difesa altissima di Zeman, e con i lanci del centrocampo tutto qualità Mallamo-Maita-D'Errico le occasioni potenzialmente pericolose non mancano. Però se Botta si accartoccia su giocate deliziose ma poco a fuoco e D'Errico si vede solo per una clamorosa occasione sparata addosso alla difesa dei satanelli, allora per il Bari si fa tutto più difficile. I biancorossi, al solito, non la chiudono (spreca anche Ricci, comunque fra i migliori), e quando Terranova si rende autore di una papera decisamente inattesa per uno come lui, il Foggia ne approfitta. Ferrante tira un mancino potente e preciso, Frattali ci resta secco.
E stavolta il Bari non ha la forza, fisica ancor prima che mentale, per tornare a fare il suo gioco come se nulla fosse. Il segnale dato da Mignani un minuto prima del goal foggiano è chiaro: via D'Errico, dentro Bianco per proteggersi un minimo e fare un po' di legna. Stavolta non la azzecca, e ci può anche stare dopo una serie di scelte più che indovinate. Gli ingressi di Antenucci, Simeri, Belli e Citro (finalmente, a otto mesi dall'infortunio) non spostano di una virgola l'inerzia della gara, passata nelle mani dei rossoneri che in casa della capolista non sfigurano, anzi. Il Bari alla fine paga un po' di - naturale - stanchezza. La condizione brillante vista nelle ultime partite, tutto sommato, può anche essere un'anomalia contando il ritiro bruciato dal Covid e la rivoluzione portata a termine nelle ultime ore di mercato. Il calo finale ci sta.
Insomma, cosa resta di questo derby? Un arbitraggio inadeguato al calcio professionistico, e anche tanti spunti su cui lavorare per migliorare un giocattolo che funziona, ma potrebbe funzionare ancora meglio. E poi i 20.431 del San Nicola, uno spettacolo dopo due anni di porte chiuse, di pandemia, di inquietudine. Non era scontato, con la diretta tv in chiaro, la Champions League in contemporanea e i prezzi non esattamente popolari (anche se gli sconti per donne, under14 e over65 sono assolutamente da ripetere).
C'è un fatto che da queste prime dieci giornate emerge con chiarezza: questo Bari ha fatto di nuovo appassionare Bari alla maglia biancorossa. Un'impresa che sembrava disperata dopo l'epilogo amaro dell'anno scorso. A Bari si usa l'intraducibile termine "priscio" per descrivere situazioni analoghe: entusiasmo, sogni a occhi aperti, magari anche un po' di voli pindarici e di fughe in avanti. Ma va bene così, il tifo passionale è anche questo. Un patrimonio da non disperdere, un tesoretto da conservare e incrementare. E, nonostante il pareggio, il derby con il Foggia continua a dire a Mignani, Polito e ai calciatori che la strada è quella giusta.