Timido e spuntato, Bari “pareggite” è un bordino indigesto
Anche a Reggio Emilia i galletti denunciano poche idee e scarsa personalità. La sosta ultima chiamata per reagire
domenica 8 ottobre 2023
È ormai una patologia cronica, la "pareggite" che affligge il Bari di Mignani in questo avvio di stagione. Sette volte il segno X, più un pareggio e una vittoria: fanno 10 punti in nove partite, il riflesso di una mediocrità che si traduce nel placebo del classico bordino, che con l'ottobre caldo di quest'anno risulta anche indigesto.
Al Mapei Stadium, in casa della Reggiana, i galletti si aggrappano con tutte le loro forze all'eterno capitano: Di Cesare la risolve con un goal da attaccante, firmando il pareggio 1-1 che aumenta mugugni e malumori tra la tifoseria. Eh già, perché anche a Reggio Emilia il sostegno del popolo biancorosso non è mancato: quasi 1.800 spettatori al seguito di una squadra senza capo né coda, incapace di uscire da quella «Timidezza» eccessiva, di cui lo stesso Mignani ha parlato nel post gara.
È evidente, infatti, che il problema numero uno dei galletti sia di carattere psicologico. La squadra, nel suo complesso, dà la costante impressione di camminare sulle uova, spaventata e timorosa: prova ne sia il goal siglato, dopo appena 9', da Girma, che dialoga con Pettinari e si infila nella immobile difesa ospite come una lama calda nel burro squagliato.
La sensazione è che il gruppo non riesca a venir via dalla spirale negativa in cui si è andato a cacciare. È un cane che si morde la coda: è vero, il Bari non perde, ma neanche vince, ballonzola sulla linea di galleggiamento aspettando giorni migliori. Ma l'attesa non può essere infinita.
Non è un caso che l'unico con i nervi saldi sia proprio Di Cesare, un difensore quasi 41enne che più o meno dal nulla s'inventa una rete da attaccante d'area per riacchiappare la gara dai capelli. Ma non basta neanche questo per svegliare una squadra ostaggio delle sue paure; la reazione dei biancorossi dura meno di dieci minuti, poi calma piatta. Aramu e Acampora, esperti e di qualità, non si caricano la squadra sulle spalle, anche il veterano Vicari presenta qualche preoccupare crepa, Frabotta è lento e fuori forma.
Per il Bari la fortuna è che dall'altra parte c'è una squadra non irresistibile, ma comunque capace di colpire un palo con Antiste (colpevolmente tenuto in gioco da Frabotta) nel finale di primo tempo, e di sfiorare (sempre con Antiste) almeno un paio di volte il punto del ko in chiusura di gara. È una squadra, quella di Mignani, che fa davvero tanta fatica a organizzarsi, ma che ha comunque il piccolo merito di sapersi tenere mentalmente aggrappata alla partita, di non lasciarsi andare dopo essersi cacciata nei guai. Di questi tempi, è già qualcosa; ma va fatto di più, perché vivacchiare al (giustamente) esigente pubblico barese non può bastare, specie se quattro mesi fa si facevano 120mila spettatori in due partite, e si sfiorava la serie A.
E poi c'è il lato tecnico, altra ferita aperta di questo campionato che non decolla. Per la prima volta, dalla gara d'esordio in campionato, Mignani nel primo tempo può schierare la coppia offensiva Nasti-Diaw, che però soffre l'impatto shock un po' come tutto il resto della baracca. Ma se all'intervallo c'è necessità di sostituire Diaw per il campanello d'allarme alla coscia sinistra, e lo si fa inserendo il difensore Matino, allora vuol dire che c'è un problema.
Una scelta, quella di Mignani di passare dal 4-3-1-2 al 3-5-1-1, che solleva almeno tre questioni. La prima: l'atteggiamento conservativo di Mignani. Che il mister sia uno "pragmatico" lo si sapeva da un pezzo: se non puoi vincere, allora non perdere. E il Bari, con la difesa a tre/cinque, nella ripresa si tiene insieme meglio, concede meno e si protegge con più ordine. Ma la pericolosità offensiva praticamente non esiste, e la ripresa è una cura perfetta per chi soffre di insonnia.
Al Mapei Stadium, in casa della Reggiana, i galletti si aggrappano con tutte le loro forze all'eterno capitano: Di Cesare la risolve con un goal da attaccante, firmando il pareggio 1-1 che aumenta mugugni e malumori tra la tifoseria. Eh già, perché anche a Reggio Emilia il sostegno del popolo biancorosso non è mancato: quasi 1.800 spettatori al seguito di una squadra senza capo né coda, incapace di uscire da quella «Timidezza» eccessiva, di cui lo stesso Mignani ha parlato nel post gara.
È evidente, infatti, che il problema numero uno dei galletti sia di carattere psicologico. La squadra, nel suo complesso, dà la costante impressione di camminare sulle uova, spaventata e timorosa: prova ne sia il goal siglato, dopo appena 9', da Girma, che dialoga con Pettinari e si infila nella immobile difesa ospite come una lama calda nel burro squagliato.
La sensazione è che il gruppo non riesca a venir via dalla spirale negativa in cui si è andato a cacciare. È un cane che si morde la coda: è vero, il Bari non perde, ma neanche vince, ballonzola sulla linea di galleggiamento aspettando giorni migliori. Ma l'attesa non può essere infinita.
Non è un caso che l'unico con i nervi saldi sia proprio Di Cesare, un difensore quasi 41enne che più o meno dal nulla s'inventa una rete da attaccante d'area per riacchiappare la gara dai capelli. Ma non basta neanche questo per svegliare una squadra ostaggio delle sue paure; la reazione dei biancorossi dura meno di dieci minuti, poi calma piatta. Aramu e Acampora, esperti e di qualità, non si caricano la squadra sulle spalle, anche il veterano Vicari presenta qualche preoccupare crepa, Frabotta è lento e fuori forma.
Per il Bari la fortuna è che dall'altra parte c'è una squadra non irresistibile, ma comunque capace di colpire un palo con Antiste (colpevolmente tenuto in gioco da Frabotta) nel finale di primo tempo, e di sfiorare (sempre con Antiste) almeno un paio di volte il punto del ko in chiusura di gara. È una squadra, quella di Mignani, che fa davvero tanta fatica a organizzarsi, ma che ha comunque il piccolo merito di sapersi tenere mentalmente aggrappata alla partita, di non lasciarsi andare dopo essersi cacciata nei guai. Di questi tempi, è già qualcosa; ma va fatto di più, perché vivacchiare al (giustamente) esigente pubblico barese non può bastare, specie se quattro mesi fa si facevano 120mila spettatori in due partite, e si sfiorava la serie A.
E poi c'è il lato tecnico, altra ferita aperta di questo campionato che non decolla. Per la prima volta, dalla gara d'esordio in campionato, Mignani nel primo tempo può schierare la coppia offensiva Nasti-Diaw, che però soffre l'impatto shock un po' come tutto il resto della baracca. Ma se all'intervallo c'è necessità di sostituire Diaw per il campanello d'allarme alla coscia sinistra, e lo si fa inserendo il difensore Matino, allora vuol dire che c'è un problema.
Una scelta, quella di Mignani di passare dal 4-3-1-2 al 3-5-1-1, che solleva almeno tre questioni. La prima: l'atteggiamento conservativo di Mignani. Che il mister sia uno "pragmatico" lo si sapeva da un pezzo: se non puoi vincere, allora non perdere. E il Bari, con la difesa a tre/cinque, nella ripresa si tiene insieme meglio, concede meno e si protegge con più ordine. Ma la pericolosità offensiva praticamente non esiste, e la ripresa è una cura perfetta per chi soffre di insonnia.
La seconda: il reparto offensivo non è completo, manca una punta centrale che riempia l'area e faccia da sponda per i compagni. Akpa-Chukwu, dopo essere stato eroe a sorpresa della gara di Pisa, è di nuovo sparito dai radar; altro mistero buffo.
La terza, e se n'è già abbondantemente parlato, il ritardo clamoroso accumulato dalla società in sede di mercato. I nuovi arrivati si stanno integrando a rilento (vedi Edjouma, ancora un corpo estraneo dopo due mesi), e con una squadra quasi tutta nuova è un fattore non secondario, se si va alla ricerca delle cause di questo inizio col freno a mano tirato.
Non che, a un certo punto, Mignani non provi a cambiare strada, a dare una scossa. L'ingresso di Sibilli e Morachioli, con il passaggio al 3-4-2-1, è un tentativo, ma se cambiando l'ordine degli addendi il risultato rimane uguale, allora un errore di calcolo da qualche parte c'è (nessuno invidia il mister, a cui tocca capire come bilanciare l'equazione). L'assetto con Aramu e Morachioli dietro Sibilli è la traduzione calcistica di una "insostenibile leggerezza" del parco offensivo dei galletti; se anche Nasti alza bandiera bianca perché a un certo punto finisce la benzina, è davvero notte fonda.
Il diesse Polito ha tutta la libertà di dire che le soluzioni sono tante, varie e di qualità; i fatti, dalla loro, dicono che il Bari fa una fatica estrema a segnare un goal più degli avversari. Sette pareggi in nove partite sono la prova cogente a supporto di questa tesi, e il secondo tempo giocato più per non perdere che per vincere ne è la conferma. Il risultato? Una noia insopportabile. Il Bari contro la Reggiana va al tiro tre volte, tutte con la firma di Valerio Di Cesare (sempre il difensore quasi 41enne di cui sopra); qualcosa vorrà pur dire.
Insomma, il panorama è tutt'altro che roseo. Ma adesso c'è la sosta, quindici giorni di lavoro sul campo senza impegni agonistici. Uno stop provvidenziale per mettere in ordine le carte e provare a cucire un abito diverso su una squadra spesso trovatasi "nuda" di fronte alle sue difficoltà. Ma è davvero l'ultima chiamata per reagire e dare una svolta a questo campionato. Contro il Modena al San Nicola sarà la "fatidica" decima partita, quella che tutti attendevano (con ottimistica illusione) per farsi un'idea un po' più compita della qualità di questa squadra. E sarà davvero la sfida da "ora o mai più", perché il distacco dalla vetta sembra essersi già fatto difficilmente colmabile, i playoff sono lontani appena due punti (ma la classifica andrà totalmente riscritta dopo i recuperi), e i playout sono pericolosamente incombenti. Trasformare la delusione in rassegnazione, o peggio ancora in ansia da bassifondi della classifica, è un qualcosa che il popolo di Bari non merita.
La terza, e se n'è già abbondantemente parlato, il ritardo clamoroso accumulato dalla società in sede di mercato. I nuovi arrivati si stanno integrando a rilento (vedi Edjouma, ancora un corpo estraneo dopo due mesi), e con una squadra quasi tutta nuova è un fattore non secondario, se si va alla ricerca delle cause di questo inizio col freno a mano tirato.
Non che, a un certo punto, Mignani non provi a cambiare strada, a dare una scossa. L'ingresso di Sibilli e Morachioli, con il passaggio al 3-4-2-1, è un tentativo, ma se cambiando l'ordine degli addendi il risultato rimane uguale, allora un errore di calcolo da qualche parte c'è (nessuno invidia il mister, a cui tocca capire come bilanciare l'equazione). L'assetto con Aramu e Morachioli dietro Sibilli è la traduzione calcistica di una "insostenibile leggerezza" del parco offensivo dei galletti; se anche Nasti alza bandiera bianca perché a un certo punto finisce la benzina, è davvero notte fonda.
Il diesse Polito ha tutta la libertà di dire che le soluzioni sono tante, varie e di qualità; i fatti, dalla loro, dicono che il Bari fa una fatica estrema a segnare un goal più degli avversari. Sette pareggi in nove partite sono la prova cogente a supporto di questa tesi, e il secondo tempo giocato più per non perdere che per vincere ne è la conferma. Il risultato? Una noia insopportabile. Il Bari contro la Reggiana va al tiro tre volte, tutte con la firma di Valerio Di Cesare (sempre il difensore quasi 41enne di cui sopra); qualcosa vorrà pur dire.
Insomma, il panorama è tutt'altro che roseo. Ma adesso c'è la sosta, quindici giorni di lavoro sul campo senza impegni agonistici. Uno stop provvidenziale per mettere in ordine le carte e provare a cucire un abito diverso su una squadra spesso trovatasi "nuda" di fronte alle sue difficoltà. Ma è davvero l'ultima chiamata per reagire e dare una svolta a questo campionato. Contro il Modena al San Nicola sarà la "fatidica" decima partita, quella che tutti attendevano (con ottimistica illusione) per farsi un'idea un po' più compita della qualità di questa squadra. E sarà davvero la sfida da "ora o mai più", perché il distacco dalla vetta sembra essersi già fatto difficilmente colmabile, i playoff sono lontani appena due punti (ma la classifica andrà totalmente riscritta dopo i recuperi), e i playout sono pericolosamente incombenti. Trasformare la delusione in rassegnazione, o peggio ancora in ansia da bassifondi della classifica, è un qualcosa che il popolo di Bari non merita.