Vita nuova, storia vecchia. Il Bari nella spirale della “pareggite”
Anche la cura Marino non risolve i problemi dei biancorossi. E la tegola Maiello è pioggia sul bagnato
domenica 22 ottobre 2023
«Se vuoi che nulla cambi, tutto deve cambiare». È lo "slogan" simbolo del "Gattopardo", il romanzo capolavoro di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, diventata paradigma delle rivoluzioni (volutamente o meno) mancate. Ed è un po' così anche in casa SSC Bari, dove lo scossone di due settimane tarda a far sentire i suoi effetti. Via Mignani, dentro Marino; per dare una scossa, per rendere la squadra più aggressiva, per far aumentare autostima e personalità.
Ma dopo due settimane di lavoro continuo del nuovo mister, non sembrerebbe che l'avvicendamento abbia portato risultati. Il tecnico siciliano riprende da dove aveva lasciato il suo predecessore, vale a dire da una "pareggite" cronica, in stadio avanzato; anche l'antibiotico Marino non ha - almeno per ora - fatto sfebbrare i galletti, sempre più avviluppati nella spirale negativa di inizio stagione. Sotto il diluvio del San Nicola, il Bari fa 1-1 contro il Modena: è il pareggio numero otto (più una sconfitta e una vittoria, datata seconda giornata) in dieci partite. Ed è davvero poco, troppo poco per una squadra sulla carta «Più forte di quella dell'anno scorso» (parola del diesse Polito).
Eh già, perché dopo dieci giornate la classifica non sarà il Vangelo, però con i suoi 11 punti il Bari - in questo momento - farebbe assai meglio a guardarsi alle spalle piuttosto che a osservare la zona promozione, sempre più lontana. E in questo quadro desolante mister Marino c'entra poco e niente; il problema è a monte.
Innanzitutto, questa "pareggite" acuta denuncia un grave problema di personalità della squadra biancorossa. Contro il Modena, dopo una prestazione asmatica e singhiozzante, i galletti riescono a trovare il goal con l'assolo delizioso di Sibilli al 72'; il più sembra fatto, ma i vizi sono sempre gli stessi. Al minuto 84' Manconi calcia su punizione dai 25 metri, la barriera si sfalda, Brenno è lento, il Modena pareggia.
Il mister l'ha chiamata una «Prodezza» dell'avversario, un episodio non preventivatile. Ed è vero, perché Manconi fa un gran tiro, ma la difesa del Bari ci mette del suo. Però il problema è il solito calo di concentrazione che la squadra avverte dopo aver trovato, con grande sforzo e fatica, il vantaggio. Il fallo che regala la punizione del pareggio ai canarini è frutto di un fallo ingenuo, quasi di paura. E per quanto Marino abbia parlato di una squadra più serena dopo il goal del vantaggio, punita da un gran gesto tecnico degli avversari, salta all'occhio il fatto che la squadra denunci un deficit di tranquillità nella gestione del risultato. Lo stesso schema visto nelle ultime uscite della gestione Mignani, semplicemente con altre vesti.
E poi c'è l'aspetto fisico, che si salda con quello tecnico. La squadra aggressiva predicata da Marino alla vigilia semplicemente non c'è: l'approccio alla partita è timoroso e pallido, e questo - parrebbe - almeno per un paio di ordini di ragioni. Innanzitutto, il fatto che alla squadra manchi la fiducia necessaria per fare il gioco spumeggiante che fu di Marino nei tempi d'oro, e poi perché alcuni interpreti più tecnici pagano un ritardo di condizione abissale. Due nomi su tutti: Acampora e Aramu. È vero, sono arrivati nelle ultime battute del mercato, senza fare la preparazione, tutto quello che si vuole; però dall'inizio del campionato sono passati due mesi, e con essi sono volati via troppi punti per pensare di poter indugiare ancora. E se a questo ci si aggiunge che di Edjouma praticamente non si hanno più notizie, e che il guaio al ginocchio di Maiello sembra piuttosto serio, allora il quadro si fa ancora più oscuro. Il regista ex Frosinone è davvero l'unico elemento insostituibile in rosa, non fosse altro perché non ha un doppione; una lacuna che il mercato non ha colmato, e ora toccherà all'allenatore inventarsi qualcosa per sopperire a un'assenza dall'importanza gigantesca.
Personalità, tranquillità, condizione fisica e ricerca di alternative: senza che prima vengano risolti questi problemi, anche la svolta verso la chiara e precisa identità tattica promessa dalla scelta di Marino non sarà realizzabile. Di fatto, il solo Sibilli appare in grado di far cambiare marcia alla squadra, con le sue iniziative individuali più che inserito in un contesto di squadra. L'attaccane napoletano, dopo un primo tempo irritante, nella ripresa si carica la squadra sulle spalle e prova a guidare i compagni a un risultato che avrebbe significato tantissimo, molto più dei due punti che sono ancora sfumati. Il momento difficile del Bari si può riassumere in una fotografia: poco prima del vantaggio, Diaw preferisce concludere malamente un buon contropiede piuttosto che aprire a destra per il solissimo Sibilli, facendo sfumare un'occasione colossale.
E l'altra fotografia è quella offerta dalla curva nord, e dai dati sugli spettatori. L'agghiacciante silenzio nei primi 15', quelli della protesta degli ultras che lasciano i petali centrali vuoti, e gli appena 15mila presenti al San Nicola raccontano il malessere di Bari nei confronti del Bari, manifesto con lo scollamento progressivo e inesorabile tra la città e il club calcistico (sembra una vita fa il sold out di Bari-Cagliari, in quel dolorosissimo 11 giugno che l'incantesimo ha spezzato). Un messaggio chiarissimo che arriva alla società, l'ennesimo a dire il vero, e che la famiglia De Laurentiis non può non cogliere. In primo luogo, parlando a una città affamata di risposte, e di risposte chiare stavolta.
Ma dopo due settimane di lavoro continuo del nuovo mister, non sembrerebbe che l'avvicendamento abbia portato risultati. Il tecnico siciliano riprende da dove aveva lasciato il suo predecessore, vale a dire da una "pareggite" cronica, in stadio avanzato; anche l'antibiotico Marino non ha - almeno per ora - fatto sfebbrare i galletti, sempre più avviluppati nella spirale negativa di inizio stagione. Sotto il diluvio del San Nicola, il Bari fa 1-1 contro il Modena: è il pareggio numero otto (più una sconfitta e una vittoria, datata seconda giornata) in dieci partite. Ed è davvero poco, troppo poco per una squadra sulla carta «Più forte di quella dell'anno scorso» (parola del diesse Polito).
Eh già, perché dopo dieci giornate la classifica non sarà il Vangelo, però con i suoi 11 punti il Bari - in questo momento - farebbe assai meglio a guardarsi alle spalle piuttosto che a osservare la zona promozione, sempre più lontana. E in questo quadro desolante mister Marino c'entra poco e niente; il problema è a monte.
Innanzitutto, questa "pareggite" acuta denuncia un grave problema di personalità della squadra biancorossa. Contro il Modena, dopo una prestazione asmatica e singhiozzante, i galletti riescono a trovare il goal con l'assolo delizioso di Sibilli al 72'; il più sembra fatto, ma i vizi sono sempre gli stessi. Al minuto 84' Manconi calcia su punizione dai 25 metri, la barriera si sfalda, Brenno è lento, il Modena pareggia.
Il mister l'ha chiamata una «Prodezza» dell'avversario, un episodio non preventivatile. Ed è vero, perché Manconi fa un gran tiro, ma la difesa del Bari ci mette del suo. Però il problema è il solito calo di concentrazione che la squadra avverte dopo aver trovato, con grande sforzo e fatica, il vantaggio. Il fallo che regala la punizione del pareggio ai canarini è frutto di un fallo ingenuo, quasi di paura. E per quanto Marino abbia parlato di una squadra più serena dopo il goal del vantaggio, punita da un gran gesto tecnico degli avversari, salta all'occhio il fatto che la squadra denunci un deficit di tranquillità nella gestione del risultato. Lo stesso schema visto nelle ultime uscite della gestione Mignani, semplicemente con altre vesti.
E poi c'è l'aspetto fisico, che si salda con quello tecnico. La squadra aggressiva predicata da Marino alla vigilia semplicemente non c'è: l'approccio alla partita è timoroso e pallido, e questo - parrebbe - almeno per un paio di ordini di ragioni. Innanzitutto, il fatto che alla squadra manchi la fiducia necessaria per fare il gioco spumeggiante che fu di Marino nei tempi d'oro, e poi perché alcuni interpreti più tecnici pagano un ritardo di condizione abissale. Due nomi su tutti: Acampora e Aramu. È vero, sono arrivati nelle ultime battute del mercato, senza fare la preparazione, tutto quello che si vuole; però dall'inizio del campionato sono passati due mesi, e con essi sono volati via troppi punti per pensare di poter indugiare ancora. E se a questo ci si aggiunge che di Edjouma praticamente non si hanno più notizie, e che il guaio al ginocchio di Maiello sembra piuttosto serio, allora il quadro si fa ancora più oscuro. Il regista ex Frosinone è davvero l'unico elemento insostituibile in rosa, non fosse altro perché non ha un doppione; una lacuna che il mercato non ha colmato, e ora toccherà all'allenatore inventarsi qualcosa per sopperire a un'assenza dall'importanza gigantesca.
Personalità, tranquillità, condizione fisica e ricerca di alternative: senza che prima vengano risolti questi problemi, anche la svolta verso la chiara e precisa identità tattica promessa dalla scelta di Marino non sarà realizzabile. Di fatto, il solo Sibilli appare in grado di far cambiare marcia alla squadra, con le sue iniziative individuali più che inserito in un contesto di squadra. L'attaccane napoletano, dopo un primo tempo irritante, nella ripresa si carica la squadra sulle spalle e prova a guidare i compagni a un risultato che avrebbe significato tantissimo, molto più dei due punti che sono ancora sfumati. Il momento difficile del Bari si può riassumere in una fotografia: poco prima del vantaggio, Diaw preferisce concludere malamente un buon contropiede piuttosto che aprire a destra per il solissimo Sibilli, facendo sfumare un'occasione colossale.
E l'altra fotografia è quella offerta dalla curva nord, e dai dati sugli spettatori. L'agghiacciante silenzio nei primi 15', quelli della protesta degli ultras che lasciano i petali centrali vuoti, e gli appena 15mila presenti al San Nicola raccontano il malessere di Bari nei confronti del Bari, manifesto con lo scollamento progressivo e inesorabile tra la città e il club calcistico (sembra una vita fa il sold out di Bari-Cagliari, in quel dolorosissimo 11 giugno che l'incantesimo ha spezzato). Un messaggio chiarissimo che arriva alla società, l'ennesimo a dire il vero, e che la famiglia De Laurentiis non può non cogliere. In primo luogo, parlando a una città affamata di risposte, e di risposte chiare stavolta.