”Il nome della Rosa” e la pergamena misteriosa di Giovinazzo
Viaggio nella storia pugliese che potrebbe aver ispirato il noto personaggio di Umberto Eco e il film di Annaud
martedì 5 marzo 2019
11.23
iReport
Un accurato racconto attraverso otto episodi in 4 puntate che, a cominciare dalla prima di ieri sera, è un vero e proprio viaggio in un tempo remoto ricostruito sin dei minimi dettagli con altrettanta, consumata pignoleria da di Jean-Jacques Annaud.
Occhi aperti dunque su RAl 1 poiché, al di là delle azzeccate location (in parte ricostruite negli studios di una Cinecittà che sembra quasi tornata ai fasti mondiali di un tempo) e di qualche accenno nella sceneggiatura, resterà comunque in tutti la consapevolezza che vi è anche una Puglia "ombelico del Mondo" nel Medioevo, per quanto sottesa alla narrazione, in ciò che vedremo in tv con un cast eccezionale e per una diffusione davvero planetaria. Una tessera importantissima, dunque, per la composizione di quel mosaico di assolute meraviglie che, se completato, potrebbe rilanciare Giovinazzo e l'antica Terra di Bari a livelli impensabili. Compiti questi, a seconda dei vari casi, di Chiesa e politica, ma anche di una comunità che forse non ha ancora ben compreso come la Cultura sia pure il più poderoso strumento di promozione turistica che esista.
«Un indizio è un indizio, due indizi sono una coincidenza, ma tre indizi fanno una prova» così la celeberrima Agatha Christie. E così anche per il noto storico don Gaetano Valente quando, analizzando antichi documenti relativi ad una lite tra la sua Terlizzi e la Diocesi di Giovinazzo, si è poi reso conto che il Vescovo di quest'ultima dal 1330 al 1333, William of Alnwick, altri non potesse essere che il fra Guglielmo di Baskerville che aveva ispirato "Il nome della rosa".
Cosa che non mancò di comunicare ad Umberto Eco, ricevendone immediato riscontro e congratulazioni. Salvo, però, che la cosa finisse lì, in attesa di qualche ulteriore prova che certificasse inoppugnabilmente ed una volta per tutte, dal punto di vista strettamente storico, la scoperta. Prova che spuntò fuori solo nel 2002, durante il certosino lavoro di riordino e catalogazione del prezioso Archivio Diocesano di Giovinazzo da parte dell'appassionato storiografo locale Michele Bonserio: stiamo infatti parlando di una pergamena del 1333 a firma di « Symon de Anglia vicario di fra Guglielmo, vescovo di Giovinazzo» ed in grado, così, di mettere la parola fine ad ogni dubbio circa la reale presenza qui, oltre che corrispondenza, tra il protagonista del libro di Eco e l'eminente personalità descritta dal Valente. Pergamena alla quale ebbe pure modo di accennare, sempre il Bonserio, all'attore e regista americano John Turturro, durante la sua breve visita nel 2010 allo straordinario Centro Storico della cittadina (Giovinazzo) che aveva dato i natali a suo padre Nicola, cui peraltro aveva già dedicato, nel 1992, la sua premiatissima opera prima «Mac».
Più che probabile, perciò, che lo spunto per un remake del "Il nome della rosa", il film cult sul Medioevo di Jean-Jacques Annaud, sia nato così, per poi potersi arricchire di una diversa caratura al personaggio chiave del libro di Eco, naturalmente alla luce della sua vera identità storica. Una verità che forse ci regalerà anche di qualcosa di più, considerando la solida fama di sceneggiatori e regista che, già da quel che si è visto, hanno di certo studiato a fondo quel «Guglielmo l'Inglese» che fu, tra l'altro, una delle più rilevanti figure culturali del suo tempo e del Mondo allora conosciuto. Una ragione in più, per cui non è esagerato sperare almeno in un qualche rimando o anticipazione all'epilogo maturato, nel XIV secolo, nella piccola, ma tormentata diocesi di Giovinazzo.
Occhi aperti dunque su RAl 1 poiché, al di là delle azzeccate location (in parte ricostruite negli studios di una Cinecittà che sembra quasi tornata ai fasti mondiali di un tempo) e di qualche accenno nella sceneggiatura, resterà comunque in tutti la consapevolezza che vi è anche una Puglia "ombelico del Mondo" nel Medioevo, per quanto sottesa alla narrazione, in ciò che vedremo in tv con un cast eccezionale e per una diffusione davvero planetaria. Una tessera importantissima, dunque, per la composizione di quel mosaico di assolute meraviglie che, se completato, potrebbe rilanciare Giovinazzo e l'antica Terra di Bari a livelli impensabili. Compiti questi, a seconda dei vari casi, di Chiesa e politica, ma anche di una comunità che forse non ha ancora ben compreso come la Cultura sia pure il più poderoso strumento di promozione turistica che esista.
«Un indizio è un indizio, due indizi sono una coincidenza, ma tre indizi fanno una prova» così la celeberrima Agatha Christie. E così anche per il noto storico don Gaetano Valente quando, analizzando antichi documenti relativi ad una lite tra la sua Terlizzi e la Diocesi di Giovinazzo, si è poi reso conto che il Vescovo di quest'ultima dal 1330 al 1333, William of Alnwick, altri non potesse essere che il fra Guglielmo di Baskerville che aveva ispirato "Il nome della rosa".
Cosa che non mancò di comunicare ad Umberto Eco, ricevendone immediato riscontro e congratulazioni. Salvo, però, che la cosa finisse lì, in attesa di qualche ulteriore prova che certificasse inoppugnabilmente ed una volta per tutte, dal punto di vista strettamente storico, la scoperta. Prova che spuntò fuori solo nel 2002, durante il certosino lavoro di riordino e catalogazione del prezioso Archivio Diocesano di Giovinazzo da parte dell'appassionato storiografo locale Michele Bonserio: stiamo infatti parlando di una pergamena del 1333 a firma di « Symon de Anglia vicario di fra Guglielmo, vescovo di Giovinazzo» ed in grado, così, di mettere la parola fine ad ogni dubbio circa la reale presenza qui, oltre che corrispondenza, tra il protagonista del libro di Eco e l'eminente personalità descritta dal Valente. Pergamena alla quale ebbe pure modo di accennare, sempre il Bonserio, all'attore e regista americano John Turturro, durante la sua breve visita nel 2010 allo straordinario Centro Storico della cittadina (Giovinazzo) che aveva dato i natali a suo padre Nicola, cui peraltro aveva già dedicato, nel 1992, la sua premiatissima opera prima «Mac».
Più che probabile, perciò, che lo spunto per un remake del "Il nome della rosa", il film cult sul Medioevo di Jean-Jacques Annaud, sia nato così, per poi potersi arricchire di una diversa caratura al personaggio chiave del libro di Eco, naturalmente alla luce della sua vera identità storica. Una verità che forse ci regalerà anche di qualcosa di più, considerando la solida fama di sceneggiatori e regista che, già da quel che si è visto, hanno di certo studiato a fondo quel «Guglielmo l'Inglese» che fu, tra l'altro, una delle più rilevanti figure culturali del suo tempo e del Mondo allora conosciuto. Una ragione in più, per cui non è esagerato sperare almeno in un qualche rimando o anticipazione all'epilogo maturato, nel XIV secolo, nella piccola, ma tormentata diocesi di Giovinazzo.