Cronaca
Abusi e violenze nei controlli anti-bracconaggio, in tre condannati per falso
Tra di loro un ex sovrintendente dell'allora Corpo Forestale dello Stato, il 52enne Raffaele Stano
Bari - sabato 22 settembre 2018
Raffaele Stano, 52enne di Bari, è stato condannato insieme ad altre due persone, dal Tribunale di Trani, nell'ambito di un altro filone che riguardava il decesso di un cacciatore 82enne, per presunti abusi e violenze compiute, dal 2003 al 2007, nel corso di controlli anti-bracconaggio avvenuti a nord di Bari.
Il giudice monocratico del Tribunale di Trani, Paola Buccelli, ha condannato, per il reato di falsità ideologica commessa da pubblico ufficiale, alla pena di 3 anni e 6 mesi, con interdizione per 5 anni dai pubblici uffici, Raffaele Stano, un sovrintendente dell'allora Corpo Forestale dello Stato, e a 2 anni e 6 mesi le guardie venatorie volontarie (in possesso di qualifica della Provincia di Bari e dunque pubblici ufficiali, nonché agenti di polizia giudiziaria) Moisè Mario Salvatore Checchia e Pasquale Salvemini, 51enne di Molfetta.
Dovevano essere semplici controlli contro il bracconaggio nei boschi delle province di Bari e di Barletta, Andria e Trani, ma sarebbero stati condotti con metodi sin troppo decisi, addirittura violenti, oltre a minacce e pesanti perquisizioni. I tre erano stati arrestati nel 2005.
Gran parte dei numerosi capi d'imputazione loro addebitati da parte della Procura della Repubblica di Trani, tra cui il reato di omicidio colposo con morte come conseguenza di altro delitto, sono caduti in prescrizione, mentre i tre sono stati assolti (per non aver commesso il fatto) dall'accusa di aver falsificato i verbali di sommarie informazioni stilati subito dopo la morte per infarto di un cacciatore 82enne, avvenuta a Spinazzola, nel lontano 2005.
L'inchiesta, infatti, partì proprio dal decesso (per infarto) di un cacciatore durante una perquisizione svolta a Spinazzola. Un controllo particolarmente aggressivo eseguito il 6 novembre 2005, avrebbe provocato la morte dell'82enne, originario di Riccione e paziente cardiopatico, in trasferta in Puglia dove aveva organizzato una battuta di caccia. L'uomo, vistosi accerchiato, fu colto da arresto cardiocircolatorio e si accasciò al suolo.
Secondo quanto contestato dalla Procura della Repubblica, alcuni imputati erano «animati da intenti persecutori nei confronti dei cacciatori», avrebbero svolto controlli contro il bracconaggio con metodi «connotati da spregiudicata vessatorietà, aggressività e sproporzionata invasività» e avrebbero attuato una serie di attività con lo scopo di accusare ingiustamente alcuni ignari cacciatori dell'impiego di richiami per uccelli.
Il giudice ha anche stabilito che i tre imputati condannati, insieme alla ex Provincia di Bari e al Ministero delle Politiche Agricole citati come responsabili civili, debbano risarcire alle parti civili i danni patrimoniale e non, da liquidarsi in separata sede.
Il giudice monocratico del Tribunale di Trani, Paola Buccelli, ha condannato, per il reato di falsità ideologica commessa da pubblico ufficiale, alla pena di 3 anni e 6 mesi, con interdizione per 5 anni dai pubblici uffici, Raffaele Stano, un sovrintendente dell'allora Corpo Forestale dello Stato, e a 2 anni e 6 mesi le guardie venatorie volontarie (in possesso di qualifica della Provincia di Bari e dunque pubblici ufficiali, nonché agenti di polizia giudiziaria) Moisè Mario Salvatore Checchia e Pasquale Salvemini, 51enne di Molfetta.
Dovevano essere semplici controlli contro il bracconaggio nei boschi delle province di Bari e di Barletta, Andria e Trani, ma sarebbero stati condotti con metodi sin troppo decisi, addirittura violenti, oltre a minacce e pesanti perquisizioni. I tre erano stati arrestati nel 2005.
Gran parte dei numerosi capi d'imputazione loro addebitati da parte della Procura della Repubblica di Trani, tra cui il reato di omicidio colposo con morte come conseguenza di altro delitto, sono caduti in prescrizione, mentre i tre sono stati assolti (per non aver commesso il fatto) dall'accusa di aver falsificato i verbali di sommarie informazioni stilati subito dopo la morte per infarto di un cacciatore 82enne, avvenuta a Spinazzola, nel lontano 2005.
L'inchiesta, infatti, partì proprio dal decesso (per infarto) di un cacciatore durante una perquisizione svolta a Spinazzola. Un controllo particolarmente aggressivo eseguito il 6 novembre 2005, avrebbe provocato la morte dell'82enne, originario di Riccione e paziente cardiopatico, in trasferta in Puglia dove aveva organizzato una battuta di caccia. L'uomo, vistosi accerchiato, fu colto da arresto cardiocircolatorio e si accasciò al suolo.
Secondo quanto contestato dalla Procura della Repubblica, alcuni imputati erano «animati da intenti persecutori nei confronti dei cacciatori», avrebbero svolto controlli contro il bracconaggio con metodi «connotati da spregiudicata vessatorietà, aggressività e sproporzionata invasività» e avrebbero attuato una serie di attività con lo scopo di accusare ingiustamente alcuni ignari cacciatori dell'impiego di richiami per uccelli.
Il giudice ha anche stabilito che i tre imputati condannati, insieme alla ex Provincia di Bari e al Ministero delle Politiche Agricole citati come responsabili civili, debbano risarcire alle parti civili i danni patrimoniale e non, da liquidarsi in separata sede.