Attualità
Aperture domenicali a Bari, accordo Lega-M5S. Ma non tutti sono soddisfatti
Federdistribuzione: «Effetti molto negativi», Montaruli (Unimpresa Bat): «Inciderà pesantemente sulla grande distribuzione organizzata»
Bari - domenica 3 febbraio 2019
11.58
Il tema delle aperture domenicali è molto sentito a Bari. Molto spesso si sono tenute battaglie tra chi è contrario alla diffusione di ipermercati e centri della grande distribuzione, che rischiano di fagocitare il commercio di prossimità. D'altronde, anche le recenti notizie di apertura di un nuovo centro nella zona commerciale di Santa Caterina, o la prossima inaugurazione il 14 febbraio del primo Lidl cittadino hanno aumentato i timori. Tutti questi centri pubblicizzano la loro apertura 7 giorni su 7 e anche in molti giorni festivi, come uno dei loro punti di forza.
E in soccorso di queste posizioni, supportate anche dai sindacati di settori, giunge un accordo tra la Lega e il Movimento 5 Stelle. Il testo al riguardo è stato depositato in Commissione alla Camera e verrà ora prima esaminato e poi discusso sia alla Camera che al Senato. Non è detto che diventi legge così come è ora, ma di sicuro è una base su cui si svilupperà un testo di legge da sempre cavallo di battaglia dell'attuale governo giallo-verde.
Cosa prevede questo accordo? Verranno concesse ai negozi 26 domeniche su 52 ogni anno in cui poter aprire, con una deroga per 4 festività nazionali su 12 e quindi un totale di 30 aperture festive. La scelta dei giorni avverrà di concerto tra le Regioni, i sindacati e le associazioni di categoria. Deroga per le attività presenti nei centri storici che potranno aprire tutte le domeniche ma non i giorni festivi. Sempre aperti, invece, i negozi presenti in porti, aeroporti, stazioni, autostrade, oltre a cinema, stadi, giornalai, fiorai, antiquari, pasticcerie e rosticcerie che avranno libertà di apertura. Nei comuni fino a 10 mila abitanti potranno aprire gli store fino a 150 metri, mentre in quelli con più di 10 mila abitanti si parla di store fino a 250 metri.
Non tutti sono ottimisti e soddisfatti dal testo. Federdistribuzione sottolinea che: «Il testo produrrà un effetto molto negativo sul sistema Paese: diminuiranno i livelli occupazionali di 30.000 unità, caleranno i consumi per oltre 4 miliardi di euro, peggioreranno le aspettative delle imprese, con conseguente riduzione degli investimenti, ci sarà meno servizio ai consumatori, costretti a modificare le proprie abitudini di acquisto ormai consolidate da oltre 7 anni di aperture domenicali, si creeranno distorsioni nella concorrenza tra imprese e disparità di trattamento tra i cittadini per il potere dato agli enti territoriali».
Soddisfazione da Unimpresa Bat è possibile leggere nelle parole di Savino Montaruli: «Un provvedimento di chiaro sostegno al piccolo commercio che però inciderà pesantemente sulla grande distribuzione organizzata con conseguenze che, secondo me, potrebbero essere pesantissime fino alla chiusura di centri commerciali ormai già in profonda crisi, dopo aver assalito il territorio in maniera incontrollata, dagli anni duemila ad oggi, ma caduti anch'essi in qualcosa più grande di loro che è il commercio on-line».
E in soccorso di queste posizioni, supportate anche dai sindacati di settori, giunge un accordo tra la Lega e il Movimento 5 Stelle. Il testo al riguardo è stato depositato in Commissione alla Camera e verrà ora prima esaminato e poi discusso sia alla Camera che al Senato. Non è detto che diventi legge così come è ora, ma di sicuro è una base su cui si svilupperà un testo di legge da sempre cavallo di battaglia dell'attuale governo giallo-verde.
Cosa prevede questo accordo? Verranno concesse ai negozi 26 domeniche su 52 ogni anno in cui poter aprire, con una deroga per 4 festività nazionali su 12 e quindi un totale di 30 aperture festive. La scelta dei giorni avverrà di concerto tra le Regioni, i sindacati e le associazioni di categoria. Deroga per le attività presenti nei centri storici che potranno aprire tutte le domeniche ma non i giorni festivi. Sempre aperti, invece, i negozi presenti in porti, aeroporti, stazioni, autostrade, oltre a cinema, stadi, giornalai, fiorai, antiquari, pasticcerie e rosticcerie che avranno libertà di apertura. Nei comuni fino a 10 mila abitanti potranno aprire gli store fino a 150 metri, mentre in quelli con più di 10 mila abitanti si parla di store fino a 250 metri.
Non tutti sono ottimisti e soddisfatti dal testo. Federdistribuzione sottolinea che: «Il testo produrrà un effetto molto negativo sul sistema Paese: diminuiranno i livelli occupazionali di 30.000 unità, caleranno i consumi per oltre 4 miliardi di euro, peggioreranno le aspettative delle imprese, con conseguente riduzione degli investimenti, ci sarà meno servizio ai consumatori, costretti a modificare le proprie abitudini di acquisto ormai consolidate da oltre 7 anni di aperture domenicali, si creeranno distorsioni nella concorrenza tra imprese e disparità di trattamento tra i cittadini per il potere dato agli enti territoriali».
Soddisfazione da Unimpresa Bat è possibile leggere nelle parole di Savino Montaruli: «Un provvedimento di chiaro sostegno al piccolo commercio che però inciderà pesantemente sulla grande distribuzione organizzata con conseguenze che, secondo me, potrebbero essere pesantissime fino alla chiusura di centri commerciali ormai già in profonda crisi, dopo aver assalito il territorio in maniera incontrollata, dagli anni duemila ad oggi, ma caduti anch'essi in qualcosa più grande di loro che è il commercio on-line».