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Cronaca

Bari, la guardia di finanza svela l'usura di quartiere e prestiti a "strozzo" con tasso del 1200%

Diverse operazioni hanno permesso di smantellare organizzazioni che sfruttavano le difficoltà delle famiglie legate anche al Covid

Prestiti e usura a Bari. Le più recenti esperienze investigative maturate dal Nucleo di Polizia Economico Finanziaria hanno fatto registrare nel territorio di riferimento (città metropolitana di Bari e provincia di Barletta-Andria-Trani) la coesistenza dell'usura "di quartiere" con l'usura in forma associativa, entrambe espressioni di un "welfare criminale di prossimità", ovvero di quel perverso sostegno finanziario alle famiglie, nonché agli imprenditori e professionisti in difficoltà o in crisi di liquidità. Situazione, quest'ultima, su cui è andata a gravare profondamente la pandemia causata dal COVID 19.

Le ultime indagini svolte dal Nucleo PEF Bari hanno, innanzitutto, confermato la presenza della figura dell'usuraio "di quartiere", ovvero il cosiddetto "cravattaio", che gestisce - in prima persona o con la connivenza di propri familiari - i rapporti con le vittime, mettendo a frutto la propria ricchezza e lucrando così sullo stato di difficoltà finanziaria dei malcapitati.

Conferma di tale fenomeno si è avuta con l'indagine di polizia giudiziaria denominata "Cravatte rosa", all'esito della quale lo scorso novembre il Nucleo PEF di Bari ha eseguito un'ordinanza - emessa dal G.I.P. del Tribunale di Bari su richiesta della locale Procura della Repubblica - applicativa della misura cautelare personale nei confronti di 13 soggetti, di cui 5 in carcere e 8 agli arresti domiciliari. In particolare, le complesse attività investigative - coordinate dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Bari - hanno consentito di disvelare condotte di usura, di tipo "domestico", per centinaia di migliaia di euro, poste in essere, nel periodo 2011-2020, prevalentemente da donne appartenenti a 4 nuclei familiari nei confronti di loro vicini di casa, residenti nei quartieri popolari Japigia, San Pasquale e San Paolo di Bari.

Le indagini sono state avviate a seguito delle dichiarazioni rese da un'anziana donna di Bari, in gravi difficoltà economiche, la quale - presentatasi nel maggio 2019 presso il Nucleo PEF di Bari - aveva denunciato di essere stata vittima di usura da parte di diversi "aguzzini". L'attività investigativa è stata, quindi, sviluppata dai Finanzieri del G.I.C.O. Bari mediante attività di intercettazione telefonica, pedinamenti, video-riprese, indagini finanziarie ed escussione in atti delle numerosissime vittime dell'usura, la maggior parte delle quali - dimostrando grande coraggio - ha fornito una preziosa collaborazione agli inquirenti per la ricostruzione dell'illecita attività creditizia e l'individuazione dei responsabili.

Il "modus operandi" dell'attività usuraria prevedeva la restituzione - anche, talvolta, mediante il ricorso a violenze e minacce - della somma prestata (in un arco temporale ricompreso nella maggior parte dei casi tra una settimana ed un massimo di 6 mesi) con l'applicazione di tassi di interesse annui fino a oltre il 5.000%. Inoltre, per i prestiti ottenuti vigeva la regola del "salto rata", ovvero la vittima - laddove non fosse stata in grado di pagare, alla scadenza, la rata pattuita - era costretta a versare una "penale", denominata "solo interesse", ammontante al 50% della rata mensile prevista, con la conseguenza che il debito residuo rimaneva inalterato e che i tempi di estinzione del prestito si allungavano.

Oltre a famiglie con gravi difficoltà economiche, sono caduti nella "morsa" dell'usura impiegati, commessi ed operai, alcuni dei quali anche accaniti giocatori di "bingo", "lotto", "slot machine" e "gratta e vinci", tanto che, in una circostanza, una vittima "ludopatica" si è ritrovata in difficoltà tali da dissipare intere fortune, arrivando persino a vendere l'abitazione nella quale viveva. Nel corso dell'indagine, in più, è stato possibile accertare che una delle aguzzine - nonostante le misure restrittive imposte dall'ultimo "lockdown" - non aveva esitato, pur di vedersi regolarmente pagata la rata mensile, a recarsi presso l'abitazione della sua debitrice e farvi ingresso, con la forza, priva dei dispositivi di protezione, nonostante nella casa vi fosse un'anziana allettata, con gravi problemi di salute.

Peraltro, ulteriori attività investigative - tuttora in corso - stanno facendo registrare la presenza preoccupante, nel territorio di riferimento, dell'usura anche in una dimensione associativa, con sodalizi criminali che esercitano, mediante vere e proprie "strutture organizzate", attività di concessione di prestiti a tassi di interesse elevatissimi nei confronti di commercianti, piccoli imprenditori e artigiani, proponendosi come unico rimedio al soddisfacimento del loro fabbisogno immediato di liquidità. Del resto, le organizzazioni criminali hanno la possibilità di dispensare la smisurata liquidità di cui dispongono alle persone in difficoltà con immediatezza e senza, al momento, chiedere una contropartita, per poi pretendere in cambio "future connivenze", nella concreta prospettiva di infiltrarsi ulteriormente nel tessuto economico.

Evidenze in tal senso emergono nell'ambito di una complessa attività d'indagine che sta svolgendo il Nucleo PEF Bari - con il coordinamento del Procuratore facente funzioni, Dott. Roberto ROSSI - su una compagine criminale attiva nel Barese nella concessione di prestiti a "strozzo", con l'applicazione di tassi di interesse annui fino a oltre il 1200%.

Anche in questo caso, le attività investigative sono partite a seguito della denuncia presentata da un imprenditore pugliese, in difficoltà finanziarie, caduto nelle morse dell'usura perpetrata da ben 4 clan malavitosi. Le indagini hanno consentito di ricostruire il seguente "modus operandi" utilizzato dalle organizzazioni criminali: la dazione del denaro all'imprenditore usurato avviene per contanti, con riconsegna agli aguzzini nella medesima forma o attraverso l'emissione di assegni bancari privi dell'indicazione del beneficiario o di assegni circolari all'ordine di soggetti contigui al clan. L'assegno bancario privo dell'indicazione del beneficiario viene "speso" presso esercizi commerciali ed intestato al titolare dell'attività economica (generi alimentari, abbigliamento, ecc.) che lo pone all'incasso.

Per dissimulare le tracce dei flussi di denaro generati dai prestiti usurari nei circuiti finanziari, in alcuni casi la restituzione delle somme vede interessati componenti del nucleo familiare della vittima attraverso l'emissione a proprio nome di assegni bancari/circolari. In caso di insolvenza o di ritardi nella restituzione degli interessi, i clan non esitano a porre in essere vere e proprie "spedizioni punitive" in danno dell'imprenditore usurato, consistenti in vessazioni psicologiche e/o aggressioni fisiche. Numerosissimi sono i soggetti risultati coinvolti nelle attività usurarie, circa 90, ciascuno dei quali è risultato incaricato di svolgere un compito preciso in seno al sodalizio criminale di appartenenza. Oltre ai vertici e agli esponenti di spicco dei clan, le attività investigative hanno, difatti, messo in luce il ruolo degli "intermediari" (che hanno messo in contatto gli usurati con le singole organizzazioni criminali), dei beneficiari degli assegni circolari (contigui ai clan) e di coloro che hanno riscosso gli interessi o hanno eseguito le "spedizioni punitive".
  • Guardia di Finanza
  • usura
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