Servizi sociali
Bari, per la prima volta uno studio sulla popolazione senza tetto. Più di 500 in tutta la città
La maggior parte sono stranieri. Bottalico: «Interventi programmati a contrasto della povertà»
Bari - mercoledì 18 ottobre 2017
11.32
In occasione della Giornata mondiale contro la povertà, proclamata dall'ONU nel 1992 a seguito del grande raduno che, nel 1987, vide riunirsi a Parigi oltre 100mila persone per ricordare le vittime della violenza e della fame in tutto il mondo, il Comune di Bari ha reso noti i dati rilevati lo scorso giugno in uno studio sulla popolazione senza fissa dimora della città.
Una rilevazione resa possibile dall'impegno della fittissima rete del welfare cittadino, che vede impegnato quotidianamente l'assessorato al Welfare al fianco delle tantissime realtà locali del terzo settore attive nel campo dell'assistenza agli indigenti. Secondo le stime, la popolazione senza tetto della città di Bari si quantifica tra le 500 e le 550 unità, con un discreto margine di approssimazione legato agli spostamenti stagionali e all'intensità dei flussi migratori.
L'indagine è stata condotta attraverso la somministrazione di un questionario a 150 persone ospiti delle strutture di accoglienza comunali o comunque assistite dalle associazioni locali e ha portato al possesso di alcuni dati rilevanti al fine di studiare azioni concrete a contrasto della povertà e del disagio sociale. Dalle interviste, infatti, è emerso che l'85,2% della popolazione senza tetto barese è composta da uomini (dato in linea con le rilevazioni ISTAT a livello nazionale), e nel 52,3% dei casi gli homeless di Bari provengono da ben 24 Paesi stranieri, soprattutto africani con una leggera prevalenza di ghanesi (dato di poco al di sotto della media nazionale, che segna una percentuale pari al 58,2 di senza tetto non di origine italiana).
Significativo, inoltre, appare il dato relativo all'età, che mostra una differenza sostanziale tra le persone senza dimora italiane e quelle straniere: tra quest'ultime, infatti, vi è una netta prevalenza di giovani di età inferiore ai 34 anni (76,9%), mentre tra gli italiani il 64,7% ha più di 45 anni.
Allarmanti sono anche i dati sul tasso medio di alfabetizzazione, lì dove solo il 24,3% degli intervistati ha dichiarato di possedere il diploma di scuola media superiore o titolo di studio superiore (equivalente per gli stranieri). Tra coloro che hanno dichiarato di non essere in possesso di alcun titolo di studio (il 13,5% del totale), la maggior parte ha anche specificato di non possedere nemmeno l'alfabetizzazione elementare, quindi di non essere in grado né di leggere né di scrivere (in prevalenza si tratta di migranti giunti da poco in Italia).
Il 93% degli intervistati ha, inoltre, dichiarato di vivere da solo: nel 58,4% dei casi si tratta di persone nubili/celibi, e nella maggior parte dei casi sono stranieri. Il 43,6% ha dichiarato di figli che vivono con il proprio (o precedente) coniuge/partner (nel 57% dei casi), da soli poiché adulti (nel 18,5%), con altri familiari (l'11%). Abbastanza rilevante anche la percentuale di coloro che hanno figli in affidamento, pari al 10,8%. Nel 47,6% dei casi, i figli dei senzatetto vivono a Bari, circostanza che rende più frequenti i contatti e le relazioni, pur senza escludere una situazione di totale e persistente emarginazione sociale.
Per quanto riguarda la durata della condizione di senza fissa dimora, il 53,7% ha affermato che si tratta di una situazione perdurante da oltre due anni, mentre solo il 23,5% vive in strada da meno di sei mesi. Gran parte delle persone senza dimora ha abbandonato la situazione precedente perché precaria o comunque provvisoria (28,7%). La perdita di un lavoro stabile o la difficoltà economica (21,7%), insieme alla separazione dal coniuge e/o dai figli (15,4%), si confermano anche a Bari due delle principali cause alla base del percorso di progressiva emarginazione che conduce alla condizione di senza dimora, sia pure in misura meno accentuata rispetto al dato nazionale. Una buona parte delle persone senza dimora di Bari (il 63,7%) viveva nella propria abitazione, prima di trovarsi nell'attuale condizione.
Il 62,8% degli intervistati ha dichiarato di avere un lavoro, prevalentemente riferito a occupazioni poco sicure, saltuarie e in alcuni casi illegali (stagionali in campagna, addetto alle pulizie, facchino, parcheggiatore abusivo). La maggior parte ha anche sostenuto di essere alla costante ricerca di un lavoro ma di non riuscire a trovarne, situazione che, per più del 50% degli intervistati, perdura da oltre tre anni.
Il guadagno medio mensile dichiarato è di 235 euro: solo il 7,7% dichiara di guadagnare più di 500 euro mensili, mentre il 28,6% dice di percepire meno di 100 euro al mese. Soltanto il 26% ha affermato di aver avuto in passato un lavoro stabile, terminato per licenziamento o cessazione dell'attività.
Il rapporto con i servizi pubblici è frequente, con particolare riferimento ai servizi sociali. Oltre l'80% ha dichiarato di aver avuto almeno un contatto con i servizi sociali comunali nel corso degli ultimi 12 mesi, mentre per il restante 20% si tratta di persone perlopiù di passaggio sul territorio cittadino. Per i servizi sanitari la percentuale scende al 48%.
I servizi mensa e distribuzione alimenti sembrano funzionare bene: oltre il 90% delle persone non ha saltato il pranzo o la cena per più di due/tre volte nella settimana precedente la rilevazione (giugno 2017).
Per quanto riguarda la salute, il 57,6% degli intervistati ha detto di essere in condizioni buone o molto buone, solo il 12% di avere condizioni di salute precarie o molto gravi. Le patologie più diffuse sono quelle cardiocircolatorie, psichiatriche, odontoiatriche, traumatismi, patologie del tratto respiratorio superiore e diabete. Nella maggior parte dei casi (72,6%) l'intervistato ha dichiarato di avere in corso specifici trattamenti terapeutici a cura della patologia da cui è affetto.
Infine, l'88,3% è in possesso di un documento di riconoscimento in corso di validità: il 20% non dispone di una residenza anagrafica; tra chi, invece, ha la residenza anagrafica, nella maggior parte dei casi si tratta di residenza a Bari (l'81,9%), mentre per il 13,8% la residenza anagrafica è indicata in un altro Comune della provincia di Bari o della Puglia.
«Per noi questa rilevazione, mai realizzata prima d'ora a Bari, costituisce una base molto importante per la programmazione di interventi pensati e predisposti a seguito di un lavoro condotto per sei mesi dalla rete cittadina per il contrasto alla grave emarginazione adulta - spiega l'assessore al Welfare Francesca Bottalico. Nell'ultimo decennio, infatti, il fenomeno delle persone senza dimora ha subito delle trasformazioni sostanziali, dovute specialmente all'avvento della crisi economica, al frammentarsi delle relazioni sociali e familiari, ad eventi traumatici e, in particolare, alle migrazioni di massa. Perciò, con il prezioso contributo di circa venti realtà locali che si occupano di queste tematiche, abbiamo dato vita a un tavolo permanente in modo da raccogliere esperienze e bisogni e individuare insieme degli interventi efficaci e in grado di costruire un reale percorso di reinserimento sociale, lavorativo e abitativo. Nelle prossime settimane presenteremo alla città il piano di azioni mirate a sostegno degli adulti in situazioni di grave marginalità, che si integra con la programmazione ordinaria e, grazie anche ad una riorganizzazione del personale e dei servizi, punta a qualificare un settore operativo nuovo e destinato a sviluppare interventi innovativi, realistici e, soprattutto, adeguati ai bisogni di quanti vivono le condizioni di disagio più gravi. Si tratta di un piano pluriennale, per realizzare il quale utilizzeremo risorse del PON Inclusione e del PON Metro oltre che fondi del civico bilancio che ci consentiranno di potenziare servizi strategici, quali ad esempio il Pronto intervento sociale, avviare nuove unità di strada, anche alla luce di un importante lavoro sulla prevenzione in procinto di partire, e sperimentazioni innovative quali le Case di comunità, un contesto di vita il più possibile simile all'ambiente familiare in cui gli ospiti possano curare autonomamente i propri spazi di vita e seguire un progetto personalizzato. Grazie all'implementazione dei servizi, alcuni dei quali innovativi su scala regionale, al lavoro di rete con le associazioni di volontariato laico e cattolico e alla programmazione sistematica degli interventi, il tema del contrasto alle povertà nella nostra città è diventato per la prima volta un sistema integrato e programmato, e non più una risposta di tipo emergenziale».
Una rilevazione resa possibile dall'impegno della fittissima rete del welfare cittadino, che vede impegnato quotidianamente l'assessorato al Welfare al fianco delle tantissime realtà locali del terzo settore attive nel campo dell'assistenza agli indigenti. Secondo le stime, la popolazione senza tetto della città di Bari si quantifica tra le 500 e le 550 unità, con un discreto margine di approssimazione legato agli spostamenti stagionali e all'intensità dei flussi migratori.
L'indagine è stata condotta attraverso la somministrazione di un questionario a 150 persone ospiti delle strutture di accoglienza comunali o comunque assistite dalle associazioni locali e ha portato al possesso di alcuni dati rilevanti al fine di studiare azioni concrete a contrasto della povertà e del disagio sociale. Dalle interviste, infatti, è emerso che l'85,2% della popolazione senza tetto barese è composta da uomini (dato in linea con le rilevazioni ISTAT a livello nazionale), e nel 52,3% dei casi gli homeless di Bari provengono da ben 24 Paesi stranieri, soprattutto africani con una leggera prevalenza di ghanesi (dato di poco al di sotto della media nazionale, che segna una percentuale pari al 58,2 di senza tetto non di origine italiana).
Significativo, inoltre, appare il dato relativo all'età, che mostra una differenza sostanziale tra le persone senza dimora italiane e quelle straniere: tra quest'ultime, infatti, vi è una netta prevalenza di giovani di età inferiore ai 34 anni (76,9%), mentre tra gli italiani il 64,7% ha più di 45 anni.
Allarmanti sono anche i dati sul tasso medio di alfabetizzazione, lì dove solo il 24,3% degli intervistati ha dichiarato di possedere il diploma di scuola media superiore o titolo di studio superiore (equivalente per gli stranieri). Tra coloro che hanno dichiarato di non essere in possesso di alcun titolo di studio (il 13,5% del totale), la maggior parte ha anche specificato di non possedere nemmeno l'alfabetizzazione elementare, quindi di non essere in grado né di leggere né di scrivere (in prevalenza si tratta di migranti giunti da poco in Italia).
Il 93% degli intervistati ha, inoltre, dichiarato di vivere da solo: nel 58,4% dei casi si tratta di persone nubili/celibi, e nella maggior parte dei casi sono stranieri. Il 43,6% ha dichiarato di figli che vivono con il proprio (o precedente) coniuge/partner (nel 57% dei casi), da soli poiché adulti (nel 18,5%), con altri familiari (l'11%). Abbastanza rilevante anche la percentuale di coloro che hanno figli in affidamento, pari al 10,8%. Nel 47,6% dei casi, i figli dei senzatetto vivono a Bari, circostanza che rende più frequenti i contatti e le relazioni, pur senza escludere una situazione di totale e persistente emarginazione sociale.
Per quanto riguarda la durata della condizione di senza fissa dimora, il 53,7% ha affermato che si tratta di una situazione perdurante da oltre due anni, mentre solo il 23,5% vive in strada da meno di sei mesi. Gran parte delle persone senza dimora ha abbandonato la situazione precedente perché precaria o comunque provvisoria (28,7%). La perdita di un lavoro stabile o la difficoltà economica (21,7%), insieme alla separazione dal coniuge e/o dai figli (15,4%), si confermano anche a Bari due delle principali cause alla base del percorso di progressiva emarginazione che conduce alla condizione di senza dimora, sia pure in misura meno accentuata rispetto al dato nazionale. Una buona parte delle persone senza dimora di Bari (il 63,7%) viveva nella propria abitazione, prima di trovarsi nell'attuale condizione.
Il 62,8% degli intervistati ha dichiarato di avere un lavoro, prevalentemente riferito a occupazioni poco sicure, saltuarie e in alcuni casi illegali (stagionali in campagna, addetto alle pulizie, facchino, parcheggiatore abusivo). La maggior parte ha anche sostenuto di essere alla costante ricerca di un lavoro ma di non riuscire a trovarne, situazione che, per più del 50% degli intervistati, perdura da oltre tre anni.
Il guadagno medio mensile dichiarato è di 235 euro: solo il 7,7% dichiara di guadagnare più di 500 euro mensili, mentre il 28,6% dice di percepire meno di 100 euro al mese. Soltanto il 26% ha affermato di aver avuto in passato un lavoro stabile, terminato per licenziamento o cessazione dell'attività.
Il rapporto con i servizi pubblici è frequente, con particolare riferimento ai servizi sociali. Oltre l'80% ha dichiarato di aver avuto almeno un contatto con i servizi sociali comunali nel corso degli ultimi 12 mesi, mentre per il restante 20% si tratta di persone perlopiù di passaggio sul territorio cittadino. Per i servizi sanitari la percentuale scende al 48%.
I servizi mensa e distribuzione alimenti sembrano funzionare bene: oltre il 90% delle persone non ha saltato il pranzo o la cena per più di due/tre volte nella settimana precedente la rilevazione (giugno 2017).
Per quanto riguarda la salute, il 57,6% degli intervistati ha detto di essere in condizioni buone o molto buone, solo il 12% di avere condizioni di salute precarie o molto gravi. Le patologie più diffuse sono quelle cardiocircolatorie, psichiatriche, odontoiatriche, traumatismi, patologie del tratto respiratorio superiore e diabete. Nella maggior parte dei casi (72,6%) l'intervistato ha dichiarato di avere in corso specifici trattamenti terapeutici a cura della patologia da cui è affetto.
Infine, l'88,3% è in possesso di un documento di riconoscimento in corso di validità: il 20% non dispone di una residenza anagrafica; tra chi, invece, ha la residenza anagrafica, nella maggior parte dei casi si tratta di residenza a Bari (l'81,9%), mentre per il 13,8% la residenza anagrafica è indicata in un altro Comune della provincia di Bari o della Puglia.
«Per noi questa rilevazione, mai realizzata prima d'ora a Bari, costituisce una base molto importante per la programmazione di interventi pensati e predisposti a seguito di un lavoro condotto per sei mesi dalla rete cittadina per il contrasto alla grave emarginazione adulta - spiega l'assessore al Welfare Francesca Bottalico. Nell'ultimo decennio, infatti, il fenomeno delle persone senza dimora ha subito delle trasformazioni sostanziali, dovute specialmente all'avvento della crisi economica, al frammentarsi delle relazioni sociali e familiari, ad eventi traumatici e, in particolare, alle migrazioni di massa. Perciò, con il prezioso contributo di circa venti realtà locali che si occupano di queste tematiche, abbiamo dato vita a un tavolo permanente in modo da raccogliere esperienze e bisogni e individuare insieme degli interventi efficaci e in grado di costruire un reale percorso di reinserimento sociale, lavorativo e abitativo. Nelle prossime settimane presenteremo alla città il piano di azioni mirate a sostegno degli adulti in situazioni di grave marginalità, che si integra con la programmazione ordinaria e, grazie anche ad una riorganizzazione del personale e dei servizi, punta a qualificare un settore operativo nuovo e destinato a sviluppare interventi innovativi, realistici e, soprattutto, adeguati ai bisogni di quanti vivono le condizioni di disagio più gravi. Si tratta di un piano pluriennale, per realizzare il quale utilizzeremo risorse del PON Inclusione e del PON Metro oltre che fondi del civico bilancio che ci consentiranno di potenziare servizi strategici, quali ad esempio il Pronto intervento sociale, avviare nuove unità di strada, anche alla luce di un importante lavoro sulla prevenzione in procinto di partire, e sperimentazioni innovative quali le Case di comunità, un contesto di vita il più possibile simile all'ambiente familiare in cui gli ospiti possano curare autonomamente i propri spazi di vita e seguire un progetto personalizzato. Grazie all'implementazione dei servizi, alcuni dei quali innovativi su scala regionale, al lavoro di rete con le associazioni di volontariato laico e cattolico e alla programmazione sistematica degli interventi, il tema del contrasto alle povertà nella nostra città è diventato per la prima volta un sistema integrato e programmato, e non più una risposta di tipo emergenziale».