Scuola e Lavoro
Bosch nessuna novità dal Ministero, e intanto i sindacati si spaccano
Rottura tra Fiom Cgil, Fim Cisl e Uilm da un lato e UglM dall'altro, accuse reciproche e lo spettro sempre più concreto degli esuberi
Bari - sabato 30 novembre 2019
14.51
L'incontro al ministero dello sviluppo economico è stato un buco nell'acqua, nessuna novità sostanziale è venuta fuori e l'azienda continua a rimanere ferma nelle sue posizioni. Dal ministero è giunta quindi la richiesta di interloquire nel prossimo incontro direttamente con i vertici europei, per comprendere quali siano le reali intenzioni dell'azienda (ricordiamo si parla di oltre 600 esuberi a partire dal 2023) e capire se possa esserci margine per un reale piano di differenziazione produttiva da mettere in atto nel sito cittadino, patria del common rail.
Intanto, continuano i malumori in azienda anche tra gli stessi dipendenti. I sindacati sono spaccati, da un lato Fiom Cgil, Fim Cisl e Uilm e dall'altro UglM che non ha nemmeno partecipato allo sciopero del 28 novembre ritenendolo un'azione tardiva oltre che una perdita solo per i dipendenti stessi.
D'altronde UglM è da sempre stata contraria anche agli accordi sottoscritti due anni fa ritenendoli lesivi per i dipendenti in quanto: «A pagare il prezzo di questi accordi – sottolinea il segretario provinciale Samantha Partipilo – sono stati finora solo i lavoratori, che si vedono una riduzione media dello stipendio di circa 500 euro ogni mese, che vivono quotidianamente con la minaccia dei licenziamenti e con l'insicurezza di riuscire a sostentare le proprie famiglie». Accordi che invece le altre sigle ritengono fondamentali, al punto da aver messo sul tavolo all'azienda anche il suo obbligo a mantenerli.
«È necessario che si chiariscano le reali prospettive produttive e occupazionali - sottolinea dopo l'incontro Fiom Cgil - e gli investimenti adeguati per affrontare una rivoluzione del settore attraverso la transizione industriale verso produzioni ecologiche. Gli strumenti messi in campo finora non bastano».
«L'azienda non ha un prodotto innovativo tale da saturare la capacità produttiva di Bari - rimarca UglM - e il fatto che preferisca parlare per il momento di sovracapacità, invece di esuberi e di licenziamenti, non ci tranquillizza affatto, perché è evidente che, qualora non dovessero arrivare nuove produzioni, anche diverse dal settore automotive, il destino della fabbrica è segnato».
Intanto, continuano i malumori in azienda anche tra gli stessi dipendenti. I sindacati sono spaccati, da un lato Fiom Cgil, Fim Cisl e Uilm e dall'altro UglM che non ha nemmeno partecipato allo sciopero del 28 novembre ritenendolo un'azione tardiva oltre che una perdita solo per i dipendenti stessi.
D'altronde UglM è da sempre stata contraria anche agli accordi sottoscritti due anni fa ritenendoli lesivi per i dipendenti in quanto: «A pagare il prezzo di questi accordi – sottolinea il segretario provinciale Samantha Partipilo – sono stati finora solo i lavoratori, che si vedono una riduzione media dello stipendio di circa 500 euro ogni mese, che vivono quotidianamente con la minaccia dei licenziamenti e con l'insicurezza di riuscire a sostentare le proprie famiglie». Accordi che invece le altre sigle ritengono fondamentali, al punto da aver messo sul tavolo all'azienda anche il suo obbligo a mantenerli.
«È necessario che si chiariscano le reali prospettive produttive e occupazionali - sottolinea dopo l'incontro Fiom Cgil - e gli investimenti adeguati per affrontare una rivoluzione del settore attraverso la transizione industriale verso produzioni ecologiche. Gli strumenti messi in campo finora non bastano».
«L'azienda non ha un prodotto innovativo tale da saturare la capacità produttiva di Bari - rimarca UglM - e il fatto che preferisca parlare per il momento di sovracapacità, invece di esuberi e di licenziamenti, non ci tranquillizza affatto, perché è evidente che, qualora non dovessero arrivare nuove produzioni, anche diverse dal settore automotive, il destino della fabbrica è segnato».